Data: 28/02/2022 06:00:00 - Autore: Redazione

I motivi del conflitto

[Torna su]

Dopo settimane di tentativi di accordo, che hanno visto la vana intermediazione di molte forze europee, all'alba del 24 febbraio 2022 il Governo russo ha annunciato in diretta televisiva l'inizio dell'attacco armato contro l'Ucraina.

L'origine dei conflitti tra i due Paesi risale esattamente al 24 agosto del 1991, giorno in cui l'Ucraina dichiara la propria indipendenza dal Cremlino, poi approvata con un referendum dal risultato schiacciante a favore della fine dell'appartenenza all'Unione Sovietica (circa il 92% della popolazione si è espressa a favore). La dichiarazione di indipendenza aveva il preciso scopo di avviare un processo di "occidentalizzazione" che consentisse all'Ucraina di diventare una potenza ancora più importante a livello economico e di entrare a far parte dell'Unione europea e della Nato. Tale volontà, tuttavia, è stata di fatto vanificata dal susseguirsi alla guida del Paese di leader comunque collegati a Mosca, tra cui Leonid Krav?u, Leonid Ku?ma e, da ultimo Viktor Janukovy?.

Il momento di rottura definitivo con Mosca arriva proprio nel 2004 quando, a seguito di brogli elettorali e gravi episodi di corruzione in fase di elezioni, la nomina del leader filo-russo Viktor Janukovy? viene annullata a favore del candidato filo-occidentale Viktor Juš?enko. Inoltre, all'interno della stessa Ucraina si contrappongono da decenni forze di stampo politico opposto. In particolare, nella zona più orientale, denominata Donbass, dal 2014 sono in atto rivolte armate per ottenere l'indipendenza dal Governo ucraino.

Vladimir Putin ha siglato da pochi giorni l'accordo con i separatisti, per difendere militarmente la zona di Donbass, altro motivo con cui Mosca giustifica la guerra all'Ucraina.

Dietro l'attacco di Putin, come riporta ItaliaOggi citando lo scoop del settimanale tedesco Der Spiegel (basato su un documento desecretato), ci sarebbe la mancata promessa, da parte dei leader dei paesi più importanti della Nato, che "l'Alleanza atlantica non sarebbe avanzata verso Est «neppure di un centimetro». Una promessa smentita dai fatti, visto che da allora ben 14 paesi sono passati dall'ex impero sovietico all'alleanza militare atlantica".

Da qui le contromosse di Putin: "la guerra in Georgia, l'occupazione della Crimea, l'appoggio ai separatisti del Donbass, lo schieramento di oltre centomila soldati al confine con l'Ucraina, infine la dura linea diplomatica con cui ha ribattuto alle minacce di sanzioni da parte di Usa ed Ue: «Mosca è stata imbrogliata e palesemente ingannata»".

Ragioni confermate anche dal quotidiano Il Manifesto che ripercorre anche le gravi responsabilità dell'Unione Europea, fin da quando Gorbaciov offrì il ritiro militare dai Paesi del Patto di Varsavia, con l'impegno a non estendere a Est la Nato.

Guerra e diritto internazionale

[Torna su]

Aldilà dei motivi del conflitto, analizziamo dal punto di vista giuridico, la possibilità di far ricorso alla guerra come strumento di risoluzione di controversie a livello internazionale. Si tratta, come evidente, di un tema controverso, che ha catalizzato l'attenzione sempre più massiccia delle Comunità internazionali.

La questione sottende un delicato bilanciamento tra sovranità statale e il diritto internazionale, concepito come limite alla sovranità stessa. Del resto, per secoli gli Stati hanno reputato l'esistenza di un vero e proprio diritto alla guerra, laddove qualificata come "giusta", in quanto diretta espressione della loro sovranità.

La legittimità giuridica dei conflitti armati ha iniziato ad essere messa in discussione da molte fonti sovranazionali firmate e ratificate dagli Stati soprattutto a seguito della Prima Guerra mondiale. Il diritto internazionale moderno ha, infatti, posto una serie di limitazioni al ricorso alla guerra, soprattutto a partire dall'istituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.

L'art. 2 della Carta dell'ONU prevede espressamente l'obbligo per gli Stati membri di risolvere le controversie internazionali in maniera pacifica, in modo tale che "la pace e la sicurezza internazionale e la giustizia, non siano messe in pericolo". Gli Stati, pertanto, non devono né ricorrere all'uso della forza, né semplicemente minacciarla, in particolare se diretta a ledere l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Paese. I presupposti e i caratteri della crisi ucraina pongono seri dubbi di legittimità alla luce dei principi fondamentali del diritto internazionale.

La guerra come crimine internazionale

[Torna su]

Da questa premessa sorge il quesito se la guerra integri una fattispecie di reato a livello internazionale.

Sul punto si sono dibattute tesi contrastanti, le une volte ad esaltare il ruolo cogente del diritto internazionale e, in particolare della Carta ONU a partire dagli Anni Cinquanta, le altre volte a far prevalere il conflitto armato come forma di autotutela necessaria per gli Stati.

L'orientamento dottrinale ad oggi prevalente è ormai pacifico nel configurare l'art. 2 della Carta ONU come norma imperativa di diritto internazionale, la cui violazione comporta l'integrazione di un vero e proprio crimine.

La posizione dell'Italia nel conflitto Ucraina - Russia

[Torna su]
Quesito a cui si aggiunge anche quello che si riferisce alla posizione dell'Italia in relazione all'attuale conflitto est europeo.
Il Premier Draghi, come riportato da Today Italia, ha dichiarato nell'informativa alle Camere: "Le forze italiane che prevediamo essere impiegate dalla Nato sono costituite da unità già schierate in zona di operazioni. Circa 240 uomini attualmente schierati in Lettonia, insieme a forze navali, e a velivoli in Romania; e da altre che saranno attivate su richiesta del Comando Alleato. Per queste, siamo pronti a contribuire con circa 1400 uomini e donne dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, e con ulteriori 2000 militari disponibili. Le forze saranno impiegate nell'area di responsabilità della Nato e non c'è nessuna autorizzazione implicita dell'attraversamento dei confini. L'Italia e la Nato vogliono trasmettere un messaggio di unità e solidarietà alla causa ucraina e di difesa dell'architettura di sicurezza europea".
"Il ritorno della guerra in Europa non può essere tollerato" ha affermato a chiare lettere il premier, riporta Il Sole 24 Ore, ribadendo "il pieno sostegno italiano all'integrità territoriale e alla sovranità dell'Ucraina".
Dichiarazioni concretizzate in un decreto urgente emanato per fronteggiare l'invasione dell'Ucraina e che prevede aiuti, potenziamento delle attività dell'Unità di crisi del Ministero degli Affari esteri, potenziamento del personale militare per la Nato e la semplificazione delle procedure necessarie per dare sostegno e aiuto all'Ucraina.

Il Corriere della Sera, sul coinvolgimento diretto dell'Italia nel conflitto, chiarisce: "Naturalmente per un eventuale coinvolgimento nelle operazioni della Nato serve un voto del Parlamento che autorizzi la missione". In ogni caso, riporta sempre il Corriere della Sera, "le basi Nato in territorio italiano — Vicenza e Sigonella — sono già pienamente operative."

L'Italia, da Costituzione, "ripudia la guerra" (art. 11 Cost.). Tuttavia, l'aspetto da tenere a mente è che l'Italia è membro della Nato e, come affermato dal ministro della difesa Guerini, alla stessa, intende fornire il "pieno supporto alle misure che verranno decise".

Ciò significa, dunque, mezzi militari, disposizione di basi e maggior coinvolgimento in alcune operazioni.

Ed è questo, in sostanza, quanto concretizzato con il decreto urgente approvato dal Consiglio dei Ministri (vedi comunicato stampa allegato), con cui si è disposta, tra l'altro, "la mobilitazione di ulteriori forze ad alta prontezza, denominate 'Very High Readiness Joint Task Force-VJTF”, fino al 30 settembre 2022, attraverso l’impiego di 1350 unità, 77 mezzi terrestri, 2 mezzi navali (a partire dal secondo semestre 2022) e 5 mezzi aerei", nonchè la "cessione alle autorità governative dell’Ucraina, a titolo gratuito, di mezzi e materiali di equipaggiamento militari non letali".

Trattandosi di decreto legge, l'ultima parola ovviamente spetta al Parlamento che dovrà procedere alla sua conversione in legge, pena la perdita di efficacia sin dall'inizio.

Intanto, ciò che è certo è l'impatto che il conflitto ha sul Bel Paese, in termini economici (con l'aumento del prezzo della benzina, del gas e in genere delle materie prime - e dunque delle bollette di luce e gas -, oltre a quello del grano), che si tradurrà, secondo gli esperti, in un punto di Pil in mancata crescita. Senza contare i milioni di profuga in fuga dall'Ucraina.


Tutte le notizie