Data: 21/09/2021 11:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Minaccia aggravata se si agita una stampella

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Condannato per minaccia aggravata l'imputato che, nel minacciare un agente, ha agitato una stampella utilizzata per deambulare. Lo strumento è stato considerato un'arma impropria, il cui utilizzo, se si minaccia una persona, comporta l'applicazione dell'aggravante di cui all'art. 339 c.p. come precisato dalla Cassazione n. 32714/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

Condannato in sede di appello a un mese di reclusione l'imputato responsabile del reato di minaccia aggravata per aver fatto ricorso, mentre minacciava un agente, alla stampella che utilizzava per deambulare, considerata strumento atto a offendere.

Non può incutere timore una persona claudicante

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  • L'imputato nel ricorrere in Cassazione contesta come la decisione della Corte si fondi solo sulle dichiarazioni della persona offesa, trascurando completamente il fatto che lo stesso è claudicante e ha bisogno delle stampelle per camminare. Nessun timore quindi potrebbe incutere una persona del genere all'agente che lo aveva in custodia. La minaccia poi non era così grave da poter provocare turbamento nella vittima. Il reato inoltre necessiterebbe della querela di parte.
  • Con il secondo motivo lamenta la mancata esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto tenuto conto delle condizioni fisiche dell'imputato, che non è in grado d'intimorire nessuno, considerato altresì che manca l'abitualità che richiede almeno 3 condotte ripetute.
  • Con il terzo infine l'imputato denuncia la considerata gravità del fatto alla luce degli articoli 133 c.p e 62 bis c.p, che contemplano le attenuanti generiche. Le sanzioni irrogate infatti sembrano eccessive.

La stampella è uno strumento atto a offendere

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Per la Cassazione però il ricorso è inammissibile per diverse ragioni.

Prima di tutto il primo motivo è infondato perché il giudice è libero di fiondare la decisione sulle sole dichiarazioni della persona offesa. Irrilevante la condizione di salute dell'imputato, che non si conciliano affatto con il male minacciato all'agente, anche perché, come affermato da tempo dalla giurisprudenza, per integrare il reato di minaccia è sufficiente che la condotta dell'agente sia tale da incidere sulla libertà morale della vittima.

Per quanto riguarda poi la procedibilità per il reato in oggetto, la Corte precisa che la minaccia commessa il 13 agosto 2013 era grave e quindi procedibile d'ufficio, se commessa con uno strumento atto a offendere, ossia la stampella, secondo quanto disposto dall'art. 339 c.p.

Le armi infatti non sono solo quelle proprie, ma anche quelle improprie, ossia tutti quegli strumenti che sono in grado di offendere e che non possono essere usati in modo assoluto o comunque senza un motivo valido. Senza dubbio quindi anche le stampelle possono essere utilizzate per offendere una persona. In passato similmente anche un pezzo di legno è stato considerato come strumento atto a offendere.

Manifestamente infondato poi il secondo motivo di ricorso perché la Corte ha valutato correttamente non solo la condotta grave dell'ultimo episodio, ma anche i numerosi precedenti penali. Elementi che le hanno fatto escludere la non particolare tenuità del fatto.

Inammissibili infine le contestazioni relative al trattamento sanzionatorio perché nuove, generiche e perché mirano a criticare una valutazione spettante al giudice di merito, che ha deciso sul punto in modo corretto e non arbitrario.

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