Data: 11/08/2021 06:00:00 - Autore: Francesca Pasqua

Nozione di licenziamento

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Nell'era della c.d. "quarta rivoluzione industriale", nella quale l'avanzamento tecnologico ha indotto la società verso un utilizzo sempre più costante e generalizzato delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, è emersa la necessità di ripensare e adeguare gli ambiti in cui queste si sono insinuate. Uno degli ambiti interessati è proprio quello dell'organizzazione e della gestione del rapporto di lavoro, nel quale si sono sollevate delle questioni che hanno portato la giurisprudenza ad interrogarsi sull'idoneità di alcune modalità di licenziamento, come il licenziamento intimato tramite email, sms, whatsapp.

Cos'è il licenziamento

Il licenziamento è un atto unilaterale recettizio con il quale il datore di lavoro esprime la sua volontà di recedere dal rapporto di lavoro e che si perfeziona nel momento in cui la dichiarazione di volontà del recedente giunge a conoscenza del destinatario. Tradizionalmente il datore di lavoro comunica la sua volontà di cessare il rapporto di lavoro tramite una lettera di licenziamento, che viene consegnata al lavoratore a mano oppure gli viene recapitata tramite raccomandata A/R.

Requisiti formali e sostanziali del licenziamento

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Il licenziamento è assoggettato a requisiti sostanziali, rappresentati dalla sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo, e requisiti formali, che riguardano la forma scritta, il contenuto e la procedura di comunicazione del recesso. Il licenziamento intimato senza rispettare tali requisiti è illegittimo: la mancanza di un requisito sostanziale rende l'atto annullabile, mentre la mancanza di un requisito formale ne determina l'inefficacia. Il requisito formale è sancito dall'art. 2 della Legge 60466 secondo cui "il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicar per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro. La comunicazione deve contenere la specificazione dei motivi che lo hanno determinato".

L'emersione di profili problematici nella giurisprudenza

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Il progresso tecnologico ha portato la giurisprudenza a confrontarsi con questioni del tutto nuove che devono essere però risolte attraverso le norme vigenti, e ciò ha determinato l'emersione di una contrapposizione fra sostanzialisti e formalisti. Diverse pronunce giurisprudenziali sono infatti approdate a riconoscere l'efficacia del licenziamento intimato tramite strumenti tecnologici sul presupposto che questi, a determinate condizioni, soddisfino comunque il requisito della forma scritta.

Vi sono però degli elementi problematici che potrebbero diventare oggetto di contenzioso, come sostenuto da parte della dottrina e della giurisprudenza più formalista:

- Assenza di sottoscrizione nella comunicazione del licenziamento, a cui consegue la difficoltà nell'attribuire la paternità della comunicazione al datore. La forma scritta implica infatti anche la sottoscrizione dell'atto o, comunque, l'invio di una comunicazione che, sebbene non firmata, contenga indicazioni tali da eliminare qualsiasi incertezza circa la sua provenienza datoriale. La sottoscrizione si configura come uno degli elementi essenziali del recesso, posto che l'art 2702 c.c. la inserisce fra le caratteristiche che deve avere un atto scritto per produrre effetti giuridici. Alcuni giudici hanno escluso la validità di un licenziamento comunicato tramite messaggio di posta elettronica sprovvisto di alcun tipo di firma, poiché esso non è tale da fornire certezza circa la provenienza o l'identità del soggetto legittimato ad intimare il licenziamento;

- Dubbi sul poter considerare l'indirizzo di posta elettronica o il numero di telefono come "indirizzo del destinatario", in base all'articolo 1335 c.c. che pone una presunzione di conoscibilità dell'atto secondo cui la conoscenza delle dichiarazioni è presunta fin dal momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario. La lettera raccomandata, mezzo tradizionalmente utilizzato per recapitare l'atto di licenziamento, costituisce prova certa della spedizione attestata dall'ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione di arrivo dell'atto al destinatario e di conoscenza dello stesso, per cui spetta al destinatario l'onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di acquisire conoscenza dell'atto. Resta da stabilire se la presunzione di conoscenza posta dall'art. 1335 c.c. possa essere applicata in via analogica anche ai nuovi mezzi di comunicazione;

- Assenza dell'autorizzazione del lavoratore all'invio delle comunicazioni relative al rapporto di lavoro a mezzo di cellulare o email. Il ricevimento di un messaggio sms sul cellulare potrebbe infatti intaccare il rispetto della privacy del lavoratore, che magari usa quel dispositivo per le sue comunicazioni personali;

- Impossibilità di ottemperare in modo chiaro e preciso all'obbligo di motivazione. La stringatezza che caratterizza alcuni mezzi di comunicazione, come il messaggio sms o il messaggio whatsapp, potrebbe violare il requisito sostanziale della motivazione, la cui esplicazione deve essere contestuale all'atto di licenziamento secondo quanto previsto dalla Riforma Fornero. Delle motivazioni chiare e precise permettono al lavoratore di conoscere le ragioni sottese al recesso, sulle quali egli potrà basare il proprio diritto di difesa e di azione;

- Importanza della tangibilità dell'atto: la dottrina ha sempre esaltato l'onere di forma come lo strumento idoneo ad indurre il datore alla riflessione rispetto alla futura "tenuta" delle proprie determinazioni davanti al giudice, con riguardo ad atti che avventatamente estromettano il lavoratore dalla compagine lavorativa. La forma scritta del recesso può infatti rivelarsi utile al datore, che sarebbe auto-limitato rispetto a licenziamenti arbitrari, imposti sull'onda dell'impulsività, che non riuscirebbero a reggere nel processo. La forma scritta, richiesta ab substantiam, rappresenta infatti un elemento certo e costitutivo della volontà di recesso, che pertanto deve essere manifestata chiaramente, così da evitare dubbi circa l'intento di porre fine al rapporto di lavoro.

Tra opportunità e dovere di correttezza

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Il superamento di una burocrazia a volte troppo macchinosa in favore di qualcosa di più "immediato" e di facile utilizzo pare a chi scrive una grande opportunità che l'avanzamento tecnologico offre alle parti coinvolte. Vi è tuttavia la necessità di operare un bilanciamento fra il potere del datore di lavoro di licenziare (e di farlo mediante tali strumenti) e il generale dovere di correttezza e buona fede che è insisto nei rapporti di lavoro. Ciò che preoccupa è infatti che la comunicazione del licenziamento attraverso tali strumenti più immediati, e per certi versi anche più "sbrigativi" ed informali, possa portare alla spersonalizzazione del rapporto di lavoro. L'incontestabilità del peso e delle gravi ripercussioni che il licenziamento può avere nella vita di un lavoratore porta a riflessioni di ordine etico, che riguardano il lavoratore e il datore non solo come parti sociali impegnate in un rapporto di lavoro, ma come individui tra cui intercorre un rapporto sinallagmatico basato sui principi generali di correttezza e buona fede sanciti dagli artt. 1175 e 1135 c.c.

La comunicazione del licenziamento, senza che gli sia data dovuta importanza, rischia di ledere quel bene prezioso che è la dignità del lavoratore, tutelata a livello costituzionale dall'art. 41. Lascia perplessi pensare che un lavoratore, che magari per anni ha svolto la sua prestazione lavorativa ottemperando a quegli obblighi accessori di diligenza, obbedienza e fedeltà, possa vedersi un giorno recapitare un sms nel quale viene "liquidato" in modo sbrigativo e senza troppe spiegazioni. Questo a maggior ragione dopo che la Corte Costituzionale attribuisce al requisito formale richiesto per il recesso "una essenziale funzione di garanzia, informata al rispetto della personalità umana, indice del valore spettante al lavoro nella moderna società industriale".

Dott.ssa Francesca Pasqua

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