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Data: 11/04/2022 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate
Risarcimento mancata assunzione donne in gravidanza[Torna su]
Il Tribunale di Roma, con il decreto del 23 marzo 2022 (sotto allegato) condanna ITA a risarcire i danni subiti da due assistenti lavoro, non assunte e neppure selezionate perché in stato di gravidanza. Dalle risultanze probatorie, rileva il Tribunale, emerge la condotta discriminatoria della società perché effettuando un ragionamento basato su dati statistici disponibili, è emerso che la società non ha assunto nessuna donna in stato di gravidanza. Poiché la condotta discriminatoria non richiede la prova dell'elemento soggettivo, alle due assistenti di volo spettano 15 mensilità a ristoro dei danni subiti, importo che ricomprende anche il risarcimento per la perdita di chance. Somme che, precisa il Tribunale, ha anche valore dissuasivo finalizzato ad elidere il vantaggio che la società ha voluto garantirsi non assumendo donne in stato di gravidanza. La vicenda processualeDue assistenti di volo ricorrono al Tribunale di Roma, convenendo in giudizio ITA e chiedendo l'accertamento della condotta discriminatoria della società in relazione alla mancata selezione ed assunzione delle stesse perché in stato di gravidanza. Richiesta altresì la rimozione degli effetti di tale condotta, il risarcimento per i danni patiti quantificato in 15 mensilità e in via subordinata il diritto al risarcimento da perdita di chance. Le donne fanno presente di essere assistenti di volo di Alitalia Sai S.p.a, di aver fatto domanda per l'adesione a I.T.A mentre si trovavano in stato di gravidanza e per questo di non essere state neppure chiamate per il colloquio. Fanno presente che altre sei dipendenti Alitalia e un'altra collega di Linate sono state escluse, secondo loro per lo stesso motivo e che le assunzioni sono state effettuate in base a criteri oscuri. ITA avrebbe quindi agito in maniera del tutto discriminatoria, "attuando la sistematica esclusione delle lavoratrici in gravidanza o puerperio." Piano delle assunzioni da completare[Torna su]
ITA però si difende, sostenendo che il piano assunzionale non era ancora completato, per cui non si poteva affermare l'applicazione di criteri discriminatori, precisando altresì che trovandosi in una fase di start up non fosse vincolata a seguire criteri selettivi specifici. Infondata in ogni caso l'accusa di condotta discriminatoria perché la società non era a conoscenza dello stato di gravidanza delle due assistenti. Nessun dato statistico è stato fornito inoltre per dimostrare la condotta di cui la società viene accusata. Il ricorso nel complesso, anche valutate le domande risarcitorie avanzate, per la società convenuta, è infondato e inammissibile. Discriminatorio non assumere neppure una lavoratrice in gravidanza[Torna su]
Il Giudice, in contrasto con le affermazioni della società resistente, rileva prima di tutto che:
Dopo avere richiamato la normativa in materia come il Codice delle pari opportunità di cui al Dlgs. 198/2006 e la giurisprudenza europea in materia, il giudice evidenzia ricorda che la tutela discriminatoria abbraccia la fase di selezione, quella di assunzione e quella del rapporto lavorativo. Passando al caso di specie non sono credibili le difese della società basate sulla non conoscenza dello stato di gravidanza e sulla mancata assunzione delle due assistenti di volo fondata sulla mancata produzione da parte delle due candidate della certificazione adeguata allo svolgimento dell'attività lavorativa. Prima di tutto perché non è necessaria la volontà di discriminare, bastando la condotta obiettiva e poi perché le assistenti hanno dimostrato di essere in possesso, al momento della domanda, sia del Green Pass che della certificazione d'idoneità medica al lavoro. Mancava loro solo il Recurrent Training, attestazione colmabile con un aggiornamento di uno due giorni. Per il giudice le ricorrenti hanno assolto quindi pienamente all'onere probatorio gravante su di loro, in base a quanto previsto dalla normativa e dalla giurisprudenza interna e comunitaria, nonostante le contestazioni sollevate da controparte. Sulla base poi di dati statistici il giudice rileva che ITA avrebbe dovuto assumere quantomeno 6 o 7 donne in stato di gravidanza. Mancando questo riscontro minimo, è dimostrato che ITA ha assunto un comportamento discriminatorio nelle assunzioni escludendo completamente le lavoratrici che a breve sarebbero diventate mamme. Per quanto riguarda però le domande delle ricorrenti il giudice precisa che non può ordinare a ITA di assumerle, può però riconoscere alle stesse il risarcimento del danni quantificabile in 15 mensilità, tenendo conto del periodo di astensione dal lavoro prima del parto e nei sette mesi successivi alla nascita. Condanna che le ristora anche della perdita di chance e che svolge nel contempo una funzione dissuasiva perché finalizzata ad eliminare il vantaggio che la società ha voluto assicurarsi scartando dalla procedura di assunzione le donne in stato di gravidanza. |
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