Data: 30/09/2021 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Stalking nei confronti dell'avvocato

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Confermata anche in sede di Cassazione la condanna del cliente per il reato di stalking, per avere inviato per anni un numero spropositato di messaggi ed email dal contenuto ingiurioso e minaccioso al proprio avvocato, che vanno ben al di là del diritto di contestazione dell'operato del legale. A nulla sono valsi i tentativi della difesa di far passare l'imputato per un soggetto affetto da patologie psichiatriche tali da comprometterne la capacità d'intendere e di volere. Queste le conclusioni a cui è giunta la Cassazione nella sentenza n. 35022/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

In sede di appello viene confermata la condanna dell'imputato per il reato di atti persecutori commesso ai danni del proprio legale, punito con la pena di giustizia e il risarcimento dei danni cagionati in favore della parte civile.

Lamentarsi dell'operato dell'avvocato integra stalking?

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L'imputato ricorre in sede di Cassazione nei confronti di detta sentenza, sollevando 5 motivi.

  1. Con il primo lamenta la mancata restituzione agli atti, come richiesto dalla difesa, nonostante il reato di atti persecutori, risultante dalla riqualificazione di quello contestato in origine, richiedesse la celebrazione dell'udienza preliminare.
  2. Con il secondo la difesa lamenta la violazione di norme processuali perché non è stata accolta la richiesta di celebrare la suddetta udienza preliminare, con richiesta di restituzione degli atti al Pubblico ministero visto che il fatto contestato doveva ritenersi fatto nuovo.
  3. Con il terzo contesta la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di atti persecutori perché la sua azione era finalizzata solo a contestare l'operato del proprio difensore e perché non è stata valutata la relazione psichiatrica da cui è emerso che in epoca successiva ai fatti era risultato affetto da una patologia psichiatrica che probabilmente ne inficiava la capacità d'intendere e di volere. La Corte avrebbe quindi dovuto, alla luce di questi elementi sopravvenuti, disporre una perizia, per accertare la presenza di una patologia in grado di comprometterne effettivamente la capacità di intendere e volere.
  4. Con il quarto contesta che il giudice non abbia applicato la pena minima, senza motivarne le ragioni, tanto più che in sede di appello era stata censurata la decisione in relazione alla data a partire dalla quale avrebbe tenuto la condotta poi punita penalmente.
  5. Con il quinto infine si duole per il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena.

Inviare per anni al proprio legale sms e email ingiuriose è stalking

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Gli Ermellini rigettano il ricorso dell'imputato perché infondato nei termini che si vallo a illustrare.

I primi due motivi con i quali la difesa dell'imputato rileva la mancata celebrazione dell'udienza preliminare per il reato di stalking, perché fatto nuovo, sono infondati per la Cassazione.

La Corte d'appello ha spiegato, conformemente a quanto sancito dalla giurisprudenza di legittimità, che il fatto contestato all'imputato non può considerarsi fatto nuovo. Lo stesso è stato semplicemente riqualificato da reato di molestia e disturbo alle persone di cui all'art. 660 c.p in reato di atti persecutori di cui all'art. 612 bis c.p alla luce dei contenuti ingiuriosi e minacciosi di sms e email inviati all'avvocato (e a terzi) per lungo tempo e in un numero spropositato.

La Corte rileva inoltre che l'imputato non ha sollevato la questione del mancato svolgimento dell'udienza preliminare che doveva essere celebrata alla luce della riqualificazione del reato. Lo stesso si è limitato a chiedere un termine a difesa, che peraltro la Corte ha concesso.

Inammissibile il terzo motivo in quanto la sottoposizione dell'imputato a una amministrazione di sostegno non pregiudica automaticamente la capacità dello stesso a prendere parte al processo, poiché la stessa deve essere accertata dal giudice. Non si può inoltre sindacare in sede di Cassazione la decisione del giudice di disporre o meno una perizia perché la stessa non può essere considerata una prova decisiva e poi perché la Corte ha rilevato che dalla relazione del consulente non emergevano situazioni patologiche non esistenti in precedenza, per cui la stessa si è limitata a dare una diversa lettura di condotte per le quali nel corso del primo grado, non è mai stata richiesta una perizia.

Inammissibile la censura relativa al trattamento sanzionatorio, insindacabile in sede di legittimità perché decisioni rimesse alla discrezionalità del giudice di merito, il quale ha motivato la propria decisione in considerazione della durata della condotta, protrattasi per anni e delle modalità in cui la stessa è stata realizzata. Inammissibile infine anche il rilievo sulla mancata concessione della sospensione condizionale della pena visto che la Corte di Appello sul punto non è giunta a una prognosi favorevole per il reo per il futuro, in considerazione dei precedenti penali, anche per fatti diversi e per i quali è stata concessa la sospensione condizionale, senza però, evidentemente produrre un effetto positivo.



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