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Data: 15/06/2021 11:00:00 - Autore: Filippo PortogheseResponsabilità civile derivante da attività equestre[Torna su]
La comprovata inesperienza del cavaliere determina il criterio di imputazione della responsabilità. Questo quanto si ricava dalla sentenza n. 794/2020 del tribunale civile di Pistoia nella seguente vicenda. La vicendaUn minore subisce un grave infortunio a seguito della caduta da cavallo mentre frequenta una lezione di equitazione presso un centro ippico. Al momento della caduta non è presente il suo istruttore bensì una collega di questi alla quale era stata (solo) momentaneamente affidata la conduzione della lezione. Una volta ordinato agli allievi il comando di iniziare il trotto, il cavallo di uno di questi si rifiuta di partire. L'istruttrice agita il frustino vicino alla zampe del cavallo al fine di stimolarne la partenza con l'unico risultato di fare imbizzarrire l'animale che parte al galoppo lungo la pista. Durante questa improvvisa corsa al galoppo l'allievo, esaurita la forza fisica per rimanere aggrappato al cavallo, cade sotto la pancia dell'animale che con lo zoccolo gli passa sopra il viso, provocandogli gravissime lesioni. Responsabilità ex art. 2050 c.c.[Torna su] La domanda attorea viene accolta ai sensi dell'art. 2050 del codice civile e la relativa sentenza si allinea a quello che è un pacifico orientamento che si pone in linea di continuità con la pregressa giurisprudenza di legittimità (si vedano, tra le diverse, Cass. Civ. n. 6737/2019; Cass. Civ. n. 24211/2015). Nel caso di specie l'allievo è (era) un principiante; al tempo dell'incidente aveva dieci anni e stava partecipando ad una lezione di base. Nonostante i suoi cinque anni di attività equestre alle spalle, non poteva reputarsi un cavallerizzo esperto. Il centro ippico avrebbe dovuto quindi provare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare l'incidente secondo quanto prevede l'art. 2050 c.c. E' invece emerso che l'istruttrice presente al momento della caduta (in sostituzione dell'istruttore titolare allontanatosi per una emergenza in scuderia) non aveva né qualifica né titolo per impartire lezioni di equitazione. Ergo, si afferma in sentenza, l'avere lasciato in campo con gli allievi in luogo dell'istruttore chi non aveva titolo per esserci non può soddisfare alcuna idonea misura a livello organizzativo per impedire che l'evento si possa verificare. Precisa altresì il Tribunale che la prova liberatoria incombente sul centro ippico non è derivabile dalla sola lamentela circa la condotta imprudente o negligente dell'allievo (argomentazioni avanzate dal centro ippico e dalla compagnia di assicurazione). Doveva invece parte convenuta dimostrare di avere posto in essere tutti gli accorgimenti preventivi o le idonee cautele al fine di impedire l'accadimento, tenuto conto della pericolosità insita nell'attività in parola. Alcuna rilevanza può avere la ritenuta mansuetudine del cavallo (considerando la corporatura dell'allievo e la mole del cavallo) o la pretesa condotta disattenta dell'allievo incapace di mantenere il dovuto assetto tanto da cadere perdendo l'equilibrio e cadere. L'incidente è i avvenuto durante una lezione di equitazione in campo aperto ed è ben è possibile che il cavallo si possa imbizzarrire motivo per cui lo svolgimento di attività di insegnamento equestre è considerata - ove svolta come nel caso in esame a principianti- una attività pericolosa richiedendo una cautela e l'adozione di misure precauzionali da parte del gestore del maneggio che nel caso in esame sono difettate. Tra le righe della sentenza si può dunque leggere che nell'ambito della attività equestre e della responsabilità civile che ne segue non vi è una automatica attrazione all'interno dei confini dell'art. 2050 c.c.. Attrazione che si manifesta quando vi è comprovata inesperienza del praticante sicchè l'attenzione non è riposta sull'animale (il cavallo) quanto sul cavaliere. La prova liberatoria in questi casi e rispetto alla previsione dell'art. 2052 c.c. (limitata alla sussistenza del caso fortuito) si raggiunge sol dimostrando di aver adottato tutte le idonee cautele atte ad evitare il danno. Onere certamente meno gravoso rispetto all'ipotesi di cui all'art. 2052 c.c.. Sorvolando sugli aspetti di quantificazione del riconosciuto danno pari a euro 90.894,55, è interessante soffermarsi sulla domanda di manleva svolta dal centro ippico nei confronti della compagnia di assicurazione. Questione di primario interesse e immediatamente seguente quella della imputazione di responsabilità. Ebbene nelle caso in commento tale domanda di manleva viene respinta dovendosi reputare escluso dalla copertura assicurativa il caso in esame. Si legge in sentenza che un preciso articolo della polizza multirischi esclude che i cavalieri possano essere considerati terzi e dunque il danno in questione, essendo occorso ad un cavaliere (ossia Tizio) nel corso di una lezione, non rientra nella copertura assicurativa garantita dalla compagnia di assicurazione terza chiamata. E' più che intuibile il vulnus per il convenuto (e soccombente) centro ippico. Altrettanto ragionevole supporre coerente con la natura dell'attività svolta dal contraente e dall'assicurata come anche conforme a buon senso logico e giuridico che la polizza in questione fosse stata stipulata principalmente proprio per avere una copertura con riferimento ai danni subiti dai cavalieri a causa dei cavalli (cadute da cavalli, calci dei cavalli, ecc.). Ma tanto è. Avv. Filippo Portoghese |
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