Data: 27/01/2022 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Reticenza: significato

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Il termine reticenza designa la condotta di chi è reticente ovvero nasconde o tace circostanze o fatti di cui è a conoscenza. Dal punto di vista giuridico, quando un soggetto è chiamato a rendere note certe informazioni di cui è a conoscenza ed è reticente, va incontro a conseguenze che sono diverse a seconda che si tratti di un contesto penale o civile.

Reticenza del testimone in sede penale

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Il codice di procedura penale utilizza nello specifico il termine reticenza nell'art. 207 c.p.p dedicato ai "Testimoni sospettati di falsità o reticenza. Testimoni renitenti". La norma recita testualmente "1. Se nel corso dell'esame un testimone rende dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le prove già acquisite, il presidente o il giudice glielo fa rilevare rinnovandogli, se del caso, l'avvertimento previsto dall'articolo 497 comma 2. Allo stesso avvertimento provvede se un testimone rifiuta di deporre fuori dei casi espressamente previsti dalla legge e, se il testimone persiste nel rifiuto, dispone l'immediata trasmissione degli atti al pubblico ministero perché proceda a norma di legge. 2. Con la decisione che definisce la fase processuale in cui il testimone ha prestato il suo ufficio, il giudice, se ravvisa indizi del reato previsto dall'articolo 372 del codice penale, ne informa il pubblico ministero trasmettendogli i relativi atti."

In base a quanto sancito da questa norma il testimone è reticente quando tace informazioni di cui è a conoscenza. In questo caso il giudice che lo sta esaminando deve avvertirlo che, ai sensi dell'art. 497 c.p.p, il testimone è obbligato a dire la verità e che se procede con tale condotta gli atti verranno trasmessi al PM affinché proceda ai sensi della legge.

Ai sensi dell'art. 372 c.p infatti, che punisce la falsa testimonianza "Chiunque, deponendo come testimone innanzi all'Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni."

Reticenza del testimone in sede civile

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La reticenza ha conseguenze penali anche quando un soggetto è chiamato a rendere testimonianza in sede civile. A stabilirlo è l'articolo 256 c.p.c, dedicato proprio al rifiuto di deporre e alla falsità della testimonianza. La norma nello specifico dispone che "Se il testimone, presentandosi, rifiuta di giurare o di deporre senza giustificato motivo, o se vi è fondato sospetto che egli non abbia detto la verità o sia stato reticente, il giudice istruttore lo denuncia al pubblico ministero, al quale trasmette copia del processo verbale."

La denuncia al PM, nei confronti del testimone reticente, ha ad oggetto il reato di falsa testimonianza visto sopra, contemplato dall'art 372 c.p.

Reticenza in altri contesti di rilievo giuridico

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La reticenza, come abbiamo visto è un termine che viene utilizzato in maniera propria, nel processo civile e penale quando si fa riferimento ai testimoni. In realtà la reticenza può riguardare anche altri soggetti e altri contesti.

Reticenza della parte processuale in sede civile

Pensiamo alla parte di un processo che viene chiamata dal giudice a rendere interrogatorio davanti al giudice e, come contemplato dall'art. 232 c.p.c non risponde al giudice perché si rifiuta di farlo o perché non si presenta proprio all'udienza. L'atteggiamento reticente, come per il testimone nei casi visti sopra, gioca completamente a sfavore del soggetto che è a conoscenza di certi fatti, ma li tace.

Nel momento infatti in cui è una delle parti in causa a dover rispondere in giudizio su certi fatti e non lo fa, il soggetto giudicante "valutato ogni altro elemento di prova può ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio."

Reticenza nel contratto assicurativo

La reticenza, sempre in ambito contrattuale, ma in modo assai più specifico, viene contemplata nella disciplina codicistica del contratto assicurativo. L'art 1892 c.c intitolato nello specifico "Dichiarazioni inesatte e reticenze con dolo o colpa grave" prevede che "1. Le dichiarazioni inesatte e le reticenze del contraente, relative a circostanze tali che l'assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose, sono causa di annullamento del contratto quando il contraente ha agito con dolo o con colpa grave. 2.L'assicuratore decade dal diritto d'impugnare il contratto se, entro tre mesi dal giorno in cui ha conosciuto l'inesattezza della dichiarazione o la reticenza, non dichiara al contraente di volere esercitare l'impugnazione. 3. L'assicuratore ha diritto ai premi relativi al periodo di assicurazione in corso al momento in cui ha domandato l'annullamento e, in ogni caso, al premio convenuto per il primo anno. Se il sinistro si verifica prima che sia decorso il termine indicato dal comma precedente, egli non è tenuto a pagare la somma assicurata. 4 Se l'assicurazione riguarda più persone o più cose, il contratto è valido per quelle persone o per quelle cose alle quali non si riferisce la dichiarazione inesatta o la reticenza."

Uno degli esempi più tipici di reticenza che investe i contratti assicurativi è quella del soggetto che stipula una polizza per l'assicurazione sulla vita, sapendo di essere affetto di una malattia terminale. In casi come questi le conseguenze della reticenza sono l'annullamento del contratto e, nel caso previsto dalla norma, l'inefficacia del contratto nei confronti dell'assicuratore.

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