Data: 02/08/2021 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Non basta commissariare, ma considerare l'inefficienza complessiva

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Per la Consulta, come esposto nella sentenza n. 168/2021 (sotto allegata) il Commissariamento della Regione Calabria è parzialmente incostituzionale perché lo Stato in dieci anni non può continuare a cambiare i vertici senza considerare le vere cause dell'inefficienza per risolvere le quali il Commissario è chiamato a porre rimedio a nome dello Stato. Incostituzionale che al bisogno di personale chiamato a collaborare con il Commissario non abbia pensato lo Stato, così come incostituzionale non prevedere al posto del piano di rientro del Commissario un nuovo piano di rientro della Regione. Vediamo le ragioni di questa decisione riportando alcuni degli stralci più significativi di questa sentenza di 27 pagine.

Le questioni sollevate dalla Regione Calabria

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La Regione Calabria impugna innanzi alla Corte Costituzionale diversi articoli del decreto-legge 10 novembre 2020, n. 150 contenente "Misure urgenti per il rilancio del servizio sanitario della

regione Calabria e per il rinnovo degli organi elettivi delle regioni a statuto ordinario" denunciando la violazione di diverse disposizioni della Carta Costituzionale e del principio di leale collaborazione Stato – Regioni e di altre disposizioni.

La Regione Calabria evidenzia e documenta nel ricorso "l'inefficacia della gestione commissariale della sanità, durante la quale si sarebbe verificato un progressivo peggioramento dei livelli di assistenza senza sostanziali riduzioni del disavanzo sanitario, con la conseguenza, affermata dalla Corte dei conti in sede di giudizio di parificazione del rendiconto della Regione Calabria per l'esercizio finanziario 2019, che "gli abitanti della Calabria stanno da dieci anni colmando una voragine finanziaria che cresce e si alimenta di anno in anno. A fronte di questi "sacrifici finanziari", i medesimi cittadini non godono però di servizi sanitari adeguati."

Censure sul personale e sul contributo di solidarietà

Le censure rivolte al d.l. n. 150 del 2020 riguardano in particolare:

  • l'art. 1, comma 2, secondo periodo, che obbliga la Regione a mettere a disposizione del commissario ad acta un - contingente minimo - di venticinque unità di personale";
  • l'art. 6, comma 2 che subordina l'erogazione del contributo di solidarietà, ovvero delle somme, finalizzate a supportare gli interventi di potenziamento del SSR, di sessanta milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023 – tra l'altro, alla presentazione e all'approvazione del programma operativo di prosecuzione del piano di rientro per il biennio 2022-2023. Norma da cui la Regione deduce "l'intenzione statale di protrarre sine die, e certamente addirittura oltre la stessa vigenza della norma, la dannosa espropriazione del settore sanitario regionale calabrese (viene citata al riguardo la sentenza n. 199/ 2018, in cui la Consulta ha rilevato l'anomalia di un commissariamento protratto oltre un decennio).

Incostituzionale la norma sul personale e quella sul piano di rientro

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Tralasciando l'analisi dettaglio di tutte le censure, analizziamo solo quelle che la Consulta ha ritenuto fondate e che hanno condotto alla dichiarazione d'incostituzionalità delle disposizioni del decreto legge n. 150/2020 sopra riportate.

Per la Corte Costituzionale infatti è costituzionalmente illegittimo l'art. 1, comma 2, del decreto-legge 10 novembre 2020, n. 150 "nella parte in cui non prevede che al prevalente fabbisogno della struttura commissariale provveda direttamente lo Stato e nella parte in cui, nell'imporre alla Regione di mettere a disposizione del commissario ad acta un contingente di venticinque unità di personale, stabilisce che tale entità costituisce un minimo anziché un massimo."

La norma in questo modo fa venire meno la funzione propria del potere sostitutivo a causa dell'inadeguatezza del personale regionale, che non riesce a fornire un adeguato supporto all'azione del commissario. Essa inoltre presenta un difetto ulteriore di proporzionalità nel punto in cui obbliga la Regione a mettere a disposizione del commissario un contingente minimo di personale di almeno venticinque unità, quando invece occorre altro personale statale o comunque diverso da quello regionale, anche per avviare processi di riqualificazione e di valorizzazione di quello della Regione.

Costituzionalmente illegittimo anche "l'art. 6, comma 2, del d.l. n. 150 del 2020, come convertito, nella parte in cui non prevede, in alternativa alla presentazione e approvazione del programma operativo di prosecuzione del piano di rientro per il periodo 2022-2023, l'approvazione del nuovo piano di rientro presentato dalla Regione ai sensi dell'art. 2, comma 88, secondo periodo, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante - Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)-".

Per la Consulta infatti "il nuovo piano proposto dalla Regione – che peraltro rappresenta una via d'uscita di cui dovrebbe farsi promotrice la stessa azione commissariale – assolve (…) la medesima funzione del programma operativo predisposto dal commissario ad acta e pertanto, qualora riconosciuto idoneo dal Consiglio dei ministri, garantirebbe in egual modo, ma in una forma più rispettosa dell'autonomia regionale, la destinazione del contributo finanziario alle stesse finalità avute di mira dal legislatore statale attraverso la previsione di un contributo di solidarietà."


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