Data: 08/10/2021 06:00:00 - Autore: Lucia Izzo

Rischio latente e liquidazione danno biologico

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Il c.d. rischio latente, ovvero la possibilit� (oggettiva e non ipotetica) che i postumi della lesione alla salute possano in futuro degenerare in un'ulteriore invalidit� o addirittura nella morte ante tempus, rappresenta per la vittima un vero e proprio danno della salute di cui, dunque, dovr� tenersi conto nella determinazione del grado percentuale di invalidit� permanente e nella liquidazione del danno biologico.

Lo ha rammentato la Corte di Cassazione, terza sezione civile, nella sentenza n. 26118/2021 (qui sotto allegata) pronunciandosi a seguito del ricorso di una compagnia assicurativa che era stata chiamata in causa dall'Ospedale, a sua volta convenuto in giudizio in relazione a una vicenda di malasanit�.

In particolare, i sanitari sono accusati di aver reso totalmente e permanentemente invalido un bambino a causa di una grave asfissia ipossico ischemica da lui subita nelle ore immediatamente precedenti il parto. I medici non solo non si avvidero dell'esistenza dei sintomi predittivi di una sofferenza fetale, ma neppure eseguirono tempestivamente un parto cesareo.

La vicenda, a seguito del giudizio di primo e secondo grado, si conclude sostanzialmente con la condanna al risarcimento dei danni in favore dei ricorrenti, tra cui i parenti e avi del minore stesso (quest'ultimo rappresentato in giudizio dai genitori) al risarcimento danni, con condanna dell'assicurazione di tenere indenne l'Ospedale "di tutto quanto fosse tenuto a pagare agli attori".

Danno biologico permanente e durata della vita

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In Cassazione, l'assicurazione lamenta che il danno non patrimoniale sia stato sovrastimato dai giudici di merito che lo avrebbero liquidato tenendo conto della speranza i vita di una persona sana e non, invece, della ridotto speranza di vita che il danneggiato aveva concretamente a seguito del trauma cerebrale patito al momento della nascita.

Secondo parte ricorrente il risarcimento del danno biologico deve essere parametrato al et� della vittima e, di conseguenza, qualora venga accertato che questa ha una ridotta speranza di vita rispetto alla media, il danno va liquidato non in base alla durata media della, bens� in base alla concreta aspettativa di vita del danneggiato, altrimenti il risarcimento finirebbe con l'avere una funzione punitiva ad esso estranea.

In pratica, si chiede alla Cassazione di chiarire se, nella liquidazione del danno biologico permanente, si debba commisurare il risarcimento, sempre e comunque, alla durata media della vita in astratto, desunta dalle statistiche mortuarie, oppure si debba avere riguardo alla speranza di vita in concreto della vittima, quand'anche ridotta rispetto alla media proprio in conseguenza del fatto illecito.

Le posizioni della giurisprudenza

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In primis, la Corte si sofferma si quello che parrebbe essere un "contrasto" nella giurisprudenza di legittimit� in materia. Un primo orientamento sostiene che "nella liquidazione del danno alla salute la scelta del valore monetario del punto d'invalidit� deve essere effettuata senza tenere conto della minore speranza di vita futura che il danneggiato potr� avere, in conseguenza del sinistro; diversamente, infatti, il danneggiante verrebbe a beneficiare di una riduzione del risarcimento tanto maggiore quanto pi� grave � il danno causato" (cfr. Cass. n. 5881/2000).

A una conclusione non coincidente parrebbe, invece, essere pervenuto un successivo orientamento, sostenendo che nella liquidazione suddetta dovr� tenersi conto non gi� della speranza di vita media, ma della concreta aspettativa di vita della vittima, quand'anche quest'ultima sia stata ridotta proprio dal fatto illecito.

Tale principio � stato affermato per la prima volta dalla sentenza n. 16525/2003), invocata dall'assicurazione ricorrente che, per�, ha "amputato" la parte di decisione ad essa sfavorevole, ovvero quella secondo cui "il giudice deve tenere conto della gravit� particolare della lesione, che abbia inciso anche sulla capacit� recuperatoria o stabilizzatrice della salute, procedendo ad una adeguata e prudente maggiorazione".

In sostanza, spiega la Cassazione, gli orientamenti riassunti ammettono che il provocare lesioni personali cos� gravi da ridurre la speranza di vita della vittima costituisca un danno risarcibile. Tuttavia, se per il primo dei due tale danno va risarcito liquidando in base a criteri tabellari standard l'invalidit� permanente, il secondo orientamento ritiene che tale danno vada risarcito liquidando il danno biologico in base alla speranza di vita concreta e non a quella normale, ma aggiungendo al risultato un quid pluris per tenere conto del "pregiudizio da anticipanda morte".

Ed � per questi motivi che il quadro dei precedenti illustrati non appare in contrasto, se non apparente, poich� ciascuno di essi, alla luce degli sviluppi della giurisprudenza successiva, contiene un frammento di verit� e per questo la Cassazione ritiene sia possibile una loro armonizzazione.

Il fenomeno del "rischio latente"

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Il Collegio rammenta come il danno alla salute possa consistere: nella temporanea o permanente compromissione dell'integrit� psicofisica, nonch� nell'aumentato rischio di contrarre malattie in futuro o di incorrere nella morte "ante tempus".

Si tratta di indicazioni fornite dalla medicina legale secondo la quale, tra i postumi permanenti causati da una lesione alla salute rientra anche il "maggior rischio di una ingravescenza futura" (come nel caso delle fratture che espongono la vittima al rischio di fenomeni artrosiciprecoci oppure delle infezioni da HCV od HIV, che espongono il paziente al maggior rischio, rispettivamente, di cirrosi epatica o di polmoniti e tubercolosi, al termine della fase di latenza clinica).

Si tratta del fenomeno del c.d. rischio latente il quale consiste "nella possibilit�, oggettiva e non ipotetica, che l'infermit� residuata all'infortunio possa improvvisamente degenerare in un futuro tanto prossimo quanto remoto, e differisce dal mero peggioramento dipendente dalla naturale evoluzione dell'infermit�" che, invece, rappresenta la naturale evoluzione fisiologica dei postumi.

Il rischio latente, invece, � possibilit� che i postumi provochino a loro volta un nuovo e diverso danno, che pu� consistere tanto in una ulteriore invalidit�, quanto nella morte, "dunque il patire postumi che, per quanto stabilizzati, espongano per la loro gravit� la vittima ad un maggior rischio di ingravescenza o morte ante tempus costituisce per la vittima una lesione della salute" (cfr. Cass. n. 29492/2019).

Determinazione grado percentuale invalidit� permanente

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Di conseguenza, si legge in sentenza, se il rischio di contrarre malattie in futuro o di morire anzitempo, a causa dell'avverarsi del rischio latente, costituisce un danno alla salute, di esso andr� tenuto conto nella determinazione del grado percentuale di invalidit� permanente, secondo le indicazioni della medicina legale. La liquidazione del danno biologico dovr� dunque avvenire tenendo conto della (minore) speranza di vita in concreto, e non di quella media, altrimenti si rischia di liquidare il medesimo danno due volte.

Tuttavia, pu� accadere che il rischio latente non sia stato tenuto in conto del grado percentuale di invalidit� permanente e, in tal caso, del pregiudizio in esame dovr� tener conto il giudice, maggiorando la liquidazione in via equitativa. Nell'ambito di tale liquidazione "non gli sar� certo vietato scegliere il valore monetario del punto di invalidit� previsto per una persona della medesima et� della vittima e dunque in base alla vita media nazionale, invece che alla speranza di vita del caso concreto".

Ai fini della legittimit� di tale decisione, spiega la Cassazione, ci� che unicamente rileva � che il giudice di merito dia conto dei criteri seguiti tanto nel determinare il grado di invalidit� permanente, quanto nel monetizzarlo in via equitativa.

Tornando al caso in esame, il motivo di ricorso deve ritenersi inammissibile per "aspecificit�", non avendo parte ricorrente chiarito un elemento essenziale, ovvero se i consulenti tecnici, nel determinare il grado di invalidit� permanente nella misura del 91%, abbiano o non abbiano incluso in tale percentuale anche il rischio di anticipata morte, circostanza essenziale per valutare se la liquidazione del danno sia corretta o meno.

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