Data: 26/05/2021 22:00:00 - Autore: Lucia Izzo

Separazione, non basta il ripristino della convivenza per interromperla

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Non è sufficiente il mero ripristino della convivenza tra gli ex coniugi a dimostrare la loro riconciliazione, con effetto interruttivo della separazione e al punto da bloccare la sentenza di divorzio. Per ottenere tale effetto è infatti necessaria la ricostruzione della comunione spirituale e materiale caratteristica della vita coniugale.

Lo ha precisato la Corte di Cassazione, prima sezione civile, nell'ordinanza n. 14037/2021 (qui sotto allegata) rigettando il ricorso di una donna contro il provvedimento che aveva confermato la sentenza di divorzio tra lei e l'ex marito. Per la Corte territoriale, infatti, non c'era stata alcuna ricostituzione dell'affectio maritalis, bensì solo una ripresa temporanea della convivenza dovuta a interessi pratici di entrambi gli ex coniugi.

Di diverso avviso la ricorrente che, in Cassazione, sostiene che il giudice a quo abbia omesso di considerare la circostanza che la convivenza era ripresa per quattro-cinque mesi con finalità degli ex coniugi di prestarsi assistenza reciproca, essendo lei gravemente diabetica e l'ex marito convalescente per aver subito un delicato intervento chirurgico al cuore.

Ricostituzione affectio coniugalis e interruzione separazione

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La donna censura la statuizione che aveva escluso la ricostituzione dell'affectio familiare come fatto interruttivo della separazione e condizione di improcedibilità dell'azione di divorzio, e deduce che non erano state ammesse le istanze istruttorie dirette a provare la frequentazione di amici comuni, cene e viaggi di piacere.

Ancora, ritiene che la mancanza di intesa sessuale e di affectio coniugalis era stata dedotta da circostanze non rilevanti in tal senso, come il fatto che l'ex dormiva sul divano, senza considerare la età e le condizioni di salute dei due (66 anni lei e 64 lui), mentre diversi elementi dimostravano che nel periodo di convivenza i due si erano presi cura l'uno dell'altra.

In realtà, secondo gli Ermellini, la signora si è limitata a censurare la ricostruzione fattuale operata dal giudice di merito. La violazione di legge denunciata dalla ricorrente, infatti, viene prospettata sulla base dell'assunto imprescindibile che sia provata la ripresa della convivenza come "affectio maritalis" ed è dunque mediata dalla valutazione delle risultanze processuali, presupponendo una diversa ricostruzione in fatto della fattispecie concreta

Riconciliazione: necessaria la ripresa dei rapporti materiali e spirituali

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La Suprema Corte ritiene di dare continuità all'orientamento secondo cui, per provare la riconciliazione tra coniugi separati e considerati gli effetti da essa derivanti, non è sufficiente che i medesimi abbiano ripristinato la convivenza a scopo sperimentale e provvisorio, essendo invece necessaria la ripresa dei rapporti materiali e spirituali, caratteristici della vita coniugale (cfr. Cass. n. 19497/2005, n. 20323/2019, n. 19535/2014)

Ebbene, nel caso in esame, attenendosi a tali principi, la Corte di merito ha ritenuto che le circostanze accertate (pagamento dell'assegno, marito che dorme sul divano, assenza di rapporti fisici, relazione extraconiugale intrattenuta dall'ex marito durante la ripresa della convivenza, durata solo 4-5 mesi) deponessero per la mancata ricostruzione della comunione spirituale e materiale.

Il giudice a quo ha esplicitato le ragioni del proprio convincimento con motivazione idonea e superiore al minimo costituzionale (cfr. Cass. SS.UU. n. 8053/2014), sicché i motivi vanno ritenuti infondati nella parte in cui denunciano il vizio motivazionale. Nel dettaglio, la Corte d'Appello non ha ammesso le prove testimoniali affermando che i fatti erano, in buona sostanza, pacifici.

Vizio di motivazione: il carattere della decisività

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Gli Ermellini rammentano, inoltre, che il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova testimoniale o di altra prova può essere denunciato per Cassazione solo nel caso in cui investa un punto decisivo della controversia, ovvero qualora la prova ammessa o non esaminata in concreto sia idonea a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento (Cass. n. 16214/2019).

Nel caso in esame, la ricorrente si è limitata a riproporre la propria ricostruzione dei fatti in relazione all'asserita riconciliazione, senza allegare la specifica decisività (nel senso precisato) delle circostanze che intendeva dimostrare rispetto alla valutazione probatoria effettuata dalla corte territoriale. Il ricorso viene dunque respinto.


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