Data: 31/01/2022 06:00:00 - Autore: Bruno Acquas

Chi sono gli influencer?

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Il termine ha origine anglofona ed � ormai utilizzato comunemente per definire una categoria di soggetti in grado di influenzare, in maniera diretta e/o indiretta, una variegata moltitudine di utenti tramite la diffusione telematica (come ad esempio avviene su Facebook, Instagram, Twitter, Youtube, Snapchat, Tik Tok, ecc.) di foto, video e commenti che mostrano sostegno o approvazione per determinati prodotti/servizi altrui, generando in questo modo un effetto pubblicitario per conto terzi.
Tale forma di comunicazione, inizialmente utilizzata per lo pi� da personaggi di una certa notoriet�, si sta diffondendo considerevolmente, a prescindere dall'effettivo numero di seguaci (followers).

La posizione dell'A.G.C.M.

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Ebbene, l'Autorit� Garante della Concorrenza e del Mercato ha in pi� occasioni ribadito che anche i cc.dd. influencer devono rispettare le disposizioni contenute nel D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 (Codice del Consumo).
Ed infatti, non sono pochi i casi in cui si assiste a svariate violazioni in tema di pubblicit� occulta, ingannevole e scorretta, di cui agli artt. 20, 21, 22 e 23 del Codice del Consumo.
A tal riguardo, l'A.G.C.M. ha di recente avviato una istruttoria nei confronti sia di una nota societ� operante nel settore alimentare, sia di alcuni "micro-influencer" che avevano pubblicizzato alcuni prodotti appartenenti alla societ� medesima.
Il procedimento in discorso si � concluso senza sanzioni con la pronuncia n. 28167/2020, stante gli impegni assunti dai soggetti coinvolti. Tuttavia, da questa pronuncia � comunque possibile ricavare alcuni corollari rilevanti in materia:
- in primo luogo, l'A.G.C.M. ha ritenuto illegittima la pubblicazione di foto e/o video a scopo promozionale, in considerazione del fatto che gli influencer non avessero posto l'attenzione sulla natura pubblicitaria di quanto condiviso nei propri canali social;
- in secondo luogo, l'A.G.C.M. stesso - seppur in maniera indiretta - ha affermato come sia sufficiente scrivere un hashtag o una descrizione che consenta ai consumatori di identificare come pubblicitario quel determinato contenuto.
Nella prassi si � soliti utilizzare dei termini di origine anglofona, quali - ad esempio - #adv (abbreviazione di advertising, ossia pubblicit�), #giftby (regalato da), #suppliedby (terminologia ancora legata a servizi offerti gratuitamente all'influencer), ecc.
Sul punto l'A.G.C.M. ha ritenuto che la menzione di tali hashtag in lingua estera fosse sufficiente a rendere legittima l'attivit� pubblicitaria.
A modesto parere dello scrivente, invece, la illustrazione della propria attivit� pubblicitaria con termini in inglese (alcuni addirittura abbreviati) non � idonea a tutelare una vasta platea di consumatori, i quali - per ragioni anagrafiche e/o culturali - potrebbero non avere i mezzi per percepire autonomamente la natura pubblicitaria di quanto viene condiviso.
Alla luce di quanto brevemente esposto finora, allo scopo di sensibilizzare sull'argomento, � il caso di rilevare che l'eventuale violazione delle summenzionate disposizioni del Codice del Consumo pu� comportare la comminazione di sanzioni talvolta molto elevate, ragion per cui � onere (e interesse) di chi commissiona una determinata campagna pubblicitaria, ancorch� occasionale, vigilare sull'operato degli influencer incaricati.
A sua volta questi ultimi, quantomeno ai fini dell'applicazione delle disposizioni in parola, sono direttamente perseguibili dall'Autorit� competente, fermo il risarcimento del danno per eventuali inadempienze contrattuali nei confronti del soggetto che ha richiesto la loro opera professionale o occasionale che sia.

L'utilizzo illegittimo dei marchi altrui

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Da ultimo, � interessante vedere brevemente una diversa faccia della medaglia in commento. Ed infatti, capita spesso che molti micro-influencer condividano delle proprie foto ove si vedono prodotti di note societ� terze, le quali - come si dice in gergo - vengono "taggate" a loro insaputa.
Tale attivit� spesso cela un tentativo dell'influencer di conseguire visibilit�, magari proprio con quella determinata societ�, nella speranza di poter instaurare un rapporto commerciale. O, peggio ancora, nasconde un tentativo di voler far credere all'utenza di aver instaurato un rapporto giuridico con la prestigiosa impresa "Alfa", all'ulteriore scopo di acquisire indebitamente maggior prestigio agli occhi del proprio pubblico e di altri potenziali partner commerciali.
A tal proposito, emergono subito due criticit�:
- la societ� titolare del marchio, qualora l'influencer non dovesse rispettare le disposizioni del Codice del Consumo, potrebbe essere comunque sottoposta ad istruttoria dell'A.G.C.M. a causa dell'apparente collegamento tra la societ� medesima e l'influencer in cerca di visibilit�, ma con cui in realt� non esiste alcun rapporto commerciale;
- l'influencer, stante l'assenza di un'autorizzazione e di un rapporto commerciale a monte, potrebbe essere condannato al risarcimento del danno (laddove esista effettivamente un pregiudizio) e gli potrebbe anche essere inibito l'utilizzo (apparentemente pubblicitario e improprio) del marchio in questione.
Al contempo, quand'anche esista un rapporto commerciale tra le rispettive parti, pu� capitare che l'influencer violi le previsioni contrattuali e/o comunque ponga in essere un'attivit� lesiva dell'immagine della societ� che ha richiesto le sue prestazioni. E' evidente che in tali casi, se sussistono i presupposti, sar� possibile inibire la prosecuzione dell'attivit� astrattamente pubblicitaria, ma concretamente lesiva, nonch� domandare il risarcimento dei danni subiti.

Conclusioni

In realt�, a modesto avviso dello scrivente, pare esistere una diffusa (e sbagliata) convinzione che quanto avvenga sui social sfugga dal c.d. mondo reale e dalle sue regolamentazioni.
Tuttavia, come si � visto, le potenziali problematiche a carattere giuridico sono variegate e possono comportare conseguenze anche molto gravi a seconda dei casi: sotto un profilo penale si pensi, ad esempio, visto il recente proliferare di divulgatori in materia, alla possibilit� di commettere il reato di abusivismo finanziario (D. Lgs. 58/1998, art. 166); sotto un profilo civilistico e/o amministrativo possiamo fare esemplificativamente riferimento a quanto sinteticamente illustrato poc'anzi; infine, sotto un profilo tributario si pensi alle violazioni tipiche di soggetti che non aprono la partita iva, nonostante siano - invece - tenute a farlo.

Avv. Bruno Acquas

Via Roma 149 - Cagliari

brunoacquas@yahoo.it / 070670212


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