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Data: 30/05/2021 22:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate
Assegno divorzile per la ex che non ha lavorato per tanto tempo[Torna su] Nell'ordinanza n. 14044/2021 (sotto allegata) la Cassazione, nel confermare il riconoscimento dell'assegno divorzile in favore della ex moglie evidenzia che, se da una parte è vero che la giovane età non è di ostacolo a trovare un impiego, lo sono l'inattività per oltre 10 anni e una bassa qualifica professionale come un diploma da estetista. Cerchiamo di capire insieme le ragioni di questo ragionamento. La vicenda processualeIl Tribunale dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da due coniugi e pone a carico del marito l'obbligo di corrispondere alla ex moglie un assegno mensile di 600 euro, da rivalutare a partire da marzo 2014. La donna ricorre in appello, che però respinge le sue richieste perché la stessa non ha provato il tenore di vita goduto durante il matrimonio, le ragioni della sua impossibilità di procurarsi i mezzi necessari per mantenere quel tenor, visto che sono venute meno le ragioni dell'esonero da un'attività lavorativa anche in ragione dell'età e del diploma di estetista di cui è in possesso. Il giudice dell'impugnazione respinge anche l'appello incidentale del marito, che fonda la sua richiesta di esonero dall'assegno per la moglie sull'inerzia di quest'ultima nel cercare un impiego. Per la Corte infatti sono evidenti le ragioni per le quali la donna risulta economicamente svantaggiata. La stessa non ha lavorato per anni, possiede solo un diploma ed è costretta ad alloggiare dalla madre. Corretta quindi la decisione del Tribunale. Omesso accertamento della capacità lavorativa della moglie[Torna su] L'uomo però ricorre in Cassazione contestando l'omissione da parte della Corte di Appello di ogni valutazione relativa all'inadeguatezza dei mezzi di sussistenza della ex moglie e all'addotta impossibilità di procurarseli, considerato che la donna non ha provato il tenore di vita matrimoniale e la sua impossibilità nel trovare un'occupazione. L'uomo evidenzia inoltre che la ex ha lavorato fino a ottobre 2012 con contratto a progetto, ma non si è iscritta nelle liste di collocamento e che la Corte ha errato nel quantificare l'assegno. Con il secondo motivo evidenzia invece l'omessa considerazione del fatto che lo stesso ha un lavoro da dipendente (condizione che ha determinato una contrazione della propria capacità reddituale), che la rinuncia al lavoro precedente è stata conseguenza del trasferimento a Parma e che non è stato disposto nessun accertamento in relazione alla capacità lavorativa della ex moglie. Con ricorso incidentale la donna evidenzia invece che il giudice dell'impugnazione non ha tenuto conto del giudicato del capo della sentenza di primo grado, che ha accertato la sua difficoltà a trovare un'occupazione. Più difficile trovare lavoro se si ha una bassa qualifica[Torna su] La Corte di Cassazione rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale, così motivando la propria decisione. Il primo motivo del ricorso principale per la Corte è infondato alla luce di quanto stabilito dalla Su n. 18287/2018, che ha riconosciuto la funzione perequativa, assistenziale e compensativa all'assegno di divorzio. Lo stesso infatti, rispetto al passato, non deve più garantire la conservazione dello stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio, ma deve riconoscere al coniuge più debole e in virtù del principio di solidarietà costituzionale, un contributo per la realizzazione concreta di un livello di reddito adeguato alla collaborazione data alla realizzazione della vita familiare. Gli Ermellini non possono non tenere conto del fatto che, come evidenziato nella sentenza di appello, la donna, durante il matrimonio, durato oltre 10 anni, non ha lavorato, nonostante la giovane età e un diploma da estetista, ma anche che l'inattività è durata anni e che la limitata qualificazione professionale costituiscono elementi che hanno ostacolato la stessa nella ricerca di un lavoro. Migliore invece la situazione reddituale e patrimoniale del marito, tanto che il giudice dell'impugnazione ha confermato la misura dell'assegno riconosciuto dal giudice di primo grado. Inammissibile invece il secondo motivo del ricorso perché finalizzato a una nuova valutazione dei fatti che, come noto, è preclusa in sede di legittimità. Infondato e inammissibile infine il motivo di ricorso incidentale della moglie, perché ripropone questioni già vagliate dalla Corte d'Appello e perché l'assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione e che tiene conto del tenore di vita, non ha nulla a che fare con la determinazione dell'assegno divorzile, che ha diversa natura assistenziale compensativa e perequativa e valorizza il contributo dato dal coniuge più debole alla vita familiare. Leggi anche L'assegno di divorzio
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