|
Data: 27/05/2021 11:00:00 - Autore: Cleto Iafrate
L'onore e il peso della divisa[Torna su]
Il suicidio dei militari è un fenomeno complesso e, purtroppo, troppo diffuso, tanto da aver dato origina a un apposito osservatorio, aggiornato costantemente da circa quattro anni. Qualche tempo fa se ne è parlato in un apposito workshop organizzato dal COISP Molise dal titolo "L'Onore e il Peso della divisa", reperibile online (L'Onore e il Peso della Divisa). Il fenomeno merita una particolare attenzione: ecco di cosa si è parlato. L'osservatorio sui suicidi dei militari[Torna su]
L'osservatorio sui suicidi dei militari è stato istituito circa quattro anni fa dallo scrivente quando faceva parte della Rappresentanza militare, una specie di sindacato giallo. La Rappresentanza, pur potendo occuparsi di benessere del personale, non può parlare di "ordinamento, addestramento, rapporto gerarchico-funzionale, operazioni, settore logistico–operativo e impiego del personale". Ma il malessere dei militari in certi casi si annidava proprio lì. Per fortuna, di quanto fosse inutile quello strumento tre anni fa se ne è resa conto anche la Corte Costituzionale che, su sollecitazione della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, ne ha sancito l'inadeguatezza con la nota sentenza nr. 120 del 2018. Nel corso della sua attività di Rappresentante dei militari ha approfondito diverse tematiche e analizzate anche le varie Relazioni sullo stato della disciplina militare che nel corso degli anni precedenti il Ministro della Difesa aveva trasmesso al Parlamento[1]. Lo prevedono i regolamenti militari[2]. Fu allora che emersero i numeri allarmanti dei suicidi militari[3]: basti pensare che, solamente nell'anno 2010, all'interno dell'Arma dei Carabinieri, che ha un organico di circa cento mila militari, ben 22 di essi avevano deciso di togliersi la vita[4]. Il dato equivaleva ad una percentuale ben quattro volte superiore alla media nazionale, che era di circa 5 ogni cento mila cittadini. Da qui, alcune riflessioni: per accedere nei corpi militari bisogna superare dei test psicoattitudinali assai severi e selettivi, che non sono proprio alla portata di tutti. I problemi che spingono alcuni militari a compiere l'estremo gesto, quindi, probabilmente insorgono in un momento successivo all'arruolamento. Ancora più sconvolgente era il fatto che tutti questi morti fossero degli "invisibili" di cui nessuno parlava. Nessuno voleva occuparsi di loro. Non se ne parlava sulla stampa, l'argomento era un tabù. Una circostanza inaccettabile. Così nacque il Gruppo Facebook denominato "Osservatorio Suicidi in Divisa". Suicidi dei militari: fattori patologici e fisiologici[Torna su]
Una certa corrente di pensiero sostiene che le motivazioni alla base dei suicidi siano tutte riconducibili a fattori che possiamo definire, usando un termine improprio ma significativo, fisiologici; cioè sarebbero riconducibili allo stress connesso al lavoro svolto (nel corso del quale si è spesso a contatto con la sofferenza e la morte) e, soprattutto, a problemi di natura personale e familiare (una separazione, una malattia incurabile, un lutto improvviso). Poi, la disponibilità di un'arma da fuoco trasforma il disagio in tragedia. Tuttavia, l'incidenza di questi fattori, che è certamente preponderante sul fenomeno dei suicidi militari, da sola non basta a spiegare tutti gli eventi suicidari. Anche gli infermieri e, in generale, tutto il personale ospedaliero sono a contatto quotidianamente con la sofferenza e la morte; anche loro hanno la disponibilità di farmaci attraverso i quali potrebbero darsela. Eppure nelle corsie degli ospedali il fenomeno suicidario non è così diffuso. Si tratta di fattori meno noti e ancora tutti da studiare che vanno a sommarsi ai precedenti, amplificandone gli effetti. Impropriamente, possono essere definiti "fattori patologici" perché sono riconducibili ad alcune gravi e anacronistiche storture ancora presenti nel mondo militare e delle forze di polizia ad ordinamento militare. Essi sono solo un aspetto di un problema di assai più vaste dimensioni. Questi fattori sono una specie di danno collaterale provocato da una malintesa[5] e mal declinata specificità militare. Specificità che è funzionale al raggiungimento di un determinato obiettivo che nulla ha a che fare con l'efficienza e la massima operatività dello strumento militare. La specificità militare[Torna su]
Tali "storture", dunque, non possono essere analizzate disgiuntamente dal concetto di specificità militare. Per spiegare a chi è al di fuori del mondo militare cos'è la specificità militare, può essere utile partire dal pensiero del prof. Giuseppe Maggiore, giurista e scrittore vissuto agli inizi del secolo scorso. Il prof. Maggiore nei suoi scritti[6] propose nel 1939 di introdurre anche la "volontà del Duce" nel nostro principio di legalità, ad imitazione di quello hitleriano. Il principio di legalità non è altro che il perimetro del potere: cioè, la legge. Un potere che non sia delimitato dalla legge è incompatibile in uno Stato di diritto ed è potenzialmente esposto all'arbitrio. Questa singolare tesi del prof. Maggiore, che metteva in discussione il principio di separazione dei poteri, il principio di legalità e quello di certezza della pena, rende bene l'idea di ciò che ancora oggi rappresenta la specificità militare. Cioè, in ognuno di questi momenti la volontà del capo è legge, in assenza di regole chiare e, soprattutto, uguali per tutti. Analizziamoli singolarmente.Il trasferimento di sedeIl trasferimento di sede è qualificato come un ordine militare e, pertanto, a differenza del trasferimento di un qualsiasi altro dipendente pubblico, non necessita di una specifica e ben argomentata motivazione. È sufficiente che la motivazione sia appena cennata, sfumata, del tipo: per esigenze di servizio, oppure per incompatibilità ambientale[7]. Che sarà mai questa incompatibilità ambientale! Una siffatta disciplina dei trasferimenti equivale, di fatto, a militarizzare tutti i componenti di un nucleo familiare; perché un trasferimento non richiesto e, pertanto, non gradito, spesso stravolge la vita di un intero nucleo familiare. Un tale sacrificio può essere utile in guerra; in quel contesto l'ordine di trasferimento non necessita di spiegazioni, perché prevale il bene supremo della nazione, ma in tempo di pace mi sembra una norma anacronistica, oltre che illogica. Rispetto a questo tema, andrebbe fatta una riflessione. Se in Italia il trasferimento di un bidello o di un professore è un atto amministrativo, come può quello di un ufficiale di polizia giudiziaria essere un ordine militare? Non siamo mica al fronte! Se il trasferimento di un bidello è presidiato da un "muro" che si chiama legge 241/90 sulla trasparenza amministrativa, perché quello di un ufficiale di polizia giudiziaria è presidiato da uno "steccato"? Dunque, i trasferimenti militari immotivati potrebbero costituire uno strumento di pressione per gli stessi militari e di malessere per le loro famiglie. E a nulla vale la tesi di chi potrebbe replicare dicendo: "Ma qual è il problema? Si può fare sempre ricorso contro il provvedimento ritenuto ingiusto". Non è proprio così. Il militare che ricorre contro un provvedimento di trasferimento deve accollarsi, in prima battuta, le spese del ricorso e, in prospettiva, il rischio di pagare l'avvocato, ove il ricorso venga rigettato. Detto a chiare lettere, un ricorso potrebbe costargli diverse migliaia di euro, perché le amministrazioni militari appellano sempre le sentenze dei TAR a loro sfavorevoli. Tanto anche in caso di sconfitta nessuno paga. E non è detto che alla fine il ricorrente la spunti. Anzi….[8]. Questo discorso sul problema dei costi della giustizia amministrativa vale per ciascuno dei successivi momenti della vita professionale del militare che analizzeremo. Le note annuali caratteristichePassiamo al secondo momento: le note annuali caratteristiche. Sono dei giudizi che annualmente i superiori devono redigere nei confronti dei militari dipendenti. Ebbene, la specificità militare conferisce al compilatore una discrezionalità smisurata. Per avere un'idea di quanto sia sconfinata, si consideri che è accaduto la "cultura generale" di un militare laureato in Economia e Commercio è stata valutata dal compilatore delle note caratteristiche due gradini al di sotto di quella (valutata "vasta e profonda") dei suoi colleghi con la terza media. Preciso che i giudizi annuali sono una sorta di "sentenza che incide direttamente sugli sviluppi della carriera".[9] Infatti, quel militare negli anni successivi non ha potuto partecipare ai vari concorsi interni per l'avanzamento, poiché uno dei requisiti richiesti dai bandi è quello di essere valutato almeno "superiore alla media" nel triennio precedente la data del bando stesso. In altre parole, quel militare, dopo essere stato dichiarato dottore in Economia e Commercio da una istituzione dell'ordinamento statuale, è stato di fatto "retrocesso" alle scuole medie da una istituzione dell'ordinamento militare. Tornando all'esempio precedente, è come se i Presidi avessero il potere di retrocedere i professori a bidelli, oltre che quello di trasferirli entrambi per non meglio specificati motivi di servizio. Di norma, solo in tempo di guerra si conferisce agli apparati militari una sorta di "supremazia speciale", cioè dei poteri speciali che derogano a quelli statuali; ma in tempo di pace e di democrazia tali poteri dovrebbero rientrare negli argini costituzionali, perché potrebbero aprire la porta a comportamenti discriminatori nei confronti dei sottoposti. In questi casi gli strumenti di valutazione del personale potrebbero trasformarsi i strumenti di pressione e in certi casi di mortificazione del personale stesso. Le sanzioni disciplinari: le sanzioni di Corpo...Terzo momento: le sanzioni disciplinari. Esse si distinguono in sanzioni di Corpo e sanzioni di Stato. Tra le sanzioni di Corpo troviamo la sanzione della consegna, che può essere semplice o di rigore. Per determinate categorie di militari, cioè tutti quelli che fruiscono della libera uscita, la sanzione della consegna ha la stessa afflittività[10] degli arresti domiciliari; infatti impone l'obbligo di non uscire dalla caserma per un determinato tempo. Attenzione. Secondo l'ordinamento statuale nessun cittadino può finire agli arresti domiciliari in assenza di una legge che lo preveda. Infatti, il principio di legalità impone che la sanzione degli arresti sia presidiata da una serie di tutele e cautele a garanzia dei diritti del condannato, proprio perché comprime la sua libertà di movimento. Dunque, per un cittadino non militare devono esserci almeno due presupposti: la terzietà e imparzialità del giudice che assume la decisione e la violazione di una norma penale preesistente, scritta in maniera chiare e nota al cittadino che la infrange. In ambito militare, invece, questi presupposti mancano entrambi. La sanzione della consegna, infatti, viene inflitta dal comandante che non è terzo e, di conseguenza, non può essere nemmeno imparziale, perché non c'è imparzialità in assenza di terzietà. Inoltre, le violazioni che danno luogo ai rilievi non sono affatto tipizzate. Infatti, la norma si limita a stabilire che la consegna punisce le violazioni dei doveri militari e le più gravi trasgressioni alle norme della disciplina e del servizio[11]. Non c'è dubbio che la scelta di una tale locuzione linguistica –violazione dei doveri- si presta, a causa della sua indeterminatezza, alle più disparate elusioni dei fondamentali diritti del militare; il quale non è posto affatto nella condizione di conoscere preventivamente i comportamenti punibili con la sanzione della consegna. Per avere un'idea circa la genericità della norma, si consideri che tra i doveri del militare vi è anche quello di "curare il suo aspetto esteriore", di "compiere ogni operazione con le prescritte modalità, assegnare un posto per ogni oggetto, tenere ogni cosa nel luogo stabilito". Chi stabilisce quali sono queste modalità e questi posti? Dunque c'è costantemente una specie di spada di Damocle che pende sulla testa del militare. Le motivazioni delle punizioni sono ben custodite negli archivi delle caserme, ogni tanto però qualcuna sfugge e finisce sugli organi d'informazione. Di seguito vedremo tre motivazioni "tematiche", attinte da fonti aperte, che hanno dato luogo ad altrettante sanzioni disciplinari, in cui la discrezionalità amministrativa è stata addirittura fantasiosa:
Chiaramente questi sono casi limite, tuttavia rendono bene l'idea di quanto sia sconfinata la discrezionalità dell'amministrazione militare, il cui occhio non si limita solo a controllare se il posto branda è in ordine[15] ma in alcuni casi si insinua addirittura sotto le lenzuola. In ambito militare non è solo l'azione disciplinare ad essere facoltativa, ma addirittura anche quella penale è a discrezione del comandante. Infatti, ai sensi dell'art. 260 del codice penale militare di pace (c.p.m.p.) il comandante di Corpo ha la facoltà discrezionale di limitare nell'ambito disciplinare la repressione di determinati reati espressamente indicati. Stando così le cose, si può affermare che lo strumento sanzionatorio militare è andato addirittura oltre la folle proposta del prof. Maggiore; in quanto, non solo la volontà del capo costituisce principio di legalità nella comminazione di sanzioni, ma il capo ha addirittura la facoltà di esprimere la sua volontà sanzionatoria quando, come e anche contro chi vuole. Quello sanzionatorio, dunque, è un potere immenso che, se posto nelle mani sbagliate, potrebbe essere alla base di atti discriminatori o vessatori nei confronti dei militari sottoposti. Si consideri che una sanzione, oltre ad avere un effetto devastante sulla carriera, costituisce presupposto per l'abbassamento delle note caratteristiche. E con un giudizio di "inferiore alla media" si rischia di perdere il posto di lavoro, se reiterato per due anni. Dunque, la sanzione non ha una valenza meramente interna, ma incide indirettamente sul diritto alla giusta retribuzione e, cosa ben più grave, sul diritto super-costituzionale alla conservazione del posto di lavoro. ...e le sanzioni di StatoIl posto di lavoro lo si può perdere, oltre che indirettamente con le sanzioni di Corpo, anche direttamente con le sanzioni di Stato. Queste sanzioni scattano nel momento in cui un militare viene accusato di aver commesso un determinato reato. Esse consentono all'amministrazione addirittura di licenziare un militare, all'esito di un procedimento di Stato, che può iniziare e concludersi già nel corso delle indagini, prima ancora che il militare sia rinviato ad un regolare processo. In questo modo le amministrazioni militari, in barba al carattere rieducativo che dovrebbe avere la pena, possono mettere sul lastrico un lavoratore (magari monoreddito con moglie e figli a carico) sulla base di un'accusa che poi potrebbe anche rivelarsi infondata nei tre gradi di giudizio. Non va trascurato il fatto che, in assenza del requisito della terzietà, quello emesso dalle commissioni di disciplina non sarà mai un giudizio imparziale[18]. Nei casi in cui il lavoratore ritiene di essere innocente e gli vengono a mancare le risorse economiche per poterlo dimostrare, il rischio di suicidio è concreto. Qualche tempo fa nell'Osservatorio Suicidi in Divisa è stata pubblicata la notizia del ritrovamento e del ricovero in ospedale di un militare di cui si erano perse le tracce qualche giorno prima. Subito dopo, un membro del gruppo -quasi sicuramente l'interessato- ha commentato quella notizia con queste parole: "Sono stato già condannato, solo perché indagato e non ancora processato. Visto che per tutti risulto colpevole, in un momento di sconforto avevo deciso di smettere di combattere. Devo ringraziare il personale della Polizia ferroviaria che ha capito ciò che mi apprestavo a fare ed è intervenuto con professionalità esemplare". Certo non può dirsi che non bisogna licenziare chi ha commesso dei reati, ma bisogna farlo quando se ne ha la certezza, fino a quel momento potrebbe essere sospeso dall'attività operativa ed essere impiegato in altri servizi. Metterlo sul lastrico proprio quando ha bisogno di pagare gli avvocati per dimostrare la sua presunta innocenza, significa portarlo alla canna del gas. Anche perché il gratuito patrocinio si ottiene in base all'ISEE. Ma l'ISEE si calcola sempre in riferimento alla dichiarazione dei redditi relativa all'anno precedente. Dunque la persona sospesa non avrà né lo stipendio e né il gratuito patrocinio per potersi difendere. Ma questo è un altro discorso. Facciamo un altro esempio di uso disinvolto dello strumento delle sanzioni di Stato. Da una interrogazione parlamentare[19], qualche settimana fa, si è appreso che un militare, Segretario Regionale di uno dei neonati sindacati militari, è stato sospeso dal servizio per aver rilasciato (nell'esercizio del suo mandato sindacale) dichiarazioni a tutela della salute del personale militare esposto ai rischi del Coronavirus. Dunque, questo strumento non può essere usato con disinvoltura perché crea dei danni all'intero nucleo familiare, si pensi a chi ha delle spese fisse da sostenere (per esempio, un mutuo da pagare). Tante e tali deroghe alle regole alla base di uno stato di diritto sarebbero, al limite, giustificate all'indomani della dichiarazione dello stato di guerra, in quanto funzionali alla situazione emergenziale, ma in tempo di pace la non obbligatorietà dell'azione disciplinare e penale -limitatamente a determinati reati- potrebbe essere alla base di azioni discriminatorie che potenzialmente possono rappresentare un motivo di stress aggiuntivo che va a sommarsi a quello derivante dal particolare lavoro svolto e dai problemi familiari. Le benemerenze di servizioLe benemerenze di servizio: per esempio, elogi ed encomi. Esse sono delle ricompense che il superiore concede a quei militari che si distinguono per lodevole comportamento o per aver compiuto in servizio atti speciali/eccezionali. Qualcuno le ha definite come delle "vitamine" per la carriera. Gli encomi, infatti, sono molto utili nelle procedure di avanzamento e in occasione dei concorsi interni. Si consideri che in alcuni concorsi ad un militare in possesso del diploma di scuola secondaria di secondo grado basta poco più di un encomio per azzerare il punteggio derivante da una laurea. Inoltre, ad un agente di polizia tributaria con la licenza media bastano poco più di cinque encomi solenni per azzerare i dieci anni di studio necessari per conseguire prima il diploma e poi la laurea[20]. Verrebbe da dire, altro che vitamine, queste sono delle vere e proprie "sostanze dopanti" la carriera! È legittimo, a questo punto, chiedersi quali siano questi atti così eccezionali da meritare una laurea ad honorem spendibile nei concorsi interni per l'avanzamento. È legittimo chiederselo, perché se le loro motivazioni avessero un'utilità per la collettività, per esempio la scoperta di un vaccino contro il Covid, allora sarebbe tutto (quasi) accettabile. Ebbene, intorno alle motivazioni alla base delle benemerenze di servizio c'è tanto mistero; esse sono ben custodite tra le mura delle caserme. Ogni tanto però qualcuna trapela all'esterno per finire sugli organi d'informazione. Di seguito tre motivazioni, pubblicate su fonti aperte, che hanno dato luogo ad altrettanti encomi:
Dunque anche in occasione della concessione delle benemerenze di servizio, la discrezionalità dell'autorità militare è enorme; e sa essere anche fantasiosa. Infatti questi atti "dopanti la carriera" e descritti come eccezionali, una volta spogliati da tutti gli orpelli lessicali, diventano atti assolutamente ordinari: il primo ha rimosso un drappo, il secondo ha camminato e l'altro è andato in macchina. Per tornare all'esempio precedente, è come se i Presidi, non solo avessero il potere di retrocedere i professori a bidelli, ma addirittura anche quello di laureare e mettere in cattedra i bidelli, a colpi di encomi. La sinergia dei quattro momentiDiscorso lungo, ma ne è valsa la pena, perché a questo punto possiamo tirare le somme. La sinergia di questi quattro momenti, nella prassi, non esclude l'insorgenza di situazioni di discriminazione, di sopraffazione o di mortificazione dei militari con possibili conseguenze nella sfera personale e professionale. Situazioni queste che da sole, certamente, non sono sufficienti a giustificare il fenomeno suicidario, ma nel complesso possono rappresentare un ulteriore fattore di stress che va a sommarsi a quello derivante dai fattori fisiologici, di cui si è parlato nel corso del precedente incontro. In alcuni casi, la sommatoria di tutti questi motivi di stress, sia quelli fisiologici che quelli patologici potrebbe condurre le vittime più fragili a compiere atti autolesionistici. Allo scopo di ancorare quanto sin qui esposto a dei dati concreti, si considerino le variazioni dei dati suicidari prima e dopo la militarizzazione del Corpo Forestale dello Stato. Nel periodo 2009-2014, quindi prima della militarizzazione del Corpo, tra i 7000 forestali si sono verificati 8 eventi suicidari[21]; ovverosia, una media di 1,33 suicidi all'anno. Questo dato equivale ad un tasso suicidario pari a 19 per cento mila. Tasso che è già di per sé superiore alla media nazionale. Come noto, a gennaio del 2017 è iniziata la militarizzazione del Corpo forestale dello Stato, che è terminata il 17 ottobre 2017, quando nel corso di una cerimonia tenutasi a Cittaducale (Rieti) la Forestale ha riconsegnato la sua bandiera che ora è custodita presso il Museo storico della Scuola Forestale. Ebbene, solamente nel corso dell'anno 2019 il tasso suicidario è passato da 19 a 43 per centomila. Infatti, in quell'anno tra i 7000 forestali si sono verificati almeno tre eventi suicidari; tanti sono stati quelli apparsi su fonti aperte e intercettati dall'Osservatorio suicidi in Divisa. Possiamo dedurne, dunque, che a seguito della militarizzazione il dato suicidario è almeno più che raddoppiato. Fattori di rischio: quali soluzioni[Torna su] Rispetto ai fattori di rischio, cosiddetti, fisiologici va fatta una riflessione: gli uomini che indossano una divisa non sono dei supereroi. Non sono "supermen". Sono persone normali che di fronte ad eventi fortemente traumatici hanno bisogno, come tutti gli altri uomini, dell'assistenza di uno psicologo.
In alcune caserme sono stati istituiti dei centri di ascolto a disposizione di coloro che ritengono di avere qualche disagio psicologico. Ma difficilmente i militari si fidano e si confidano, perché temono la sospensione dal servizio attivo e la conseguente decurtazione dello stipendio. A tal proposito, pare opportuno riportare il commento postato nell'Osservatorio da un esperto di psicologia investigativa: "Per regolamento uno Psicologo appartenente alle FFAA o amministrazione di PS ha l'obbligo di segnalare superiormente eventuali disagi psicologici degli appartenenti. E ne consegue una immediata e definitiva distruzione della carriera dei malcapitati (anche se hanno problematiche lievi che non interferirebbero con il corretto svolgimento del servizio). Dato che gli appartenenti non sono deficienti, non si confidano mai internamente alla propria amministrazione ma si rivolgono (giustamente) all'esterno.[22]" Dunque, possiamo dedurne che se i militari provano a curarsi all'interno delle amministrazioni di appartenenza, rischiano la sospensione dal servizio e la decurtazione di stipendio e indennità. Una soluzione potrebbe essere quella di sottoporre i cittadini in divisa a visite psicologiche periodiche presso strutture esterne alle caserme. Inoltre, in caso di bisogno, il supporto psicologico dovrebbe parimenti essere assicurato da professionisti che siano svincolati da qualsiasi rapporto di dipendenza con le amministrazioni militari. Per quanto riguarda, invece, eventuali soluzioni in relazione ai fattori di stress specifici del mondo militare, quelli patologici, andrebbe istituita una Commissione parlamentare d'inchiesta che abbia libero accesso a tutti i fascicoli personali e ai fogli matricolari delle vittime di suicidi e di tutti i militari che dopo l'arruolamento presentino disagi psicologici. Inoltre, andrebbe ripensato l'intero ordinamento militare. Andrebbe emanato un Regolamento di Disciplina Militare di Pace (RDMP) che riscriva in maniera chiara e trasparente tutte le regole alla base del reclutamento, dell'addestramento, dell'avanzamento, dei trasferimenti, del sistema premiale e sanzionatorio; informando ciascuno di questi momenti al principio di legalità formale e sostanziale. Per esempio, per quanto riguarda le sanzioni disciplinari andrebbero meglio tipizzate le infrazioni; in quanto, come detto, il precetto è troppo generico. Andrebbero resi più trasparenti i piani degli impieghi del personale ufficiale. Il trasferimento in tempo di pace dovrebbe essere un atto amministrativo e non un ordine militare come fossimo in guerra. Inoltre, andrebbero puntualmente tipizzate le procedure per la concessione delle benemerenze di servizio ed eliminato il sistema dei giudizi annuali caratteristici, in quanto fonte di malcontento, oltre che strumento attraverso il quale si potrebbero esercitare indebite pressioni sul personale ovvero condizionarne la carriera. Insomma, le carriere dovrebbero dipendere dai risultati di servizio e non dalle note caratteristiche. Andrebbe ristabilita la pregiudiziale penale sulle sanzioni disciplinari di Stato. Occorre, insomma, una riforma totale. Le caserme dovrebbero essere delle case di vetro. Ma, soprattutto, i militari dovrebbero avere un sindacato indipendente dalle amministrazioni militari. La presenza di un sindacato risolverebbe tantissimi problemi, perché il sindacato avrebbe la possibilità di "sindacare" tutte quelle situazioni poco chiare. I sindacati potrebbero fungere da camera di raffreddamento dei conflitti interni, disinnescandoli sul nascere. In questo modo la presenza dei sindacati potrebbero aiuterebbe a prevenire eventuali atti autolesionistici. L'"obbedienza geneticamente modificata"[Torna su]
Ipotizziamo che in Italia i Presidi abbiano il potere di trasferire bidelli e professori lontano dai loro affetti, di retrocedere i professori a bidelli e di laureare i bidelli e metterli in cattedra ad insegnare. In tali circostanze, se il Preside dovesse chiedere al bidello di eseguire un ordine che andrebbe disatteso (per esempio, manomettere il registro di classe, oppure cancellare una nota) quel bidello come si comporterebbe? Cioè, in un siffatto contesto, rischierebbe di disobbedire? Avrebbe la possibilità di dire signornò senza rischiare conseguenze nefaste per la sua sfera personale e professionale? Le norme che regolano i vari momenti della vita personale e professionale di ciascun militare (trasferimento, avanzamento, benemerenze, sanzioni disciplinari) sinergicamente combinate producono ciò che qualche tempo fa in Commissione Difesa[23] è stato definito come "O.G.M. che può nuocere alla salute della democrazia" (laddove per O.G.M. si intende Obbedienza Geneticamente Modificata). Ovverosia, la sinergia dei vari momenti appena analizzati produce una modificazione genetica dell'istituto dell'obbedienza militare che, da leale e consapevole, come dovrebbe essere, si trasforma in cieca e assoluta. Dunque, il vero obbiettivo è quello di anestetizzare ogni limite posto al dovere di obbedienza del militare, allo scopo di mantenere i militari permanentemente in una condizione di obbedienza cieca e assoluta alla catena gerarchica; cioè, un'obbedienza perfettamente adesiva. Il vero obiettivo, dunque, è quello di ridurre il militare "in docile esecutore di un'altrui volontà alla quale egli è costretto a piegarsi"[24]. La specificità militare, dunque, per le ragioni fin qui esposte, trasforma l'ordinamento militare in una specie di micro-Stato annidato in seno allo Stato democratico, ma posto al di fuori della sua logica. L'esempio del Golpe BorgheseDi esempi se ne potrebbero fare tanti in riferimento a fatti anche recenti. Infatti, ci sono stati vari processi, anche recentemente, nei quali la verità è venuta a galla solo grazie alla ostinazione dei familiari delle vittime. Facciamone uno solo. Su Youtube è presente il video di una trasmissione di Rai-Educational dal titolo "Il Golpe Borghese (Colpo di Stato 1970)"[25]. Negli ultimi dieci minuti della trasmissione (dal minuto 50:00) il giornalista Giovanni Minoli intervista il giudice Guido Salvini in relazione al processo per il Golpe Borghese che si concluse con l'assoluzione di tutti gli imputati, perché -si scrisse in atti- si era trattato di quattro sessantenni nostalgici. Queste le parole del magistrato: «Alla magistratura arrivarono solo i nomi di quelli che erano in pensione, che non contavano niente, mentre i nomi di alti ufficiali in carriera che rimasero in servizio con ruoli anche importanti nello Stato maggiore ERANO STATI CANCELLATI». (…) Dai nastri era scomparso anche il nome di chi doveva occuparsi del rapimento del Capo dello Stato (…) e vari altri nomi importanti. «Altro che quattro sessantenni nostalgici di cui parla la sentenza finale di assoluzione del golpe borghese», conclude il giornalista Giovanni Minoli. Ricapitolando, sembrerebbe che qualcuno avesse impartito l'ordine di manomettere i nastri prima di consegnarli alla magistratura, per eliminare dei nomi importanti, e quell'ordine era stato eseguito. Probabilmente, quella raccontata nell'intervista non è stata l'unica circostanza nella quale ai "bidelli" è stato chiesto di falsificare il registro delle presenze. Dunque il vero obiettivo della specificità militare ha a che fare, potenzialmente, con l'impunità dei potenti[26]. Ha a che fare con l'omertà e l'impunità dei potenti. Obbedienza militare e dialettica democratica[Torna su]
Bisognerebbe chiedersi, perché in Italia molte stragi sono rimaste impunite? Questo è un problema, dunque, che esiste sin dall'alba della nostra Repubblica. Non così in Germania, per esempio, perché i tedeschi impararono molto dal processo di Norimberga. Nel corso del processo, infatti, la difesa più ricorrente degli alti gerarchi tedeschi accusati di crimini abominevoli era costituita da due sole parole: "ordini superiori". I tedeschi, all'esito di quel processo, oltre ad epurare tutti i vertici delle forze armate e di polizia, modificarono anche le regole alla base dell'obbedienza militare[27]. Noi, invece, non abbiamo fatto né l'una e né l'altra cosa. La maggior parte dei i vertici militari continuarono a fare sfavillanti carriere, anche negli apparati di sicurezza. Inoltre, nel corso degli ultimi settant'anni non abbiamo mai affrontato seriamente il problema delle possibili interferenze dei regolamenti militari sull'obbedienza militare e quello dell'obbedienza militare sul libero articolarsi della dialettica democratica nel Paese. Queste questioni non ce le siamo mai poste. Queste possibili interferenze, però, non sono sfuggite a due giganti della nostra Repubblica, Aldo Moro e Vittorio Bachelet, i cui scritti sono ancora di grande attualità. Fu Aldo Moro in Assemblea Costituente a suggerire il verbo "informarsi" da utilizzare al terzo comma dell'art. 52 della Costituzione. La prima scrittura faceva riferimento al verbo "riflettere". Aldo Moro volle che fosse utilizzato il verbo informarsi (perché dava più l'idea dell'internità dell'ordinamento militare in quello statuale. Non può stare fuori e rifletterlo, ma deve stare all'interno); ma soprattutto Aldo Moro volle che fosse coniugato al presente progressivo (si informa), anziché al presente indicativo (è informato), ciò ad intendere che il processo di assorbimento dell'ordinamento militare da parte di quello statuale era una meta che doveva essere raggiunta con delle riforme. Riforme che -nonostante le sollecitazioni della Corte Costituzionale, da ultimo la sentenza 120/2018- tardano ad arrivare. Sulla stessa lunghezza d'onda Vittorio Bachelet, il quale qualche anno dopo scriveva che "alla base dell'ordinamento militare vi sarebbe un gruppo di norme [tra cui quelle che abbiamo appena esaminate] ispirate al principio dell'onore militare[28], il quale non sarebbe derivato dallo Stato o espresso in testi di legge ma ereditato dalla tradizione e dalla consuetudine"[29], perché l'ordinamento militare è precedente all'ordinamento statuale. Bachelet giunge alla conclusione che la specificità militare non è un principio di rango costituzionale ma, in quanto preesistente alla Costituzione, è stata per così dire accettata -oserei dire tollerata- dai Padri Costituenti. Essa, secondo Bachelet, è "il frutto di una prassi ripetuta e di una consuetudine organizzativa che non ha ricevuto l'appoggio di norme imperative dello Stato ed è pertanto da intendersi superata con l'avvento della Costituzione"[30]. Purtroppo, molte di quelle norme ispirate all'onore militare, come abbiamo visto, sono ancora in vigore. Perché la regola dell'onore militare occupa quegli spazi che i Padri Costituenti destinarono al principio di legalità. Dunque, il vero obiettivo è quello di anestetizzare ogni limite posto al dovere di obbedienza del militare per fini che hanno poco a che fare con il bene comune. Cleto Iafrate Dirigente SIBAS Finanzieri Leggi gli altri contributi dello stesso autore su StudioCataldi.it e su Ficiesse.it. |
|