Sull'obbligo vaccinale generalizzato è necessario esaminare ogni questione di legittimità non solo rispetto alla Costituzione italiana ma anche in relazione agli orientamenti della CEDU.
La Corte europea ha chiarito che, sebbene ogni vaccinazione implichi un'ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata e, in particolare, una limitazione alla libertà di autodeterminazione nelle scelte terapeutiche, occorre riferirsi alla politica sanitaria degli Stati contraenti, la quale – proprio in considerazione degli artt. 2 (diritto alla vita) e 8 (diritto al rispetto della vita privata) della CEDU – impone agli Stati l'onere di adottare misure adeguate e proporzionate per proteggere la vita e la salute di coloro che sono sottoposti alla propria giurisdizione, specie dei più vulnerabili. L'obbligo vaccinale può dunque essere imposto, in presenza di uno scopo legittimo e quando gli interventi siano proporzionati allo scopo perseguito.
In tale ottica un obbligo vaccinale generalizzato può ragionevolmente rinvenirsi nell'interesse pubblico e nell'esigenza sociale di protezione della salute collettiva, nonché nel vincolo di solidarietà tra i consociati.
I primi dubbi possono essere però sollevati in ordine alla proporzionalità e all'invasività dell'intervento in rapporto alla libertà di autodeterminazione degli individui.
Altra questione e' quella relativa alla discrezionalità del legislatore nel disciplinare la sanzione per il mancato adempimento dell'obbligo vaccinale.
La Costituzione riconosce il diritto alla salute, a tal punto da giustificare compressioni di altri interessi pubblici ugualmente meritevoli di tutela. In una situazione di emergenza, le limitazioni alle altre libertà e ai diritti inviolabili sembrano tanto più giustificate ed accettabili, stante l'importanza preminente della salute pubblica, ai sensi dell'art. 32 della Costituzione.
La scelta tra obbligo o raccomandazione ai fini della somministrazione del vaccino costituisce in particolare il punto di equilibrio, in termini di bilanciamento tra valori parimenti tutelati dalla Costituzione (nonché sulla base dei dati e delle conoscenze scientifiche disponibili), tra autodeterminazione del singolo da un lato (rispetto della propria integrità psico-fisica) e tutela della salute (individuale e collettiva) dall'altro.
Il bilanciamento in questione è proporzionale se il pericolo per la salute collettiva "non deve essere evitabile con misure alternative all'imposizione di un trattamento sanitario obbligatorio, in quanto in caso contrario lo Stato sarà tenuto a porre in essere le misure, diverse dai trattamenti sanitari obbligatori, in grado di evitare il pericolo per la salute collettiva senza il sacrificio della libertà personale dei cittadini".
Per valutare la ragionevolezza e la proporzionalità del bilanciamento operato dal legislatore, è necessario il riferimento al dato tecnico-scientifico. Il rapporto tra scienza e diritto, si inserisce anche come questione fondamentale nell'apprezzamento delle scelte del legislatore da parte del Giudice costituzionale, e altresì, di conseguenza per la valutazione di legittimità degli altri atti subordinati alla legge sottoposti anzitutto alla valutazione del giudice amministrativo.
Va però chiarito che il concetto di non "normalità" o di eccezionalità che giustifica la prevalenza dell'interesse collettivo deve essere contemperato con il principio di precauzione.
La Corte costituzionale (n. 5 del 2018) ha chiarito che la copertura vaccinale è strumento di prevenzione e richiede di essere messa in opera indipendentemente da una crisi epidemica in atto.
Deve perciò concludersi che rientra nella discrezionalità del Governo e del Parlamento intervenire prima che si verifichino scenari di allarme. L'interesse collettivo, dunque, pare poter essere legittimamente considerato come prevalente già in una situazione di emergenza sanitaria, giacché il primo obiettivo è evitare l'epidemia e, ove il tentativo sia risultato infruttuoso, reprimerla efficacemente.
Pertanto l'interesse della collettività alla salute prevale sul diritto individuale e giustifica siffatte limitazioni a prescindere dall'attualità dell'emergenza.
In materia di sanzioni derivanti dall'inadempimento queste dovrebbero essere di natura amministrativa, così come previsto in Austria. Infatti, l'adozione di sanzioni penali paralizzerebbe il lavoro delle Procure della Repubblica e della polizia giudiziaria.
Va da sè la sanzione "indiretta" più efficace è rappresenta dal divieto di accedere a qualsiasi servizio limitando o impedendo qualsiasi ipotesi di socialità o convivialità (sport, turismo, ristorazione, ecc.).
Le suddette limitazioni per essere legittime non dovranno rivestire un carattere direttamente sanzionatorio o punitivo ma dovranno essere giustificate dalla necessità di contenimento dei contagi.
Infatti, se si trattasse di riserva di legge formale, nella materia potrebbe intervenire solo la legge del Parlamento, mentre non possono farlo atti aventi forza di legge, come decreti legge o decreti legislativi del governo.
Di fatto, poi, le materie disciplinate da riserva di legge formale sono quelle coperte da riserva di assemblea.
La riserva di legge formale è tipica dei casi in cui si vuole riservare al solo parlamento la possibilità di adottare un determinato atto, ed è dunque soprattutto utilizzata per quanto riguarda gli atti autorizzatori dell'assemblea.
Basti pensare alla legge di bilancio, la cui natura autorizzatoria è sottolineata dalla stessa Costituzione all'art. 81.
La stessa ratio impone di considerare riserva di legge formale la conversione di decreti legge, così come la delega della funzione legislativa nel caso di adozione di decreti legislativi. Se non fosse imposta una simile riserva, si potrebbe in questi casi procedere con atti aventi forza di legge, falsando in modo inaccettabile la natura dei rapporti tra l'esecutivo e il legislativo.
Al riguardo, si ritiene che nel caso in esame, l'andamento incontrollabile e vorticoso della pandemia derivante dal diffondersi del Covid-19 consenta l'adozione, nel caso di obbligo vaccinale, di una riserva di legge materiale che potrebbe quindi realizzarsi anche con lo strumento del decreto legge.
In conclusione, come è stato osservato, "L'iperproduzione di doveri, se avviene nel rispetto delle garanzie e della proporzione, resta estranea alla sospensione del diritto", nondimeno se essa è rispettosa del principio di tassatività dei doveri ne assicura pienamente la funzione garantistica.