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Data: 25/01/2022 06:00:00 - Autore: Margherita Marzario Nei confronti di bambini e ragazzi servizi carenti e diritti negati è, purtroppo, un binomio diffuso. Non c'è un'adeguata tutela dei bambini, perché mancano formazione e informazione, sensibilità e maturità, responsabilità e adultità. Lacune presenti soprattutto in coloro che rivestono ruoli di responsabilità, anche perché a livello centrale si tagliano spese e investimenti relativi a scuola e sanità, a danno dei più deboli. Il giurista Gustavo Zagrebelsky, nel saggio "Senza adulti" (Einaudi 2016), scrive: "Dove sono gli uomini e le donne adulte, coloro che hanno lasciato alle spalle i turbamenti, le contraddizioni, le fragilità, gli stili di vita, gli abbigliamenti, le mode, le cure del corpo, i modi di fare, persino il linguaggio della giovinezza e, d'altra parte, non sono assillati dal pensiero di una fine che si avvicina senza che le si possa sfuggire? Dov'è finito il tempo della maturità, il tempo in cui si affronta il presente per quello che è, guardandolo in faccia senza timore? Ne ha preso il posto una sfacciata, fasulla, fittiziamente illimitata giovinezza, prolungata con trattamenti, sostanze, cure, diete, infiltrazioni e chirurgie; madri che vogliono essere e apparire come le figlie e come loro si atteggiano, spesso ridicolmente. Lo stesso per i padri, che rinunciano a se stessi per mimetizzarsi nella cultura giovanile dei figli". Si ha bisogno dell'adultità e in particolare della genitorialità, che è la forma massima di adultità, per la salute di ognuno e di tutti, per la distinzione tra diritti e doveri: "La promozione della salute sostiene lo sviluppo individuale e sociale fornendo l'informazione e l'educazione alla salute, e migliorando le abilità per la vita quotidiana. In questo modo, si aumentano le possibilità delle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e sui propri ambienti, e di fare scelte favorevoli alla salute. È essenziale mettere in grado le persone di imparare durante tutta la vita, di prepararsi ad affrontare le sue diverse tappe e di saper fronteggiare le lesioni e le malattie croniche. Ciò deve essere reso possibile a scuola, in famiglia, nei luoghi di lavoro e in tutti gli ambienti organizzativi della comunità. È necessaria un'azione che coinvolga gli organismi educativi, professionali, commerciali e del volontariato, ma anche le stesse istituzioni" (il paragrafo "Sviluppare le abilità personali" della Carta di Ottawa per la promozione della salute, 1986). Secondo lo psicologo e psicoterapeuta Fulvio Scaparro: "Molti di coloro che rientrano nell'età di mezzo temono di invecchiare e considerano la vecchiaia non come una fase normale della vita di ogni essere umano ma come una vera e propria disgrazia. Fanno di tutto per allontanare questo spettro e barano per esorcizzarlo con interventi chirurgici, atteggiamenti giovanilistici, amori improbabili, prestazioni fisiche al limite del sopportabile". Urge il recupero di adultità, autorità e autenticità affinché i giovani possano essere tali. "L'apprendimento delle regole carcerarie è per molti la prima forma di educazione comunitaria che ricevono e gli adulti che incontrano là dentro hanno l'impegno di un duplice equilibrismo: quello di fare veci genitoriali restando consapevoli che la parola genitore per molti di loro evoca spesso la relazione più distruttiva che hanno conosciuto" (la scrittrice Michela Murgia sull'istituto penale minorile di Nisida). Sono in aumento bullismo, cyberbullismo, dipendenze, delinquenza minorile e altre manifestazioni perché diminuiscono l'educazione, l'adultità, la genitorialità, la responsabilità, i limiti, la comunità e soprattutto la presenza della famiglia. Quanto emerge dai dati oggettivi e dagli studi di esperti e come si legge pure in varie fonti, tra cui la Carta europea dei diritti del fanciullo del 1992: "[…] considerando che l'infanzia di un individuo e le caratteristiche particolari dell'ambiente familiare e sociale ne determinano in buona parte la successiva vita da adulto, sottolineando in particolare il ruolo fondamentale che la famiglia e la sua stabilità svolgono nello sviluppo armonico ed equilibrato del bambino". La giornalista Rosanna Biffi afferma: "La corsa continua a un ideale di sé mai raggiunto rischia di annullare il piacere di vivere con ciò che si è. In molti casi, si vuole cambiare l'esteriorità perché non si sanno affrontare disagi che sono interiori. Ben venga ciò che migliora l'aspetto senza tiranneggiarci, ma anche nel campo dell'immagine occorrono discernimento e un po' di sano amore per se stessi. Quello per il quale apprezziamo i nostri lati positivi e perdoniamo i nostri difetti, una volta ammessi. Quello che ci fa andare incontro agli altri e alla vita e così ci rende vivi, partecipi del mondo e aperti a emozioni e sentimenti. In una parola, belli". "Si educa alla bellezza attraverso la bellezza": si educa al bello attraverso l'adultità, la maturità di accettarsi ed essere se stessi e così si inculca anche al fanciullo il rispetto dei genitori e della sua identità (art. 29 lettera e Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia). L'educazione stessa è una forma di bellezza e passa soprattutto attraverso l'esempio, l'esserci, l'armonia relazionale. In famiglia, però, sempre più spesso non è così. "Inutile nasconderselo, la dinamica della relazione uomo-donna, realisticamente, non è sempre facile da gestire, è complessa. Ma è anche una sfida da cogliere se vogliamo non abdicare alla nostra umanità. Eppure ci sono momenti belli in cui si crea un'intesa tra maschile e femminile. Vivere questi momenti appaga, fa maturare, dona gioia. L'armonia è un mito, lo sappiamo, però ci sono situazioni in cui si dice «oh, che bello, ho scoperto la differenza del tuo pensiero e del tuo modo di vedere, ho scoperto qualcosa di più di te che mi arricchisce e scoprendo questo mi accorgo di come sono diversa io e come insieme possiamo comporre un pezzettino di quell'armonia cui aspira il nostro cuore». Si nasce uomo e donna. Poi c'è tutto un apporto relazionale, culturale e psicologico che s'innesta su questa componente di base, e per diventare un bell'uomo o una bella donna il cammino è più complicato. Nel passato la coppia viveva in un contenitore culturale, sociale e religioso, meno fluido, oggi i sociologi parlano di coppia «autopoietica», che si costruisce da sé, a cui mancano perfino i riferimenti generazionali" (secondo gli esperti di coppie Michelangelo Tortalla e Enrica Oddone). Adultità è conoscenza e consapevolezza del sé, di sé e dell'altro/a. In tal modo si fa anche prevenzione primaria degli elevati costi economici e sociali di separazioni/divorzi e delle famiglie lacerate. Sui cosiddetti genitori "sbagliati" lo psicoterapeuta Alberto Pellai precisa: "[…] quella categoria di genitori che proprio non riescono a essere felici quando i loro figli lo sono. Che non ce la fanno a gioire delle loro gioie. Sono persone che stanno ben quando riescono ad affermare il proprio potere sugli altri, a metterli in difficoltà, a farli sentire piccoli piccoli. Così loro si sentono "enormi", dei veri giganti. Questi adulti, un po' irrisolti, probabilmente soffrono di un disturbo di personalità narcisistico, perché proprio come Narciso non riescono a cercare lo sguardo dell'altro, a incontrare chi hanno di fronte nel suo mistero, nella sua integrità, nella sua verità. Sanno solo guardare continuamente sé stessi". Nella legge 4 maggio 1983 n. 184 "Diritto del minore ad una famiglia" all'art. 6, tra i requisiti per l'adozione di un figlio, si richiede un'unione matrimoniale pluriennale ed effettiva e che i "coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare". Una coppia, seppur legata da amore durevole, non è detto che abbia l'adultità e l'idoneità di generare un figlio. Oltre alla sterilità di coppia vi sono casi di sterilità genitoriale. Si dovrebbe diventare genitori solo se raggiunta l'adultità (che non è una questione di età) e si dovrebbe rivelare adultità in ogni situazione riguardante i figli. "Fa tristezza pensare che molti genitori post-sessantottini hanno messo in atto proprio questa sanguinosa pedagogia: scegli tu, ti lascio libero. A un bimbo di sette anni bisogna dare punti d'appoggio, non pinnacoli da cui buttarsi. Un bimbo ha bisogno di ordine, di orari. Non può dover scegliere a che ora andare a letto o mangiare. È interessante che questi bimbi spesso diventano, da adolescenti, dei soldatini a caccia di regole, squadrati dall'orrore del disordine. Te li ritrovi ventenni senza una singola linea retta interiore, e pieni di rette esteriori, per reggersi in piedi. Poi, poveri cuccioli, se trovano un punto di riferimento esterno valido ti consegnerebbero il cuore tanto ne sono felici" (don Fabio Rosini). La vita è una caccia al tesoro in cui è necessario avere delle indicazioni e i bambini e ragazzi hanno bisogno degli adulti che devono rivelare la vera adultità: "[…] impartire a quest'ultimo [il fanciullo], in modo consono alle sue capacità evolutive, l'orientamento ed i consigli necessari" (art. 5 Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia). Lo psicologo e psicoterapeuta Fabrizio Fantoni spiega: "Nella preadolescenza soprattutto, tra i 10 e i 13 anni, è notevole lo scarto tra queste pressioni interne e l'immaturità dell'apparato mentale, chiamato a "digerire" questa situazione nuova e perturbante. Molti ragazzi a quest'età mancano di quegli strumenti di pensiero e di espressione che arriveranno solo nell'adolescenza piena. Di qui la comparsa misteriosa di sintomi fisici che esprimono ciò che il pensiero e la parola faticano a dire. Questo vale in particolare per chi ha minore facilità di espressione verbale. Bisogna pure ricordare che anche i genitori sono chiamati a confrontarsi con gli eventi della loro preadolescenza e talvolta i cambiamenti dei figli diventano cassa di risonanza che amplifica lontani malesseri, complicando involontariamente la pubertà dei ragazzi. L'indicazione di rivolgersi a uno psicologo è quanto mai opportuna, affinché i cambiamenti non metabolizzati […] possano essere affrontati. Senza dimenticare l'utilità delle relazioni vive e continuative con i coetanei, che rassicurano i ragazzi sulle trasformazioni e aiutano a dare un senso positivo". Durante i cambiamenti adolescenziali dei figli i genitori devono manifestare la loro adultità e non l'adultescenza, come sovente avviene. L'adolescenza dei figli comporta anche l'adolescenza della genitorialità e della famiglia, ovvero la necessità di cambiare per crescere e affrontare i cambiamenti. "È essenziale mettere in grado le persone di imparare durante tutta la vita, di prepararsi ad affrontare le sue diverse tappe e di saper fronteggiare le lesioni e le malattie croniche. Ciò deve essere reso possibile a scuola, in famiglia, nei luoghi di lavoro e in tutti gli ambienti organizzativi della comunità. È necessaria un'azione che coinvolga gli organismi educativi, professionali, commerciali e del volontariato, ma anche le stesse istituzioni" (dalla Carta di Ottawa per la promozione della salute, 1986). Sull'adolescenza il pedagogista Daniele Novara precisa: "È il tempo del padre, o comunque del paterno, nel caso in cui il padre proprio non ci sia. Smettere di trattarli come bambini, sospendere ogni sorta di smanceria, consente di mettere la giusta distanza e mantenere un'adeguata dimensione educativa. Tirar fuori il padre dalla naftalina e aiutarlo a gestire i figli già grandi crea quel sano gioco di squadra così importante e decisivo per superare indenni le turbolenze di un'età bellissima e inquieta". Padre e madre, tenore e soprano, violino e viola: quello di cui ha bisogno e cui ha diritto ogni figlio, soprattutto nell'età dell'adolescenza per prepararsi al concerto della vita, per fare il salto di qualità verso l'adultità. La scrittrice Mariapia Veladiano aggiunge: "Non si aspettano i voti raccontati dai figli in un parlarsi che ci fa incontrare, magari quando il quattro è già stato recuperato, e per loro è più facile dire e per noi è bello rassicurare «bravo, hai saputo riparare». I voti arrivano sul telefonino grazie a una app, sempre gratuita, l'immediato ci viene svenduto, al prezzo occultato di un perenne stare online, disponibili, collegati a milioni di fili che ci collocano in un punto preciso della terra, a fare un atto preciso e cioè guardare proprio dove ci viene fatto guardare, a formulare un pensiero sociale, politico, economico, artistico, religioso già preparato e dato, usando le parole con cui l'online riesce a comandare il nostro parlare. Originalità controllata da remoto. Come si può davvero pensare di dare alla luce un futuro (un figlio, addirittura un figlio?), credere che il nostro piccolo agire possa rendere il mondo diverso e migliore?". Con i mezzi tecnologici o moderni si è persa l'attesa e tutto ciò che comportava: non si aspetta più la nascita di un figlio per conoscerne il sesso; non si aspetta più la mancanza del ciclo mestruale per sapere di una gravidanza o l'inizio della menopausa o altro; non si aspetta più che salga qualcuno a casa per vederne l'identità; non si aspetta più la fila per fare la spesa perché la si può ordinare con un tasto; non si aspetta più l'arrivo di qualcuno in viaggio perché se ne ha notizia passo passo; non si aspetta più un temporale o il ritorno del bel tempo perché si è bombardati dalle previsioni sempre più precise; non si aspetta più il ritorno dei parenti emigrati per far festa; non si aspetta più l'andatura stanca e lenta di un vecchietto; non si aspetta più… Perdendo il gusto e il senso dell'attesa si sono perse tante emozioni, tante situazioni, tante relazioni, l'attraversare il proprio tempo, il riempire la propria memoria, il costruire tante storie. In ogni politica ed intervento pro infanzia e adolescenza si dovrebbe tener conto, tra le tante fonti, della Raccomandazione della Commissione europea del 20 febbraio 2013 "Investire nell'infanzia per spezzare il circolo vizioso dello svantaggio sociale" (2013/112/UE), la cui rubrica è già esplicativa e cioè occorre investire. Oggi latita l'adultità: la coscienza dei doveri e compiti verso le generazioni presenti e future. E a molti adulti di oggi mancano pazienza, preparazione, pratica, professionalità e altre qualità, anche perché sono egocentrati. L'adultità dovrebbe essere, tra l'altro, saldezza come una montagna che rivela i rischi e la fatica del salirvi ma, al tempo stesso, mostra quanto sia emozionante ed entusiasmante arrivarci perché, da quell'altezza, si ha un'altra prospettiva e si ha la voglia di scalare nuove vette. Così si può "preparare appieno il fanciullo ad avere una vita individuale nella società, ed allevarlo nello spirito degli ideali" (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia). Genitorialità è la più elevata forma di adultità, maturità, responsabilità, solidarietà. Avere un figlio insegna ad aspettare, ad ascoltare, ad incontrare: come quando si porta in grembo un figlio che s'impara a tacere per sentirne il battito, i movimenti, a passare la mano sul grembo per riconoscere le parti del nuovo corpicino o per calmarne i calci e, poi, si continua la propria vita in tranquillità rispetto al feto che continua la sua. Tenendo conto di questi tempi e interscambi fisiologici, la tecnologia non deve far diventare "tecnopatici" o "tecnocrati" in famiglia. "Il futuro dell'umanità e del nostro pianeta è nelle nostre mani. Si trova anche nelle mani delle nuove generazioni, che passeranno il testimone alle generazioni future. Abbiamo tracciato la strada verso lo sviluppo sostenibile; servirà ad assicurarci che il viaggio avrà successo e i suoi risultati saranno irreversibili" (obiettivo n. 53 dell'Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile). "Un albero è tempo reso visibile" (il botanico francese Francis Hallé): così un adulto e così si dovrebbe consentire a un bambino di diventare adulto. Il futuro dell'umanità è nella famiglia, in ogni famiglia.
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