Data: 29/09/2021 22:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Spetta l'assegno alla moglie che per anni non ha chiesto aiuto al marito?

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Cassata la sentenza della Corte di Appello che ha confermato in favore della ex moglie un assegno divorzile di 300 euro e rinvio ad altra sezione della stessa per accertare se la stessa ne ha effettivamente diritto. Il marito ha fatto presente in Cassazione che la moglie in sede di separazione non ha chiesto il mantenimento e che alla stessa è stato riconosciuto per un periodo solo l'importo mensile di 100 euro per gestire la ex casa coniugale, poi venduta. Elemento questo che fa presumere che la stessa in quegli anni abbia lavorato, anche se con contratto irregolare. In caso contrario non si comprende come la stessa abbia potuto vivere tranquillamente senza aiuto alcuno. Questo quanto emerge dall'ordinanza della Cassazione n. 25646/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

Il giudice di primo grado, pronunciando sulla cessazione degli effetti civili del matrimonio di due coniugi, determina in favore della moglie l'obbligo da parte del marito di corrisponderle un assegno mensile di divorzio di 300 euro, revocando invece l'importo prima dovuto per la figlia. Decisione che viene confermata dalla Corte di Appello, a cui si è rivolto il marito per contestare l'obbligo di corresponsione dell'assegno di divorzio.

Non è dovuto l'assegno alla ex se non ha chiesto nulla nella separazione

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Il marito decide a questo punto di ricorre anche in Cassazione per far valere le sue doglianze nei confronti della sentenza di appello.

  1. Con il primo motivo contesta l'omissione da parte del giudice dell'impugnazione di fatti decisivi ai fini del decidere. L'uomo fa presente che la moglie, dopo la separazione, ha beneficiato di un assegno mensile di soli 100 euro mensili per la gestione della casa coniugale, fatto da cui, anche alla luce dei criteri fissati dalla SU 18287/2018 per il riconoscimento e la quantificazione dell'assegno di divorzio, si desume la capacità lavorativa della donna. Dopo la separazione inoltre la ex, dopo la vendita della casa familiare, ha investito la propria metà del ricavato nell'acquisto della sua nuova abitazione, ma la Corte non ha considerato neppure questo fatto.
  2. Con il secondo contesta l'onere probatorio posto a suo carico dalla Corte, incombente invece sulla moglie, a cui spettava dimostrare "l'incolpevole mancato reperimento di un'entrata economica, frutto della propria attività lavorativa."
  3. Con il terzo fa valere invece la violazione dell'art 92 c.p.c perché nella motivazione i giudici hanno ritenuto esistenti i presupposti per compensare le spese, anche se nel dispositivo hanno applicato a suo carico la sanzione del doppio contributo unificato.

A rischio l'assegno per la moglie che vive anni senza l'aiuto del marito

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Per la Cassazione il primo e il secondo motivo sono fondati, mentre il terzo resta assorbito.

Come rilevato dal ricorrente in effetti la Corte di Appello ha omesso di considerare ai fini della decisione due fatti decisivi.

Il primo riguarda la moglie, che solo a distanza di dieci anni dalla separazione ha richiesto per la prima volta un aiuto economico del marito. Circostanza da cui la Corte avrebbe dovuto dedurre lo svolgimento in quegli anni di un lavoro, anche se irregolare, altrimenti non si spiega come la stessa abbia potuto vivere tranquillamente per tutto quel tempo.

Il secondo invece fa riferimento alla vendita della casa coniugale e al fatto che la donna abbia impiegato metà del ricavato per acquistare un nuovo immobile per se.

Vero che non spetta al marito dimostrare il rifiuto da parte della ex di proposte lavorative. Spetta infatti a chi chiede l'assegno dimostrare di non essere riuscito a conquistarsi una propria autonomia senza colpa, considerato che l'assegno ha natura perequativa e assistenziale per le SU 18287/2018.

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