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Data: 02/08/2021 15:00:00 - Autore: Floriana Baldino
La Cassazione sulla concessione abusiva del credito[Torna su]
Diversi sono i Tribunali ormai che, in maniera quasi unanime, si sono espressi sulla nullità delle fideiussioni omnibus che le banche fanno sottoscrivere ai fideiussori seguendo lo schema ABI, frutto di un’intesa restrittiva della concorrenza dall’Antitrust (cfr. ex multis, Cass. sent. n. 13846/2019, n. 29810/2017, n. 6523/2021). Di recente, la Cassazione con una interessante sentenza (n. 18610/2021 sotto allegata), ha esaminato invece la concessione abusiva del credito ed il diritto al risarcimento del danno che deriva dall’illecito comportamento degli istituti di credito che erogano il finanziamento. La S.C. ha trattato e analizzato il caso, invero molto frequente, di un credito concesso dall’Istituto finanziario ad una società in palese situazione di difficoltà economica, quindi ha esaminato, in maniera scrupolosa, le conseguenze derivanti da una concessione abusiva del credito e le relative responsabilità in capo all'Istituto di credito, oltre che in capo agli amministratori stessi della società. La concessione “abusiva” del credito integra infatti, secondo al Suprema Corte, un illecito in capo all’Istituto che ha erogato il prestito, risarcibile ex art. 2043 c.c., e di conseguenza le fideiussioni collegate al prestito sotteso sono nulle ed inefficaci. Una irresponsabile concessione di finanziamenti ad una società in grave ed evidente default, non tutela né il mercato economico e finanziario, né tanto meno i creditori della società fallente in conseguenza del depauperamento del patrimonio della società stessa. Quindi il danno è duplice. Al mercato economico e finanziario in primis, che non viene certamente tutelato da una concessione del credito riconosciuto ad una società fallente, ma altro danno economico si consuma anche, e soprattutto, nei confronti dei creditori della società i quali, probabilmente, senza l'irresponsabile concessione del credito, avrebbero potuto trovare una maggior soddisfazione del proprio credito preservando, e non depauperando, il patrimonio della società. I principi della Cassazione[Torna su] Il curatore, di una società fallita, agiva contro alcuni Istituti di credito al fine di chiedere, ed ottenere, il risarcimento del danno cagionato alla società, di conseguenza ai creditori della stessa società che il curatore intendeva tutelare, per una concessione abusiva del credito dal parte di due banche. Il curatore invero chiedeva formalmente che il patrimonio della società, depauperato dai due Istituti di credito a causa anche degli eccessivi oneri finanziari collegati alla concessione del credito, venisse reintegrato. Tuttavia, sia il primo grado che l’appello, vedevano soccombere il curatore, il quale decideva infine di ricorrere in Cassazione per la tutela, repetita iuvant, dei creditori della società fallita. Chiaro che gli Istituti di credito eccepivano il difetto di legittimazione attiva in capo al curatore relativamente all’azione di risarcimento del danno sofferto dalla società, ma la Cassazione si esprimeva sul punto chiarendo che “la Corte territoriale ha errato nell'interpretare l’azione proposta” che era di reintegrazione del patrimonio depauperato e non certamente di risarcimento del danno, confermando, di conseguenza, la legittimità dell’agire del curatore. La giurisprudenza sul punto[Torna su]
Prima di vedere tuttavia quello che la Corte di Cassazione ha precisato sulla responsabilità della concessione abusiva del credito, sarebbe opportuno esaminare anche alcune interessanti decisioni che sul punto si sono formate negli anni, con particolare riguardo ai fideiussori coinvolti, loro malgrado, in una concessione abusiva del credito da parte degli Istituti di credito. Ex mutlis segnaliamo una recente decisione dell’ABF di Bari n. 4744/2021, in cui viene precisato che: “La questione sottoposta al Collegio verte, dunque, sulla liberazione del fideiussore, ex art. 1956 c.c., ai sensi del quale “il fideiussore per un'obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito”. La disposizione sopra richiamata costituisce un’applicazione del principio di buona fede nell’esecuzione del contratto (cfr. Cass., n. 394/06; Cass., n. 4112/16), imponendo al creditore un obbligo di salvaguardia della sfera giuridica del fideiussore per obbligazioni future, onde consentire a quest’ultimo di sottrarsi, negando l’autorizzazione, all’adempimento di un’obbligazione divenuta, senza sua colpa, più gravosa (cfr. ABF Coll. Milano, decisione n. 3018/12).” La decisione della Cassazione[Torna su]
Nella sentenza n. 18610/2021, in merito invece alla responsabilità degli istituti di credito nella concessione del credito ad una società in default, si legge: “interesse della curatela a far valere la responsabilità delle convenute, oltre a quella, cui gli amministratori sono già stati chiamati, avendo le banche, con il loro colpevole comportamento, contribuito in modo determinante ad arrecare ingiusto pregiudizio alla consistenza del patrimonio della suddetta società”. La funzione del curatore è quella di conservare il patrimonio del debitore, quale garanzia del diritto della massa dei creditori, attraverso l'esercizio delle c.d. azioni di massa, diretta ad ottenere, nell'interesse dei creditori, alla ricostituzione del patrimonio del fallito, quindi, in conseguenza: “La concessione di finanziamenti abusivi reca un danno al patrimonio dell'imprenditore, in quanto la erogazione di un nuova finanza, o la conservazione delle linee di credito preesistenti, ne permette la permanenza in attività e l'ulteriore aggravamento del dissesto, donde il normale subentro del curatore nel diritto a far valere il diritto alla reintegrazione del patrimonio dell'imprenditore a norma dell'art. 40 l.f, con responsabilità delle banche ex art. 2043 c.c. verso il fallimento”. La Cassazione specifica inoltre, con particolare riferimento al dovere dell'operatore bancario, che : “da tempo è stata individuata una condotta, del pari illecita, di chi tale credito conceda, qualificata come concessione abusiva del credito: con essa, specularmente, si designa l'agire del finanziatore che conceda, o continui a concedere, incautamente il credito in favore all' imprenditore che versi in stato di insolvenza o comunque di crisi conclamata. Il soggetto finanziatore è invero tenuto all'obbligo di rispettare i principi della di c.d. sana e corretta gestione, verificando, in particolare, il merito creditizio del cliente in forza di informazioni adeguate. il principio della sana e corretta gestione è ripetuto, quale criterio essenziali per tali imprenditori, in numerose norme del T.U.B.; come essenziale finalità della vigilanza in capo alle autorità creditizie art. 5 T.U.B.; requisito per l'autorizzazione dell'esercizio dell'attività bancaria art. 14 T.U.B.; di intermediario finanziario art. 107 T.U.B.; istituto di moneta elettronica art. 114- quinques; o istituto di pagamento art. 114-nonies; presupposto per l'autorizzazione dell'acquisizione di partecipazioni in una banca artt. 19 e 25 T.U.B.: a modificazioni stato statutarie art 56 T.U.B.; alla fusione e scissione 57 T.U.B.; compito degli esponenti aziendali art 26 T.U.B.; e ragione della loro rimozione dalla carica come la permanenza della stessa sia di pregiudizio per la sana e prudente gestione artt. 53 bis, 67 ter, 108, 114 quinques 2, 114 quaterdecies. A rafforzamento di tali concetti gli artt. 53;67; 108; e 114 quinques 2, 114 quaterdecies del T.U.B., prevedono la vigilanza regolamentare della banca d'Italia mediante disposizioni sul contenimento del rischio nelle sue diverse configurazione. Si noti infine come la Banca d'Italia abbia anche accesso al registro delle procedure di espropriazione forzata immobiliari, delle procedure dissolvenze degli strumenti di gestione della crisi, al fine di utilizzare i dati nello svolgimento della funzione di vigilanza, tutela della sana e più recente gestione degli intermediari tanti e della stabilità complessiva. In sostanza, dal sistema normativo nel suo complesso emerge la rilevanza primaria per l'ordinamento dell'obbligo di valutare con prudenza, da parte dell'istituto bancario, la concessione del credito dei soggetti finanziati virgola in particolare ove in difficoltà economica... L’ erogazione del credito è qualificabile come “abusiva”, in quanto effettuata a chi si palesi come non in grado di adempiere le proprie obbligazioni ed in stato di crisi,… può integrare anche l'illecito del finanziatore per il danno cagionato al patrimonio del soggetto finanziato, per essere venuto meno ce lo vedi primari di una potente gestione aziendale, previste a tutela del mercato e nei terzi in genere, ma idonea a proteggere anche ciascun soggetto impropriamente finanziato ed a comportare la responsabilità dai finanziatore, patrimonio di quello sia derivato un danno ai sensi dell'art. 1173 c.c… Dato che l'attività di concessione del credito da parte degli istituti bancari non costituisce mero affare privato tra le stesse parti del contratto di finanziamento, ordinamento ha predisposto una serie di principi, controlli e regole, nei di intento di gestire rischi specifici del settore, a te se le possibili conseguenze negative dell'inadempimento non solo nella sfera della banca contraente, ma ben oltre di questa potendo virgola peraltro virgola queste coinvolgere in primis il soggetto finanziato virgola nonché virgola in una visione macroeconomica virgola un numero indefinito di soggetti che siano entrati in affari col finanziato stesso. ” Sui presupposto della responsabilità del finanziatore, la Cassazione precisa infine che : “la concessione o reiterata concessione del credito… è una condotta della banca, dolosa o colposa, diretta a mantenere artificiosamente in vita un imprenditore in istato di dissesto, in tal modo cagionando al patrimonio del medesimo un danno, pari all' aggravamento del dissesto, in forza degli stessi interessi passivi del finanziamento non compensati dagli utili da questi propiziati, nonché dalle perdite generate dalle nuove operazioni così favorite.” La Corte ha fatto anche delle precisazioni riguardo il favor normativo per i finanziamenti concessi alle imprese e destinati al risanamento delle stesse, evidenziando che rappresenta una condotta illecita della banca il recesso o la risoluzione del contratto contro i debitori che abbiano fatto accesso a strumenti di ristrutturazione preventiva del debito, quindi per quelle imprese che abbiano avviato concordati preventivi, e/o accordi di ristrutturazione del debito. La S.C. fa un chiaro riferimento a tal proposito, all’art. 12, c. 3, del d.lgs. 14/2019, il quale stabilisce che in ambito di procedura di allerta: “l'attivazione della procedura di allerta da parte dei soggetti di cui agli articoli 14 e 15, nonché la presentazione da parte del debitore dell'istanza di composizione assistita dalla crisi di cui all'articolo 16, c. 1, non costituiscono causa di risoluzione dei contratti pendenti, anche se stipulati con pubbliche amministrazioni, né di revoca degli affidamenti bancari concessi. Sono nulli i patti contrari”. La Suprema Corte precisa infine che: “la legge fallimentare ha previsto l'esenzione dei reati di bancarotta di cui agli artt. 216 e 217 l.f., in caso di pagamenti ed operazioni compiuti in esecuzione di un concordato preventivo… potendo dunque fruire dell'esenzione della condotta della banca concorrente… non si può sottacere che la legislazione dell'emergenza sanitaria del 2020 ha imposto ulteriori compiti divieti alle banche, proprio nel senso del sostegno alle imprese. In sostanza, numerosi sono i momenti in cui l'ordinamento positivo mostra di tutelare favorire il finanziamento alle imprese in crisi, articolando le previsioni in relazione allo strumento di risoluzione della crisi prescelta ed alla funzione svolta dal finanziamento: la cosiddetta finanza- ponte, strumentale a pervenire con successo ad uno degli istituti di risanamento previsti dalla legge”. |
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