Data: 09/09/2021 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Non è reato riprendere con le telecamere parti comuni del condominio

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Per la Cassazione, come chiarito nella sentenza 30191/2021 (sotto allegata) riprendere parti comuni per dimostrare lo stalking dei vicini non integra gli illeciti penali previsti dagli articoli 615 e 615 bis c.p. Non si configura infatti un'interferenza illecita nella vita privata degli altri condòmini, quando l'uso di telecamere installate all'interno di un'abitazione filmano l'area condominiale di parcheggio e d'ingresso allo stesso.

La vicenda processuale

Due soggetti vengono condannati con rito abbreviato per il reato di stalking in danno di due vicini. La Corte di Appello riforma la sentenza di primo grado riconoscendo ai due imputati le attenuanti generiche, riducendo la pena e la somma riconosciuta a titolo di provvisionale.

Telecamere su parti comuni: interferenza illecita della vita privata?

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Il difensore degli imputati ricorre in Cassazione con due distinti ricorsi anche se con motivi in sostanza sovrapponibili con i quali lamenta:

  • l'errata valutazione delle prove relativamente alle dichiarazioni della figlia degli imputati che ha riferito dei comportamenti provocatori dei vicini, così come la visione dei filmati senza contraddittorio, che hanno ripreso episodi da contestualizzare in mesi di contrasti, senza considerare che le telecamere hanno ripreso parti pertinenziali comuni, con conseguente integrazione dei reati di cui all'art. 615 e 615 bis bis c.p che tutelano la vita privata";
  • con il secondo invece contesta la rilevanza penale delle condotte degli imputati che si sono estrinsecate con la sosta degli stessi presso la zanzariera dell'appartamento dei vicini e con il rimettere nei cassonetti i materiali che ne erano fuoriusciti. Comportamenti che non integrano il reato di minacce o molestie, non solo perché tali episodi si sono verificati quando le persone offese non erano in casa, ma anche perché le presunte vittime hanno tardato nel denunciarli, a dimostrazione dell'assenza d'invasività degli atti suddetti. Per quanto riguarda l'imputata in particolare, dalle immagini video emerge che la stessa si è solo fermata davanti all'abitazione dei vicini per qualche attimo, senza tenere alcun atteggiamento persecutorio.

Utilizzabili le immagini su parti comuni

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Per la Cassazione il ricorso è inammissibile. Con il primo motivo, assai generico tra l'altro, si contesta il ragionamento logico giuridico della Corte d'Appello al fine di ottenere una nuova valutazione dei fatti. La Corte di Appello però ha esaminato e valutato adeguatamente le immagini registrate dalle telecamere da cui emerge l'invasività dei comportamenti degli imputati. Non rilevanti inoltre per il giudice di seconde cure le dichiarazioni della figlia degli imputati perché le informazioni dalla stessa riferite sono state acquisite dai racconti dei genitori e non per apprendimento diretto.

La Cassazione ritiene inoltre manifestamente infondato il motivo del ricorso relativo alla utilizzabilità dei filmati realizzati mediante la telecamera installata sul balcone delle persone offese e diretta a riprendere le aree comuni, con conseguente e ritenuta e integrazione dei reati di cui agli articoli 615 e 615 bis c.p.

Per la Suprema Corte infatti "non sussistono gli estremi del delitto d'interferenze illecite nella vita privata di cui all'art. 615 bis cod. pen. In casi del genere, infatti, l'esegesi di questa Corte ha sostenuto che l'uso di telecamere installate all'interno della propria abitazione, che riprendono l'area condominiale destinata a parcheggio ed il relativo ingresso, non configura detta fattispecie, trattandosi di luoghi destinati all'uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela della norma incriminatrice, la quale concerne, sia che si tratti di "domicilio", di "privata dimora" o "appartenenze di essi", una particolare relazione del soggetto con l'ambiente in cui egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza."

Per quanto riguarda la natura di dette prove poi la Cassazione chiarisce che: "le videoregistrazioni effettuate dai privati con telecamere di sicurezza sono prove documentali, acquisibili ex art. 234 cod. proc. pen., sicché i fotogrammi estrapolati da detti filmati ed inseriti in annotazioni di servizio non possono essere considerati prove illegittimamente acquisite e non ricadono nella sanzione processuale di inutilizzabilità." Le riprese inoltre, quando eseguite dai privati con telecamere di sicurezza, non hanno bisogno per la loro acquisizione in giudizio del contraddittorio ad opera delle parti, che possono prenderne visione e ottenerne copia.

Non convince la Corte neppure il secondo motivo di ricorso perché finalizzato a ottenere una rivalutazione delle prove per ricavarne conclusioni contrarie a quelle a cui è giunto il giudice, rilettura che però esula dai poteri della Cassazione. Confermata quindi la decisione del giudice di appello con condanna degli imputati al pagamento elle spese del procedimento e al versamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

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