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Data: 28/10/2021 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate
Lavoro a tempo pieno e mamma: spetta l'assegno di divorzio?[Torna su]
La Cassazione non ha dubbi, alla moglie insegnante a tempo pieno, che ha convissuto con il marito per 23 anni e si è sempre anche occupata quasi esclusivamente della casa e della figlia spetta l'assegno di divorzio anche se non ha sacrificato le proprie aspirazioni professionali, ma ha comunque permesso al marito di dedicarsi pienamente alla sua carriera. Non rileva che una colf la aiutasse nelle faccende domestiche qualche volta durante la settimana. Questo quanto sancito dalla Suprema Corte nell'ordinanza n. 29195/2021 (sotto allegata). La vicenda processualeIn sede di Appello viene riformata in parte la sentenza di primo grado e viene riconosciuto in favore della ex moglie un assegno divorzile di 1200 euro al mese. Per il marito non spetta l'assegno alla ex economicamente indipendente[Torna su]
Decisione che viene contestata dal marito in sede di Cassazione
Corretta la valorizzazione dell'impegno profuso in famiglia[Torna su]
Ricorso che la Cassazione rigetta per le seguenti ragioni. Il primo motivo è inammissibile per carenza di specificità e autonomia perché il ricorrente non ha indicato nel dettaglio il contenuto dei motivi dell'appello limitandosi a riportare la rubrica. In questo modo la Corte non ha avuto modo di comprendere la portata dei motivi sollevati in appello. L'unico riferimento che il ricorrente riporta sul contenuto dell'appello è quello in cui contesta la violazione della norma che disciplina l'assegno di divorzio nella legge n. 898/1970, sulla quale il giudice dell'impugnazione si è pronunciato. Inammissibile anche il secondo motivo con cui il ricorrente ha denunciato il fatto che la corte ha sempre ritenuto provati fatti che invece lo stesso ha contestato. Trattasi in particolare:
Tale motivo è inammissibile perché il ricorrente ha omesso di trascrivere gli atti "sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione che il ricorrente pretende di negare" in sede di legittimità. Anche il terzo motivo per la Cassazione presenta profili d'inammissibilità. Il recente orientamento delle Sezioni Unite, intervenute per indicare al giudice gli elementi da valutare ai fini del riconoscimento e della quantificazione dell'assegno di divorzio, ha infatti precisato che l'assegno deve anche tenere conto del "contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, e, conseguentemente alla formazione del patrimonio familiare e personale dell'altro coniuge, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali, ed economiche, eventualmente sacrificate." Criterio di cui la Corte d'Appello ha fatto corretta applicazione, valorizzando altresì la lunga convivenza e il fatto che il marito si sia potuto dedicare alla carriera grazie al fatto che la moglie si occupasse della casa e della figlia, attività che la stessa ha svolto senza sacrificare il lavoro di insegnante, svolto sempre a tempo pieno. Aspetto quest'ultimo di cui ha tenuto conto tanto che ha ridotto da 1500,00 a 1200,00 euro l'assegno divorzile. Leggi anche: - L'assegno di divorzio secondo la Cassazione |
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