Data: 15/12/2021 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Il reato di stalking non deve provocare una patologia

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Per l' integrazione del reato di atti persecutori previsto dall'art. 612 bis c.p non occorre l'accertamento di uno stato patologico, come per il reato di lesioni. E' infatti sufficiente che gli atti persecutori abbiano avuto un effetto destabilizzante sullo stato psicologico della persona offesa. Queste le precisazioni della Cassazione nella sentenza n. 42659/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

Confermata in appello la decisione di primo grado con la quale l'imputato è stato ritenuto responsabile della commissione del reato di atti persecutori, anche se la pena è stata rideterminata in senso migliorativo.

Condotte senza effetto sulla autodeterminazione della persona offesa

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La difesa nel ricorrere in Cassazione solleva i seguenti motivi.

  • Il delitto di atti persecutori non è integrato in quanto il giudice non ha rilevato l'evento di danno richiesto valorizzando piuttosto vicende oggetto di un altro procedimento, l'imputato si è solo avvicinato alla persona offesa senza mai mettere in atto atteggiamenti persecutori o minacciosi, le condotte dello stesso, meramente petulanti si sono realizzate in un periodo ristretto, non hanno provocato nessuno stato d'ansia nella persona offesa, né hanno compromesso la sua capacità di autodeterminarsi.
  • La Corte non ha inoltre accertato in modo rafforzato, come previsto, l'attendibilità della persona offesa, unica fonte di prova del reato contestato, soprattutto in relazione agli effetti prodotti sulla sua persona dalle condotte dell'imputato.
  • Mancato e ingiustificato riconoscimento infine delle attenuanti generiche, nonostante la riduzione della pena, in conseguenza del breve periodo in cui si sono realizzate le condotte di contenuta gravità.

Ai fini dello stalking è sufficiente destabilizzare le persona offesa

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La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile perché il primo motivo è generico e non è correlato alle ragioni della decisione. Il ricorso si concentra sull'assenza di condotte minacciose dell'imputato, trascurando l'escalation dei comportamenti in un arco di tempo limitato.

Il ricorso dimentica che l'imputato non ha solo fatto regali, così come non si è limitato a rivolgere alla persona offesa frasi d'amore, entrambi indesiderati. Lo stesso in diverse occasioni si è appostato e ha seguito la persona offesa nei luoghi in cui la stessa doveva recarsi. La Corte ha evidenziato ai fini del decidere proprio la condotta sempre più assillante dell'imputato.

Prive di pregio le affermazioni del ricorrente in relazione al cambio del numero di utenza del cellulare e all'assenza di un certificato medico, per dimostrare gli effetti destabilizzanti della sua condotta sulla persona offesa. La Cassazione ricorda infatti che il reato di atti persecutori non replica il reato di lesioni, per cui non si deve verificare, ai fini della sua configurabilità, una malattia nel corpo o nella mente.

Inammissibile anche il secondo motivo perché le dichiarazioni della persona offesa possono essere poste, in via esclusiva, a fondamento della decisione relativa alla penale responsabilità dell'imputato, dopo avere appurato la credibilità del dichiarante e l'attendibilità del suo racconto. Racconto che viene sottoposto per questo a un controllo più rigoroso rispetto alle dichiarazioni di un testimone. Si rileva comunque che la Corte, ai fini del decidere, ha valorizzato le dichiarazioni della persona offesa alla luce delle dichiarazioni di una teste e delle annotazioni dei carabinieri, che hanno confermato la linearità del racconto.

Inammissibile anche il terzo e ultimo motivo per gli Ermellini in quanto la riduzione della pena non comporta in automatico il riconoscimento delle attenuanti generiche.

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