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Data: 15/05/2021 06:00:00 - Autore: Giovanni Moscagiuro
Gli atti internazionali sulla tortura[Torna su] I reati di tortura e di istigazione alla tortura sono stati introdotti nel nostro ordinamento penale dalla legge n. 110/2017, ma già prima numerosi atti internazionali affermavano che nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti: tra gli altri, la Convenzione di Ginevra del 1949, relativa al trattamento dei prigionieri di guerra; la Convenzione europea dei diritti dell'uomo del 1950 (ratificata dalla L. 848/1955), la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici del 1966 (ratificato dalla L. 881/1977), la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 2000, la Convenzione ONU del 1984 contro la tortura ed altri trattamenti e pene crudeli, inumani e degradanti (la cd. CAT), ratificata dall'Italia con la legge n. 489/1988; lo Statuto di Roma, istitutivo della Corte penale internazionale del 1998 (L. 232/1999). La maggior parte di tali atti si limita a proibire la tortura ma non ne fornisce una specifica definizione. La tortura nella Convenzione ONU[Torna su] In particolare, la Convenzione ONU del 1984 contro la tortura, ratificata dall'Italia con la legge n. 498/1988, prevede l'obbligo per gli Stati di legiferare affinché qualsiasi atto di tortura sia espressamente e immediatamente contemplato come reato nel diritto penale interno (articolo 4). Per tortura ai sensi dell' articolo 1, comma 1, della Convenzione si intende "qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali, al fine segnatamente di ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che essa o una terza persona ha commesso, o è sospettata aver commesso, di intimorirla o di far pressione su di lei o di intimorire o di far pressione su una terza persona, o per qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o sotto sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze risultanti unicamente da sanzioni legittime, inerenti a tali sanzioni o da esse cagionate". Nella CAT, quindi, la specificità del reato di tortura è individuata e saldamente agganciata alla partecipazione agli atti di violenza, nei confronti di quanti sono sottoposti a restrizioni di libertà, di chi è titolare di una funzione pubblica. La tortura è ivi individuata come reato proprio del pubblico ufficiale che trova la sua specifica manifestazione nell'abuso di potere, quindi nell'esercizio arbitrario ed illegale di una forza legittima. Elemento soggettivo-psicologicoPer quanto riguarda poi l'elemento soggettivo-psicologico del reato, sono richiesti al pubblico ufficiale due requisiti:
In base alla Convenzione, questi ultimi elementi (di natura oggettiva) non debbono, tuttavia, essere di lievi entità: le condotte di violenza o di minaccia per connotare il reato devono cioè aver prodotto sofferenze "forti" a livello fisico e psichico. Applicazione di sanzioni legittimeL'ultima parte della definizione di tortura contenuta nella CAT si prefigge l'obbiettivo di escludere dalle azioni proibite quegli atti che derivano dall'applicazione di sanzioni legittime, quindi previste dalla legge. In questo modo, gli autori della Convenzione hanno voluto proteggere gli Stati dall'essere condannati a livello internazionale per il normale funzionamento del loro ordinamento giudiziario e carcerario. Il comma 2 dell'art. 1 lascia impregiudicato ogni strumento internazionale e ogni legge nazionale che contiene o può contenere disposizioni di portata più ampia. L'art. 3 della Convenzione ha previsto, per ogni Stato parte, il divieto di espulsione, respingimento ed estradizione di una persona verso un altro Stato nel quale vi siano seri motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta alla tortura. Per determinare l'esistenza di tali condizioni, le autorità competenti terranno conto di tutte le considerazioni pertinenti, ivi compresa, se del caso, l'esistenza nello Stato interessato, di un insieme di violazioni sistematiche dei diritti dell'uomo, gravi, flagranti o massicce. Il reato di tortura in Italia[Torna su]
Dopo un articolato iter parlamentare (cfr. Senato AS. 10 e abb. ; Camera, AC. 2168), l'articolo 1 della legge n. 110 del 2017 ha introdotto nel codice penale - titolo XII (Delitti contro la persona), sez. III (Delitti contro la libertà morale) - i reati di tortura (art. 613-bis) e di istigazione alla tortura (art. 613-ter), connotando l'illecito in modo solo parzialmente coincidente con la Convenzione ONU del 198 che, in particolare, definisce la tortura come reato proprio del pubblico ufficiale. L'articolo 613-bis c.p. punisce con la reclusione da 4 a 10 anni chiunque, con violenze o minacce gravi ovvero agendo con crudeltà cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza ovvero che si trovi in situazione di minorata difesa, se il fatto è commesso con più condotte ovvero comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. Rispetto all'art. 1 della Convenzione ONU del 1984, che prevede una condotta a forma libera da parte dell'autore del reato, l'art. 613-bis prevede esplicitamente che la tortura si realizza mediante violenze o minacce gravi o crudeltà (ovvero con trattamento inumano e degradante). La necessità della pluralità delle condotte (violenze o minacce) non sembra, quindi, consentire di contestare il reato di tortura in presenza di un solo atto di violenza o minaccia. Peraltro, dalla formulazione del testo si realizza il reato di tortura anche qualora si sia determinato un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona. In tale ultima ipotesi, per la contestazione del reato, si dovrebbe prescindere dalla pluralità delle condotte. Fattispecie aggravateSono poi previste dall'art. 613-bis fattispecie aggravate del reato di tortura:
Istigazione a commettere torturaLa legge 110 introduce, poi, nel codice penale l'art. 613-ter con cui si punisce l'istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura. In particolare, è prevista la reclusione da sei mesi a tre anni per pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l'istigazione non è accolta ovvero se l'istigazione è accolta ma il delitto non è commesso. Disposizioni processualiViene introdotta dalla legge una disposizione procedurale che - novellando il codice di procedura penale - stabilisce l'inutilizzabilità, nel processo penale, delle dichiarazioni eventualmente ottenute per effetto di tortura. La norma fa eccezione a tale principio solo nel caso in cui tali dichiarazioni vengano utilizzate contro l'autore del fatto e solo al fine di provarne la responsabilità penale. Vai alla guida Reato di tortura La modifica del testo unico immigrazione[Torna su]
La riforma coordina con l'introduzione del resto di tortura l'art. 19 del testo unico immigrazione (d.lgs. 286/1998): sono così vietate le espulsioni, i respingimenti e le estradizioni ogni volta che sussistano fondati motivi di ritenere che, nei Paesi nei confronti dei quali queste misure amministrative dovrebbero produrre i loro effetti, la persona rischi di essere sottoposta a tortura. La disposizione - sostanzialmente aderente al contenuto dell'art. 3 della Convenzione ONU - precisa che tale valutazione tiene conto se nel Paese in questione vi siano violazioni "sistematiche e gravi" dei diritti umani. Il limite alle immunità diplomatiche e l'estradizione[Torna su]
L'articolo 4 della legge n. 110 del 2017 esclude il riconoscimento di ogni "forma di immunità" per gli stranieri che siano indagati o siano stati condannati per il delitto di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale (comma 1). L'immunità diplomatica riguarda in via principale i Capi di Stato o di governo stranieri quando si trovino in Italia nonché il personale diplomatico-consolare eventualmente da accreditare presso l'Italia da parte di uno Stato estero. Prof. Dott. Giovanni Moscagiuro Esperto in Diritto Penale , Amministrativo , Tributario , Civile Pubblica Amministrazione , Cybercrime , Social Cyber Security, Stalking e Cyberstalking, Social Crime, Donne vittime di violenza, Criminologia Forense, dell'Intelligence e dell'Investigazione, Docente di Diritto e delle Scienze Forensi |
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