Data: 13/09/2021 06:00:00 - Autore: Antonella Bua

La giustizia riparativa

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Il classico sistema penale è caratterizzato da un assetto prevalentemente "carcerocentrico", in questo contesto emerge la Giustizia Riparativa (Restorative Justice) che promuove percorsi di incontro e dialogo tra reo e vittima, i cui esiti possono influenzare il futuro giudizio per una eventuale concessione di benefici penitenziari.

Uno degli obiettivi della Giustizia Riparativa – strettamente legato al raggiungimento dell'autoresponsabilizzazione del reo – è compatibile con l'articolo 27 comma 3 della Costituzione, identificabile con il recupero e con la reintegrazione sociale del reo.

Si possono individuare quattro attributi costitutivi del procedimento riparativo:

- L'inclusione della vittima e del reo nei procedimenti riparativi ha condotto, oltre ad una maggior attenzione sui bisogni dei soggetti confliggenti, anche ad un miglior funzionamento del procedimento stesso;

- L'accoglienza emozionale e la riflessione sugli effetti del reato consentono di individuare l'offesa subita dalla vittima, nonché di riflettere sui sentimenti delle persone coinvolte nella fattispecie delittuosa;

- Il "Problem solving per il futuro" consente di riflettere e analizzare il modo in cui le parti potranno relazionarsi nel futuro;

- La costruzione del capitale sociale e la partecipazione della comunità consentono di coinvolgere persone vicine al reo e alla vittima ai procedimenti riparativi, individuando, inoltre, quali servizi esistono a livello locale per far intraprendere al reo "terapie cognitivo-comportamentali.

La mediazione nel procedimento penale minorile

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La disciplina in materia di processo minorile mira a salvaguardare la personalità del minore, ancora in via di formazione, attraverso la predisposizione di istituti, quali la sospensione del processo con la messa alla prova, la non punibilità per irrilevanza del fatto, il perdono giudiziale, che consentono di ridurre al minimo l'impatto afflittivo del procedimento penale sull'imputato-minorenne.

La mediazione trova ingresso nel sistema penale processuale minorile attraverso due modalità: la prima, di tipo pre-processuale, consente di incardinare la mediazione nella fase delle indagini preliminari, mentre la seconda, di tipo processuale, si instaura a processo già iniziato.

Nella fase delle indagini preliminari, in particolare, l'art. 9 del D.P.R. n. 448/1998 consente al pubblico ministero ed al giudice di acquisire informazioni sul minore, in merito alla sua personalità, alla sua sfera familiare e sociale, anche avvalendosi della consulenza di esperti.

Qualora, dall'accertamento, dovesse emergere la predisposizione del minore ad affrontare questo percorso, vittima e indagato, dopo aver espressamente rilasciato il loro consenso, possono incontrarsi e confrontarsi, alla presenza di un operatore dell'Ufficio per la Mediazione. Avviando questo procedimento si promuove un percorso di responsabilizzazione del minore non solo ancorato su ciò che è avvenuto, sul reato compiuto, ma soprattutto sul comportamento attivo e concreto che il minore dovrà avere nei confronti della vittima.

Altra norma è l'art. 28 D.P.R. n. 448/1988 che, nel prevedere la "sospensione del processo e messa alla prova", prospetta l'ipotesi di attivazione processuale della mediazione. Con questo istituto si è affermata l'idea che la risposta al reato possa essere costituita da un progetto piuttosto che da una pena: questa previsione introduce, per la prima volta, la prospettiva di un dialogo tra il giudice, i servizi sociali e il minore per andare a delineare la struttura di quel progetto, il quale avrà finalità riparative e riconciliative nei confronti della persona offesa.

La mediazione per imputati adulti

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Con la legge n. 67 del 28 aprile 2014 è stata introdotta la sospensione con messa alla prova per gli imputati adulti. Ha una portata innovativa per il processo penale italiano in quanto configura il primo caso in cui un reato, non minorile né di competenza del giudice di pace, possa essere affrontato dall'ordinamento penale italiano senza passare attraverso la quantificazione di una pena detentiva.

La collocazione della messa alla prova agli art. 168 bis e ss. c.p., e dunque, nel capo I Titolo VI del libro I, ne evidenzia la duplice natura, ad un tempo di beneficio e dall'altro di causa di estinzione del reato. La corrispondente disciplina processuale contenuta agli articoli 464-bis e ss. c.p.p., lo configura, altresì, come procedimento speciale.

Ai sensi del primo comma dell'art. 168-bis c.p., l'istituto è applicabile nei procedimenti per i reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore al massimo a quattro anni (sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria) ovvero per i delitti per i quali è previstala citazione diretta a giudizio, davanti al tribunale monocratico. Ai sensi dell'art. 550, comma 2, c.p.p. la messa alla prova consiste in prestazione di condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, nel risarcimento del danno dallo stesso cagionato.

La sospensione con messa alla prova può essere richiesta dall'imputato, in forma orale o per iscritto, personalmente o per mezzo di procuratore speciale.

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- Mediazione penale: cos'è e come funziona in Italia

Avv. Antonella Bua

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