Data: 26/10/2021 06:00:00 - Autore: Lucia Izzo

Riforma del processo penale: cosa prevede

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La riforma del processo penale (legge n. 134/2021), in vigore dal 19 ottobre 2021, prevede una serie di deleghe all'Esecutivo, che dovranno essere esercitate entro un anno dall'entrata in vigore della legge, ma non mancano anche alcune novelle al codice penale e al codice di procedura penale che sono immediatamente precettive.

In generale, tra le finalità che hanno ispirato il d.d.l. emerge, in prima battuta, quella volta ad accelerare i tempi di svolgimento dei processi penali, anche attraverso una sua deflazione e la sua digitalizzazione, impegno preso anche con l'Europa come ha avuto modo di sottolineare in più occasioni la Guardasigilli Marta Cartabia. Non mancano, inoltre, anche misure rivolte al potenziamento delle garanzie difensive a tutelare la vittima del reato, nonché un'innovativa disciplina inerente la ragionevole durata del giudizio di impugnazione.

Gli "innocenti" potranno ottenere la deindicizzazione

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Non sorprende che nel corso dell'iter per arrivare all'approvazione, le tematiche di cui si occupa la riforma della giustizia penale siano state oggetto di un ampio dibattito. Di alcune di è parlato di più, di altre meno, come ad esempio delle innovazioni recate in materia di "diritto all'oblio" di cui si occupa una norma ad hoc della delega, ovvero l'art. 25.

La disposizione precisa che, nell'esercitare la delega in materia di comunicazione della sentenza, il Governo dovrà prevedere che il decreto di archiviazione e la sentenza di non luogo a procedere o di assoluzione costituiscano titolo per l'emissione di un provvedimento di deindicizzazione che, nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia di dati personali, garantisca in modo effettivo il diritto all'oblio degli indagati o imputati.
La disposizione è stata inserita durante l'esame in commissione alla Camera, con un emendamento riformulato di Azione. Per effetto della stessa, dunque, gli "innocenti" potranno vedere i propri nomi sparire da Google e da altri motori di ricerca. Una proposta che trae origine dalle conseguenze pregiudizievoli, ulteriori rispetto a quelle derivanti tout court dall'attivazione della macchina processuale, a cui vanno incontro coloro che sono coinvolti in indagini o processi.

La risonanza mediatica di alcuni eventi, infatti, è idonea a travolgere l'immagine, la reputazione, la vita lavorativa e così via, mentre appare difficile lasciarsi tutto alle spalle, nonostante una pronuncia favorevole e l'uscita dal circuito giudiziario, quando i dati rimangono impigliati nella "rete" e possono essere facilmente rintracciati con un semplice click sfruttando i motori di ricerca.

Diritto all'oblio: cosa dicono UE e giurisprudenza

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A questa conseguenza punta a porre rimedio la previsione normativa contenuta nella riforma del processo penale, sì da scongiurare ulteriori pregiudizi nei confronti di coloro che si siano trovati ingiustamente invischiati nelle vicende processuali.

Affinché la novità sia operativa sarà necessario l'intervento di un decreto legislativo ad hoc da parte del Governo che renda effettiva questa garanzia. L'Esecutivo ha un compito delicato, in quanto dovrà altresì bilanciare adeguatamente il diritto alla deindicizzazione con altri diritti in gioco ugualmente importanti, primo tra tutti quello all'informazione dei cittadini.

Inoltre, la presa di posizione prevista all'interno della riforma della giustizia penale si innesta nella scia tracciata dalla normativa comunitaria (al cui rispetto sarà tenuto il legislatore delegato) e dalla giurisprudenza nostrana.

Di "diritto alla cancellazione" (diritto all'oblio) fa riferimento esplicito l'art. 17 il Regolamento (UE) 2016/679 sulla protezione dei dati (Gdpr), recepito in Italia con d.lgs. 101/18, consentendo all'interessato di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano qualora sussistano una serie di motivi, con conseguente obbligo del titolare del trattamento di cancellarli senza ingiustificato ritardo.

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Tra l'altro, dell'argomento si è occupata recentemente anche la prima sezione civile della Corte di Cassazione che, nell'ordinanza 15160/2021, ha ritenuto dover bilanciare il diritto all'informazione con quello alla riservatezza e all'oblio, confermando il diritto di un soggetto privato a vedere "deindicizzato" dal motore di ricerca l'articolo pubblicato sul web, di interesse generale, lesivo dei suoi diritti, tra cui quello all'immagine (nel caso di specie un imprenditore del quale l'articolo riferiva una presunta vicinanza a clan mafiosi, non confermata dall'apertura di alcuna indagine nei confronti di quest'ultimo).

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