Data: 23/08/2021 05:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Immobile in comproprietà assegnato alla moglie e mantenimento

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L'assegnazione esclusiva della casa familiare in comproprietà alla moglie incide sulla misura dell'assegno di mantenimento da disporre in suo favore. L'occupazione dell'immobile impedisce all'altro coniuge titolare di poter mettere a frutto la sua quota. Queste in sintesi le precisazioni della Cassazione esposte nell'ordinanza n. 20858/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

Il Tribunale pronuncia la separazione tra due coniugi, assegna alla moglie l'uso della casa coniugale e pone a carico del marito l'obbligo di corrispondere alla moglie un assegno mensile di 500 euro e ai figli maggiorenni 750 euro, oltre all'obbligo di provvedere per intero alle spese straordinarie per gli stessi.

La moglie appella la sentenza perché dopo la separazione la stessa ha subito un peggioramento delle proprie condizioni economiche e del proprio tenore di vita. La stessa infatti si è vista ridurre lo stipendio di 1100 euro del 40% a causa di un accordo sindacale, ed è stata costretta a sostenere da sola le spese per le utenze e la manutenzione della casa.

Il marito, al contrario, di professione medico presso una ASL, con attività anche di tipo libero professionale, è risultato titolare di un reddito annuo di 90.000 euro, e proprietario di diversi beni immobili e mobili, mente la moglie è risultata solo comproprietaria dell'immobile assegnato, che quindi non può essere messo a frutto.

Vero che il marito si è accollato per intero le spese d'istruzione per i figli, ma tale onere è destinato a cessare presto, con la raggiunta autosufficienza economica dei figli. La Corte d'appello è quindi corretto riconoscere alla moglie un assegno commisurato a 1/4 dei redditi del marito perché non si può non considerare il fatto che alla donna è stata assegnata la casa coniugale così come il fatto che sull'uomo gravano per intero le spese d'istruzione e quelle straordinarie per i figli.

Per la moglie l'assegnazione della casa non incide sul mantenimento

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La donna, alla luce delle motivazioni della Corte d'Appello in merito al proprio mantenimento, decide di ricorrere in Cassazione sollevando i seguenti motivi:

  • con il primo lamenta come ai fini dell'assegno di mantenimento, la Corte abbia tenuto conto dell'assegnazione della casa coniugale, elemento valutabile perché comproprietaria dello stesso con il marito;
  • con il secondo afferma che in caso di comproprietà della casa coniugale al beneficiario dell'assegno dovrebbe spettare un importo pari a un terzo dei redditi dell'obbligato, non dovendosi tenere conto della casa familiare visto che la stessa viene assegnata per garantire ai figli una continuità e stabilità abitativa;
  • con il terzo contesta che la Corte, nel negarle il mantenimento, abbia tenuto conto del fatto che il marito stia provvedendo al mantenimento dei figli trattandosi di obblighi di legge che nulla hanno a che fare con quelli di mantenimento verso la moglie e che ha anche la funzione di riequilibrare le posizioni economiche delle parti e consentire anche ai genitori di provvedere alle necessità della prole;
  • con il quarto lamenta la mancata valutazione, ai fini del riconoscimento dell'assegno di mantenimento, dei redditi conseguiti dallo stesso dallo svolgimento di attività libero professionale e di altri elementi come titoli, risparmi, investimenti, ecc…;
  • con il quinto infine contesta l'omessa valutazione della documentazione prodotta e delle istanze istruttorie formulate per dimostrare le condizioni economiche del marito come la nomina di un CTU, indagini tributarie e una rogatoria internazionale per accertare la consistenza effettiva del patrimonio del marito.

L'assegnazione impedisce al marito comproprietario di mettere a frutto la sua quota

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Per la Cassazione però, che esamina congiuntamente i motivi sollevati dalla donna, gli stessi risultano infondati.

La Cassazione ricorda infatti che, una volta riconosciuto il diritto al mantenimento in favore del coniuge che richiede l'assegno, per determinarne l'importo è necessario tenere conto dei redditi dell'obbligato e "di altre circostanze non indicate specificamente, né determinabili a priori, ma da individuarsi in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico, o comunque apprezzabili in termini economici, diversi dal reddito dell'obbligato, e idonei ad incidere sulle condizioni economiche delle parti, la cui valutazione, peraltro, non richiede necessariamente l'accertamento delle rispettive risorse nel loro esatto ammontare, risultando invece sufficiente una attendibile ricostruzione delle complessive situazioni patrimoniali e reddituali delle parti. Nell'ambito di tale valutazione, deve trovare spazio anche l'eventuale godimento della casa familiare, la cui assegnazione, pur essendo finalizzata alla tutela della prole e dell'interesse della stessa a permanere nell'ambiente domestico, costituisce indubbiamente un'utilità suscettibile di apprezzamento economico sotto il duplice profilo del risparmio assicurato al coniuge convivente con i figli, rispetto alla spesa che dovrebbe sostenere per procurarsi un alloggio in locazione, dell'incidenza del relativo uso sulla disponibilità dell'immobile, con la correlata limitazione delle facoltà di godimento e di disposizione spettanti al proprietario."

Principio confermato anche dal d.lgs. n. 154/2013, che ha introdotto l'art. 337 sexies c.c. e che la Corte d'Appello ha rispettato, valutando nel dettaglio ogni elemento, contrariamente a quanto sostenuto dalla moglie.

La Corte precisa infine che l'assegnazione della casa coniugale alla moglie e il fatto che la stessa ne sia comproprietaria non impedisce di tenerne conto ai fini della quantificazione dell'assegno di mantenimento. Il provvedimento di assegnazione incide infatti "sull'eguale diritto spettante all'altro coniuge, a sua volta comproprietario dell'immobile." L'uso esclusivo dell'immobile da parte della moglie si traduce infatti in pregiudizio che l'altro coniuge subisce, visto che non può disporre e mettere a frutto la sua quota.

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