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Data: 29/04/2021 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate
Accesso abusivo sistema informatico o telematico[Torna su]
Il reato di accesso abusivo a un sistema informatico scatta anche quando in passato era stata conferita delega in tal senso, in quanto i successivi dissapori intercorsi tra le due sorelle devono far presumere la revoca dell'autorizzazione concessa dalla persona offesa all'imputata. Questo il cuore della sentenza n. 15899/2021 (sotto allegata) con cui la Cassazione ha respinto il ricorso dell'imputata. Ora però vediamo meglio cosa è successo. La Corte d'Appello conferma la sentenza di primo grado con cui l'imputata è stata condannata a 15 giorni di reclusione per il reato di cui all'art. 615-ter c.p (accesso abusivo a un sistema informatico o telematico). La donna è stata ritenuta responsabile in particolare di aver modificato e utilizzato la password di accesso al cassetto fiscale della sorella, aperto presso l'Agenzia delle Entrate, per gestire il patrimonio familiare anche dopo la cessazione della delega ad agire per conto di costei e i dissapori insorti tra loro (per registrare le locazioni degli immobili di famiglia). La delega passata e la comunicazione delle password escludono il reato[Torna su]
L'imputata nel ricorrere in Cassazione deduce manifesta illogicità e carenza della motivazione nella parte in cui il giudice dell'impugnazione ha omesso di attribuire il giusto valore a un elemento di prova in grado di escludere il reato. Il fax del 31.7.2006 infatti disponeva l'invio delle password necessarie ad accedere al sistema informatico fiscale della sorella per dare la possibilità all'imputata di operare per entrambe sul patrimonio comune. Per l'imputata "Il consenso ad utilizzarle, così come l'assenso alla delega gestionale sull'intero patrimonio di loro proprietà, non erano mai stati revocati. Le password, peraltro, non erano di uso esclusivo della persona offesa ma di entrambe le sorelle." La revoca si presume dalla crisi del rapporto tra sorelle[Torna su]
La Cassazione però respinge il ricorso dichiarandolo inammissibile. Gli Ermellini rilevano come l'imputata invece di criticare il percorso logico giuridico e argomentativo della sentenza si sia limitata a incentrare la propria difesa sulla "pregressa autorizzazione ad operare ricevuta dalla persona offesa, che, anni prima, con un fax inviatole il 31.7.2006, le aveva comunicato le password necessarie ad accedere al sistema informatico fiscale di sua pertinenza, consentendole in tal modo di operare per conto di entrambe sull'importante patrimonio familiare, a prescindere dalla formale intestazione dei cespiti immobiliari." In questo modo però l'imputata dimostra di non essersi confrontata con quanto riportato nel provvedimento impugnato, ossia che le password sicuramente le sono state "revocate". Nel 2010 infatti la sorella ha cambiato le password, dopo alcuni dissapori con l'imputata causati dalla gestione di un conto corrente comune, da cui la ricorrente ha rilevato prelievi anomali da parte della persona offesa. Episodi che hanno dato vita ad azioni giudiziarie reciproche. Per la Corte d'Appello il cambio delle password è segnale inequivocabile di revoca dell'autorizzazione alla sorella di operare anche per suo conto. La persona offesa ha infatti confermato di aver subito l'ingerenza della sorella quando si è resa conto che il 3 agosto 2011 erano state cambiate le password di accesso al suo cassetto fiscale e, il giorno dopo era stato stipulato a suo nome e a sua insaputa, un contratto di locazione a cui ne era seguito un altro, su immobili di sua proprietà. Circostanze sufficienti a far dubitare i giudici di merito della buona fede dell'imputata e dell'assenza di dolo, che la stessa ha giustificato ritenendo di avere ancora la delega della sorella. L'assoluzione dell'imputata in altre cause intraprese dalla sorella nei suoi confronti non rilevano nella vicenda giudiziaria di specie perché scollegate dalla stessa e aventi a oggetto condotte di appropriazione indebita. Per quanto riguarda poi la contestazione specifica del reato di cui all'art 615 ter c.p la Cassazione precisa che nel caso di specie tale reato è stato integrato in quanto "vi è stato un accesso abusivo al sistema informatico dell'Agenzia delle Entrate ed ai luoghi, virtuali, di esclusiva riferibilità del contribuente - soggetto privato titolare e protetti da password, costituiti dai cd. Cassetto fiscale …che rientra nell'alveo della nozione di domicilio informatico, alla cui inviolabilità è diretta la tutela penale del precetto previsto dall'art. 615-ter cod. pen." Non regge quidni la difesa che si fonda sulla concessione passata delle password da parte della persona offesa perché "l'imputata ben sapeva di aver interrotto con costei i rapporti di affectio familiare in seguito ad intense dispute personali e di gestione del patrimonio comune." Gli Ermellini affermano quindi il seguente principio di diritto: "configura il reato previsto dall'art. 615-ter cod. pen. la condotta di chi si introduca nel "cassetto fiscale" altrui, contenuto nel sistema informatico dell'Agenzia delle Entrate, utilizzando password modificate e contro la volontà del titolare." |
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