Data: 16/07/2021 22:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Revocato l'assegno di divorzio dopo l'incremento patrimoniale

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Non ha più importanza ai fini del riconoscimento dell'assegno di divorzio la condizione economica e quindi il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Questo in sintesi quanto ribadito dalla Cassazione nell'ordinanza n. 18777/2021(sotto allegata).

La vicenda processuale

La Corte di appello revoca l'assegno di divorzio disposto dal giudice di primo grado in favore della moglie in quanto la situazione economica di quest'ultima, rispetto a quella valutata nel 2009 e che aveva condotto al riconoscimento in favore di quest'ultima di un assegno divorzile di 1500 euro, è migliorata. La donna ha ricevuto in donazione dalle figlie la nuda proprietà di due appartamenti e di un garage e ha ricevuto in eredità beni e liquidi da uno zio per svariate centinaia di migliaia di euro.

Il lascito ereditario in pratica è pari all'ammontare dell'assegno divorzile riconosciuto per un periodo superiore ai 20 anni e, tenuto conto dell'età degli ex coniugi, entrambi settantenni, il profilo temporale è senza dubbio rilevante.

I fatti allegati dalla donna e dai quali, secondo la stessa, emergerebbe un miglioramento della condizione economica dell'ex marito invece, si traducono in realtà in mere modifiche della composizione del patrimonio, non della sua entità, perché relativi a immobili acquistati per la seconda moglie.

Non rileva il "tenore di vita" goduto in costanza di matrimonio?

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La ex moglie ricorre però in Cassazione sollevando i seguenti motivi:

  • con il primo denuncia la violazione dell'art. 9 della legge sul divorzio e l'omesso esame di un fatto decisivo ossia il non aver considerato, ai fini della valutazione della notevole sperequazione economica esistente tra gli ex coniugi che, in relazione agli immobili ricevuti in donazione e di cui l'ex rivendica la proprietà, le figlie hanno conservato l'usufrutto;
  • con il secondo le stesse censure vengono spostate ad alcuni atti di disposizione fatti dal marito alla moglie attuale e ad alcune cessioni immobiliari che la ricorrente ha disposto in favore delle figlie per aiutarle economicamente;
  • con il terzo contesta la valutazione dell'importo ricevuto dalla stessa a titolo di eredità perché occorre tenere conto della sua capacità reddituale complessiva, dell'età e dell'aspettativa di vita;
  • con il quarto ripete le censure già sollevate con il primo motivo finalizzare a rivedere integralmente il giudizio comparativo delle condizioni patrimoniali degli ex coniugi risalenti a eventi anteriori al 2009;
  • con il quinto deduce la violazione dei principi più recenti elaborati dalla giurisprudenza di legittimità per quanto riguarda l'incidenza degli incrementi ereditari sulla condizione economica patrimoniale valutabile per attribuire l'assegno di divorzio;
  • con il sesto rileva che il giudice ha solo valutato l'incremento economico, senza considerare la capacità dello stesso a mutare la situazione preesistente;
  • con il settimo infine contesta la mancata valutazione dell'addebito della separazione al marito.

In base al nuovo orientamento vale il criterio perequativo-compensativo

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La Cassazione rigetta il ricorso della donna, dichiarando inammissibili le prime due censure perché finalizzate a ottenere una valutazione alternativa delle prove prodotte in giudizio.

Inammissibile anche il terzo motivo perché non censura la ratio della decisione, ma una delle argomentazioni che la sostengono.

Manifestamente infondato il quarto motivo del ricorso perché si riferisce a vecchi orientamenti giurisprudenziali che davano importanza, ai fini della determinazione dell'assegno di divorzio, al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. In base all'orientamento più recente lo squilibrio economico tra le parti costituisce "una precondizione necessaria per l'accertamento del diritto, potendo trovare applicazione il criterio perequativo – compensativo, e quando rileva, da solo o unitamente agli altri, quello assistenziale soltanto se tale squilibrio persista nel tempo."

Inammissibile anche la sesta censura perché astratta e generica così come il settimo perché si solleva una questione del tutto nuova.


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