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Data: 25/11/2021 11:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate
Legittimo il sequestro delle mascherine taroccate con il marchio CE[Torna su]
La Corte di Cassazione nella sentenza n. 37141/2021 (sotto allegata) si pronuncia su un ricorso intrapreso dal procuratore di una società contro il sequestro preventivo disposto dal GIP per aver commesso un delitto contro l'industria e il commercio ai sensi dell'art. 25 bis 1, del dlgs n. 231/2001, in relazione al reato di frode nell'esercizio del commercio. Sequestro che è stato disposto sia in via diretta che per equivalente sul denaro presente nei conti correnti della società fino alla concorrenza del profitto del reato pari a € 421.548,00. Alla società è stato contestato in particolare di avere messo in commercio su tutto il territorio nazionale all'incirca n. 354.000 mascherine chirurgiche, riportanti il marchio CE, apposto da un organismo però non autorizzato. Per il procuratore della società non sussiste il fumus boni iuris al fine di ritenere legittimo il sequestro, perché non è stato riscontrato che le mascherine fossero state distribuite con un marchio CE falso, il quale, tra l'altro, non è nemmeno obbligatorio visto che le normativa emergenziale ha previsto delle deroghe al riguardo (dl n. 18/2020 e Circolare Ministro della Salute n. 3572/2020). La Cassazione ai fini del decidere fa presente però, prima di tutto, che il Tribunale ha rilevato che alla luce delle indagini esperite è stato accertato che il titolare di una farmacia aveva acquistato dalla società rappresentata dal ricorrente 2000 mascherine, come risultante dalla documentazione di trasporto emessa dalla società stessa a cui era annesso un certificato che attestava la conformità delle mascherine al Regolamento UE 2017/45 e recante il marchio CE. I giudici hanno però rilevato che la detta società non è abilitata a rilasciare le certificazioni. Venivano infatti poi rinvenute diverse copie di certificati nel magazzino della società e mascherine all'interno di un blister con la marcatura CE e poi numerose etichette adesive con la marcatura CE, che si potevano apporre sui blister. La società ha offerto mascherine anche a ospedali, che facevano affidamento proprio sulla marcatura CE per la sicurezza del dispositivo di protezione chirurgica, che avevano bisogno di acquistare. Indubbio poi che l'amministratore della società avesse le conoscenze necessarie a comprendere la regolarità delle certificazioni rilasciate, non rileva infatti la buona fede indotta dall'aver acquistato da un importatore europeo. La sussistenza del fumus boni iuris a fondamento del provvedimento di sequestro quindi, per la Cassazione, è stato accertato correttamente. Sequestro legittimo anche se le mascherine sono state sdoganate[Torna su]
La Cassazione si è trovata a decidere su un caso simile con la sentenza n. 39356/2021 (sotto allegata) nella primavera di quest'anno, dopo il rigetto da parte del Tribunale di Piacenza dell'istanza di riesame avanzata dall'indagato, titolare di una S.R.L., per contestare il sequestro preventivo di € 250.813,70 in relazione ai contestati reati di frode in commercio di cui all'art. 515 c.p. e vendita di prodotti industriali con segni mendaci di cui all'art. 517 c.p, per avere messo in vendita mascherine di tipo chirurgico con il marchio CE contraffatto, prive del previsto certificato di conformità. Nel ricorso in Cassazione l'indagato fa presente di aver acquistato le mascherine tramite una S.P.A, importatore della merce, che aveva pubblicizzato le mascherine come dotate del marchio CE, garantendo alla S.R.L. ricorrente la regolarità della documentazione e il rispetto delle normative interne ed europee. La confezione e l'etichettatura delle mascherine devono attribuirsi quindi alla S.P.A. La S.R.L. non ha apportato alle stesse alcuna modifica. Secondo l'indagato, la buona fede della società ricorrente quindi è evidente. Responsabile è solo la S.P.A importatrice, inoltre la S.R.L ha acquistato merce che è stata sdoganata regolarmente, per cui non poteva che essere in buona fede stante il suo affidamento sulla regolarità della merce sdoganata. Per la Corte di Cassazione però queste motivazioni non reggono perché di fatto "la società ricorrente aveva venduto mascherine chirurgiche con marchio CE contraffatto e senza la prescritta certificazione di conformità e di conseguenza idonee ad indurre in inganno i compratori sulla qualità del prodotto." In un caso simile, ricorda la Cassazione, si era precisato che "Integra il reato di frode nell'esercizio del commercio la consegna di merce - nella specie, occhiali da sole - recante la marcatura CE - indicativa della locuzione "China Export" - apposta con caratteri tali da ingenerare nel consumatore la erronea convinzione che i prodotti rechino, invece, il marchio CE - Comunità Europea -, poiché l'apposizione di quest'ultimo ha la funzione di certificare la conformità del prodotto ai requisiti essenziali di sicurezza e qualità previsti per la circolazione dei beni nel mercato europeo." Leggi anche Il sequestro |
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