Data: 20/08/2021 06:00:00 - Autore: Marino Maglietta

Il "femminismo" attuale, tra bigenitorialit� e violenza domestica

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Il recentissimo comunicato dell'AIPG (sotto allegato) ritiene di dover "formulare alcune considerazioni, nell'ottica costruttiva di collaborazione e di miglioramento delle attivit� psicologico-giuridico-forensi in riferimento alla violenza familiare e di genere.". In realt�, tuttavia, la problematica � ben pi� ampia, come documenta il continuo succedersi di iniziative, esternazioni e proclami che mostra un mondo femminile in ebollizione, proteso alla ricerca di nuovi spazi e definizioni di diritti e doveri nell'ambito della vita sociale, a partire dallo stesso parere espresso dalla Commissione Affari costituzionali (nonch� da alcuni sub-emendamenti in discussione al Senato in Commissione Giustizia), che traccia un esplicito collegamento tra violenza domestica, bigenitorialit� e affidamento condiviso. Appare quindi estremamente utile, se non indispensabile, descrivere brevemente il contesto nel quale tematica � attualmente portata avanti e dibattuta.

Esiste un femminismo illuminato, quello di Francoise Dolto e Doris Lessing, dai toni pacati, che fonda i propri argomenti sulla logica e sulla scienza, e che associa le giuste rivendicazioni femminili alle vie pi� sensate per soddisfarle; un femminismo secondo il quale il pari impegno dei genitori nella cura dei figli � il modo pi� efficace affinch� la donna conquisti le dovute pari opportunit� e un pieno rispetto della sua persona.

Tuttavia, si osserva anche una adesione opportunistica alla protesta femminista contro i maltrattamenti, praticata soprattutto da uomini e soprattutto da quelli che hanno gi� una buona visibilit�, ad es. come frequentatori infaticabili di talk-show, attentissimi al "politicamente corretto"; ovvero alla sua forma, ma senza una reale della condivisione della sua sostanza. E' un'adesione che cerca di sfruttare l'attuale estrema popolarit� del tema, sulla quale donne e uomini costruiscono carriere � tanto accademiche quanto politiche o dirigenziali. Un'adesione ipocrita, la cui insincerit� � di facile verifica nel caso dei "femministi": basta osservare come si comportano quando potrebbero lasciare il passo a una donna rinunciando alle proprie opportunit� di poltrona. Ovvero, in generale, prendendo nota della rapidit� con la quale sono capaci di cambiare posizione.

Esiste, infine una partecipazione disperata, prevalentemente presente ai livelli sociali meno favoriti, proprio presso quei soggetti che hanno realmente vissuto le discriminazioni e che non hanno tempo per documentarsi; che agisce per sentito dire e si esprime sui social nelle forme pi� virulente e aggressive, rinunciando alla riflessione e alle verifiche; che accetta acriticamente il verbo dei soggetti guida e mena fendenti all'impazzata senza essere in grado di distinguere gli amici dai nemici. Per queste persone � giusto avere la massima comprensione: esattamente quella che non merita il secondo gruppo qui descritto.

AIPG e l'alienazione genitoriale

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E' in questo contesto, culturale e sociale, che si colloca il fermo comunicato dell'AIPG. Un'associazione, tuttavia, e va detto a suo merito, che gi� da tempo pi� volte ha affrontato, pronunciandosi, il tema della famiglia in crisi e dell'affidamento dei figli; nonch� quello delle manovre di cui sono oggetto. Pertanto, per comprendere bene come si collochi e come si giustifichi l'attuale presa di posizione conviene partire da pi� indietro, ad esempio dagli Atti del XVI Congresso dell'associazione, tenuto a Pisa nel 2014.

Nell'occasione, lo stesso Prof. Capri (presidente di AIPG ed estensore del recente comunicato) affermava: "Si pu� introdurre il concetto di Alienazione del Sistema Famiglia quando, in alcuni casi di separazione altamente conflittuali, il dissidio fra due genitori produce la compromissione del rapporto del bambino con uno dei due genitori, cio� il rifiuto della relazione con un genitore a favore della relazione esclusiva con l'altro genitore, naturalmente in assenza di violenza, maltrattamenti e abusi, non esclusivamente verso il minore." E aggiungeva: "Usare la definizione e la concettualizzazione di "sindrome di alienazione genitoriale", porta a disconoscere la complessit� di questa situazione che, pur essendo sicuramente una condizione patologica, fa piuttosto riferimento ad un processo disfunzionale delle relazioni familiari � La sottovalutazione o la negazione di tale disturbo relazionale porterebbe a non intervenire nei tempi e nei modi adeguati ". E Maria Cristina Verrocchio (Univ. Chieti, Consiglio direttivo AIPG) cos� si esprimeva: "L'alienazione � considerata una forma di maltrattamento psicologico in quanto alcuni comportamenti che la caratterizzano sono anche il fondamento di tale forma di violenza".

Emergeva, d'altra parte, che i tentativi di condizionare i figli che sfociano in manifestazioni pressoch� totali di rifiuto � o comunque che sono oggetto di osservazione nelle CTU - rappresentano solo il caso estremo di un fenomeno molto pi� diffuso, pressoch� abituale. A confermarlo � ancora una volta una indagine condotta in seno all'AIPG (Verrocchio e Marchetti): "470 adulti hanno completato una batteria di questionari, in forma anonima e confidenziale, volta a misurare la percezione dell'esposizione a comportamenti di alienazione genitoriale. � Risultati: circa l'80% del campione ha percepito di essere stato esposto a comportamenti di alienazione genitoriale; circa il 46% dei partecipanti ha riferito che un genitore ha cercato di metterlo contro l'altro. I risultati hanno evidenziato che individui esposti a comportamenti di alienazione genitoriale sperimentano con maggiore probabilit� un parenting disfunzionale (bassa cura e iperprotezione) e forme di maltrattamento psicologico. Inoltre, bassa cura, iperprotezione ed esposizione a comportamenti di alienazione genitoriale predicono significativamente il maltrattamento psicologico." (Relazione di Maria Cristina Verrocchio, Pisa, 2014).

E' dunque evidente anzitutto che quando si intende combattere la violenza domestica, quale che ne sia la forma, l'alienazione va tutt'altro che esclusa, mettendo il cosidetto "interesse del minore" in competizione con la bigenitorialit�. Nonch� che il termine "Alienazione genitoriale" � andato finora benissimo ad AIPG, mentre oggi non si sa pi� come definire il fenomeno: Disturbo? Patologia? Condizionamento? Tutti bocciati secondo il punto 4 del Comunicato, dove si legge: "Non � corretto usare il termine PAS nelle CTU perch� non riconosciuta a livello scientifico internazionale; pu� capitare, ed � quindi un errore, che il CTU tenda a scrivere di alienazione e condizionamento (magari non utilizzando pi� il termine PAS ma sostenendo pi� o meno un concetto simile) quando un figlio non vuole frequentare l'altro genitore".

Insomma, non va bene nemmeno cambiare termine perch� � proprio il concetto che sembra debba essere rifiutato� Ma cosa si vuole dire? Si torna alla questione posta inizialmente: l'affidamento deve nella sostanza essere monogenitoriale, tutto ci� che ostacola quel modello va spazzato via, non importa con quale pretesto. La bigenitorialit� � bench� intesa dalla normativa vigente come pari opportunit� per il figlio di avere accesso ai due genitori perch� pariteticamente impegnati nella sua educazione e cura, a prescindere da tutte le occasionali ed eventuali limitazioni � ovviamente non va bene, perch� ne � l'esatta negazione. Quindi, "maledetta bigenitorialit�, maledetta legge 54, una legge da abrogare"; ovvero da rappresentare sui social coperta da una svastica. Lo schieramento � questo. Sarebbe ingenuo non rendersene conto. D'altra parte il collegamento appare senza veli nella relazione depositata in Senato da AIPG nel 2019.

Il "credo" dell'AIPG in merito all'affidamento dei figli

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Infatti all'occasione di esprimersi del 2014 ne � seguita un'altra, ancora pi� prestigiosa, costituita dal Documento che AIPG fornisce nel 2019 alla Commissione Giustizia del Senato a commento del ddl 735, a firma ancora del Prof. Capri. Certamente buona parte degli appunti su aspetti particolari sono esatti (chi scrive ha riscontrato e segnalato 112 criticit� nella versione iniziale del ddl). Ma la lettura sia della ratio legis che delle sue prescrizioni � completamente stonata. Non � questa la sede per scendere nei dettagli, ma conviene darne almeno qualche esempio illuminante.

- Ancora una volta le "difficolt� nei vari spostamenti" per i figli vengono attribuite al modello a settimane alternate (tipico del paritetico) e non a quello spezzettato che prevale nei tribunali.

- Per un istituto che prevede per il figlio una relazione simmetrica con i genitori (per quanto lo si pu�, ovviamente) si chiede la determinazione sistematica e a priori "di uno spazio stabile di tipo prevalente".

- Si predica una "differenziazione per fasce di et�" nella frequentazione, non rendendosi conto che ci� vorrebbe dire sia separare dei fratelli che far tornare dal collocatario all'ora di cena un figlio solo, mentre l'altro resta. Condivisibile?

- Si contesta il doppio domicilio dei figli, ignorando le fondate ragioni che hanno spinto gi� un centinaio di comuni, piccoli e grandi, ad istituire il relativo registro.

- Si protesta contro la "introduzione" del mantenimento diretto, bench� gi� previsto dalla legge in vigore, anche se ignorato dalla giurisprudenza.

- Si attribuisce al medesimo l'effetto di contraddire "il principio di proporzionalit� posto alla base del diritto dei minori di essere mantenuti da entrambi i genitori" e di negare "il principio di bigenitorialit� ponendo i due genitori su piani diversi a seconda delle capacit� economiche con una evidente disparit� nei confronti del genitore economicamente pi� debole". Nulla di pi� inesatto. Gli oneri gravano su ciascuno in proporzione con le risorse e al figlio si assicura il tenore di vita che corrisponde alla somma delle risorse genitoriali complessivamente considerate, come avviene nella famiglia unita.

Chi non vuole dare la parola ai figli?

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Infine, giustamente, "Si ritiene necessario l'ascolto del minore. �

Da un punto di vista clinico, nel caso in cui un figlio viene ridotto in uno stato di totale soggezione al potere di un genitore attraverso la riproduzione di pensieri, emozioni, e sentimenti non propri ma del genitore con il quale si identifica, sarebbe necessaria l'osservazione, l'ascolto e la valutazione del minore in quanto risulta fondamentale

ipotizzare una diagnosi ben pi� grave della cosiddetta Alienazione Parentale."

D'accordo. Curiosa per�, allora, l'adesione espressa al punto 5 alle posizioni della presidente della sezione civile del TO di Terni, alla quale si deve la modifica dell'art. 337-octies c.c., attraverso il D.lgs 154 del 2013 (fuori delega: Roberto Russo, "L'illegittimit� formale, l'illegittimit� sostanziale e l'inadeguatezza strutturale del decreto legislativo n. 154 del 2013", in giustiziacivile.com) che permette di negare l'ascolto del minore. E' vero che nelle dichiarazioni citate non si parla di ascolto: "l'affidamento e il diritto di visita dei figli, quando ci sono episodi di violenza, possono mettere a rischio la sicurezza della vittima e dei bambini". Ma gi� discriminare i genitori ragionando in termini di "diritto di visita", qualche perplessit� doveva suscitarla. Anche perch� cosa vuol dire "quando ci sono episodi di violenza"?. Se � solo denunciata, che si debbano applicare delle sanzioni � affermazione gravissima, per ovvi motivi; e se � "accertata" (come si dice oltre, in effetti) l'affidamento condiviso non pu� essere dato, gi� ora per legge; per cui se lo si d� � un errore giudiziario. Dunque?

La (s)fiducia nelle istituzioni

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Di particolare interesse il punto 6 del Documento: ""Viene a mancare alle volte la fiducia nelle istituzioni da parte di chi denuncia situazioni di violenza intrafamiliare, in quanto si fa fatica a definire in modo corretto le responsabilit� individuali, penalizzando i soggetti giuridici pi� deboli." Senza dubbio non si pu� che aderire alla prima parte dell'affermazione (il crollo della fiducia dei cittadini nella magistratura � documentato da ripetuti e coerenti rilievi statistici). Ma che questo avvenga solo presso chi denuncia violenze di e non trova ascolto genere (come qui si intende) � affermazione da approfondire.

Purtroppo il travisamento, e conseguente disapplicazione, dell'affidamento condiviso � anch'esso fortemente deludente presso gran parte della popolazione. E' anch'esso una forma di violenza, che anch'essa danneggia i soggetti pi� deboli: i figli. Indebolire, o sopprimere, la pari dignit� di genitori perfettamente idonei a favore di modelli monogenitoriali, ipocritamente indicati con il nome di "condivisi", significa porsi sul primo gradino della scala dell'alienazione.

L'alienazione genitoriale � la realizzazione perfetta dell'affidamento esclusivo. Non a caso viene messa in contrapposizione alla bigenitorialit�. Non a caso la corrente di pensiero negazionista � nella stessa misura ostile alla vera e piena realizzazione dell'affidamento condiviso. Svuotare sistematicamente l'affidamento condiviso delle sue caratteristiche essenziali, come il coinvolgimento paritetico dei genitori nella concreta cura dei figli (diritto indisponibile dei figli) - anche quando materialmente realizzabile - e propagandare un modello a genitore prevalente che relega l'altro in funzione di supporto essenzialmente economico, sottraendogli ogni partecipazione alle scelte e possibilit� decisionali (l'uso costante del termine "diritto di visita" lo documenta eloquentemente) significa aprire la strada a forme, pi� o meno gravi, di alienazione.


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