Data: 06/06/2021 16:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Taglio capelli detenuto: si possono usare anche pettine e forbici?

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Va annullato il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza che, intromettendosi nel potere discrezionale dell'Amministrazione penitenziaria ha accolto il ricorso del detenuto al 41 bis che per il proprio taglio di capelli chiedeva forbici e pettine. La decisione dell'Amministrazione penitenziaria di vietare l'uso al servizio di barberia del carcere di strumenti da taglio risponde a esigenze di sicurezza e ordine interni, in cui il giudice non può intromettersi, tanto più che nessun diritto soggettivo dei detenuti è in discussione. Questo in sintesi il contenuto della sentenza n. 21349/2021 (sotto allegata) della Cassazione.

La vicenda processuale

Il Tribunale di sorveglianza accoglie il reclamo di un detenuto in regime penitenziario differenziato e dispone che il servizio di barberia dell'istituto debba garantire l'esecuzione del taglio dei capelli richiesto dal detenuto con l'utilizzo non solo del dispositivo elettrico, ma anche di forbici e pettine.

Per il Tribunale, la Circolare DAP del 2/10/ 017, art. 10.1 non vieta l'uso di detti strumenti, "peraltro autorizzato nella omologa sezione di altro istituto penitenziario del distretto giudiziario."

Negare l'uso di pettine e forbici per un taglio di capelli lede un diritto?

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L'amministrazione penitenziaria però ricorre in Cassazione sollevando due motivi di ricorso.

  • Con il primo denuncia carenza di giurisdizione in materia stante la discrezionalità dell'Amministrazione Penitenziaria in materia, necessitata dalle esigenze di sicurezza interna dell'istituto.
  • Con il secondo invece denuncia la violazione dell'art. 69, comma 6, lett. b), Ord. pen., perché il Tribunale di sorveglianza ha adottato il provvedimento in difetto delle condizioni previste dalla norma. Nel caso di specie infatti non si configura un'inosservanza di norme di legge o di regolamento, così come non sussiste un pregiudizio, grave e attuale, all'esercizio di un diritto da parte del detenuto.

Spetta all'amministrazione penitenziaria vietare strumenti da taglio

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La Corte di Cassazione, condividendo le ragioni del ricorso dell'Amministrazione penitenziaria, lo accoglie perché fondato.

Il primo motivo è infatti fondato in quanto il ricorso giurisdizionale alla magistratura di sorveglianza è previsto se si verifica la lesione di "diritti soggettivi" del detenuto. Diritti che in ogni caso possono essere ben compressi dall'Amministrazione giudiziaria, se adottati nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità e se finalizzati a garantire l'ordine e la sicurezza interna dell'Istituto. "La sola negazione del diritto in quanto tale integra lesione suscettibile di reclamo giurisdizionale, mentre le modalità di esplicazione del diritto restano affidate alle scelte discrezionali dell'Amministrazione penitenziaria."

Fatta questa premessa la Cassazione ricorda che "l'art. 8 del regolamento approvato con d.P.R. n. 230 del 2000 garantisce al recluso il diritto all'igiene personale, quale parte integrante del diritto costituzionale alla dignità umana, che deve essere sempre rispettata in costanza di detenzione, e in tale ambito appresta e disciplina il servizio di barberia, comprendente il taglio dei capelli."

La circolare vigente, per quanto riguarda i detenuti al 41 bis "assicura la gratuità del servizio, affidato ad apposito detenuto lavorante, e ne precisa, nel dettaglio, i tempi e i modi, dettando apposite prescrizioni inerenti la verifica, preventiva e successiva, degli strumenti in uso."

La limitazione o esclusione degli strumenti da taglio da parte dell'Amministrazione penitenziaria pertanto rientra nella sua discrezionalità. Il divieto di utilizzo di tali strumenti eventualmente disposto è quindi finalizzato a comprensibili finalità di sicurezza che, ove applicate, non possono considerarsi lesive del "diritto del detenuto al decoro e all'igiene personale, comunque assicurato, venendo ad incidere solo sulle concrete modalità di esercizio del diritto stesso. "

Il provvedimento impugnato va quindi annullato senza rinvio perché si è ingerito nell'ambito delle valutazioni discrezionali riconosciute all'amministrazione penitenziaria.


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