Data: 01/08/2021 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Assegnazione della casa familiare

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Nel procedere all'assegnazione della casa familiare occorre tenere conto dell'interesse primario dei figli, se però uno di loro, anche se maggiorenne, è più fragile e ha maggiormente risentito della situazione conflittuale tra i suoi genitori, allora la casa deve essere assegnata preferibilmente al genitore con cui non è in conflitto e con cui ha scelto di andare a convivere dopo la separazione.

Queste le conclusioni dell'ordinanza della Corte di Cassazione n. 19561/2021 (sotto allegata) su ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello che ha deciso di assegnare la casa familiare al padre e al figlio.

Diritto del figlio alla casa familiare autonomo rispetto a quello del padre

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La madre del ragazzo però ricorre in Cassazione sollevando nell'atto d'impugnazione 4 motivi.

Con il primo contesta l'omesso esame da parte della Corte di Appello della questione della “abilitazione” del padre a rappresentare le ragioni del figlio maggiorenne, che ha diritto ad abitare nella casa di famiglia anche se ciascuno dei genitori ha la facoltà di chiederne l'assegnazione in uso per goderne insieme alla prole.

Con il secondo contesta alla Corte l'omessa indicazione delle prove in base alle quali ha formato il proprio convincimento, con particolare riferimento a quelle in base alle quali ha ritenuto ancora irrisolte le problematiche del figlio con la madre, visto che al contrario, la figlia si oppone a vivere con il padre dopo la condanna dello stesso per reati a sfondo sessuale. Figlia, le cui necessità di continuare a vivere nella stessa città in cui è situata la casa familiare, non sono state prese nella dovuta considerazione, nella comparazione con le esigenze dell'altro figlio.

Con il terzo contesta al giudice dell'impugnazione di aver trascurato il fatto che la figlia, studentessa universitaria, appena possibile fa ritorno alla città di origine, ignorando la giurisprudenza sul punto.

Con il quarto infine contesta le valutazioni della Corte di appello in merito alle esigenze del figlio, che ha trattato come se fosse ancora minorenne, revocando così, senza alcun motivo, l'assegnazione della casa familiare alla madre per riconoscerla al padre, anche se il figlio ha un suo autonomo diritto di tornare ad abitare nella casa in cui è cresciuto, rispetto al padre.

Comparando gli interessi la casa spetta al figlio più fragile

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La Corte di Cassazione però rigetta il ricorso ritenendo il primo, il secondo e quarto motivo, che analizza congiuntamente, manifestamente infondati e in parte inammissibili, il terzo invece del tutto inammissibile.

Sulla questione dell'assegnazione della casa familiare al padre e al figlio la Cassazione precisa che è la convivenza “rilevante” ai sensi dell'art. 337 sexiex a motivare l'assegnazione della casa al genitore con cui vive il figlio e a fondare la legittimazione del padre a chiederne l'assegnazione.

Ricorda infatti la Cassazione che per giurisprudenza consolidata “l'assegnazione della casa familiare è finalizzata a perseguire l'esigenza di tutelare l'interesse dei figli a permanere nell'ambito domestico in cui sono cresciuti e dette esigenza, che comporta una sostanziale equiparazione, ai fini che qui interessano, tra figlio minore e figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente, è destinata perciò a permanere fino a quando ricorrono i presupposti giustificativi della speciale protezione.”

Non è vero che la Corte non ha motivato l'iter logico seguito nel decidere di assegnare la casa familiare al padre e al figlio. La Corte ha semplicemente preferito tutelare gli interessi del figlio maggiorenne rispetto alla figlia perché “psichicamente provato dai conflitti familiari” anche alla luce del rapporto conflittuale con la madre ancora irrisolto, in relazione al quale peraltro la donna non ha sollevato contestazioni. La Corte infine ha anche considerato il fatto che la ricorrente dispone di diversi immobili, per cui potrebbe locare un appartamento nella stessa città in cui si trova il figlio, per sé e la figlia, che invece ha problemi a rapportarsi con il padre.

Inammissibile, come anticipato, il terzo motivo del ricorso perché in pratica richiede valutazioni di merito non consentite e poi perché non si confronta con la motivazione della sentenza, con cui la Corte ha deciso di tutelare il figlio più fragile, alla luce della impossibilità della sorella di coabitare con il fratello, poiché ognuno di loro ha un conflitto con il genitore del sesso opposto.


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