Data: 16/04/2022 08:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Onere del paziente provare il nesso causale

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La Cassazione, in un caso di responsabilità medica che riguarda un dentista, nel confermare la correttezza del rigetto, da parte dei giudici di merito, della richiesta risarcitoria della paziente, rimarca il principio per il quale spetta al paziente, che lamenta un danno derivatogli dall'operato di un medico, dimostrare il nesso di causa tra condotta del sanitario e conseguenze patite. Questo quanto emerge dall'ordinanza della Cassazione n. 42104/2021 (sotto allegata).

La vicenda processuale

Una donna cita in giudizio un dentista perché, dopo essere stata sottoposta a un intervento d'implantologia, dallo stesso le sono derivate tutta una serie di problematiche infettive e infiammatore. Il medico, pur non riuscendo a risolvere le complicanze suddette, la sottopone a un secondo intervento e infine alla rimozione dell'impianto.

La donna agisce quindi contro il medico (che chiama la propria compagnia assicurativa) per ottenere il risarcimento dei danni patiti. Il giudice di primo grado rigetta la domanda perché dopo aver disposto una consulenza ritiene non raggiunta la prova, in base alla regola del più probabile che non, sul nesso di causa tra l'opera del sanitario e le sofferenze della paziente. Onere gravante sulla richiedente.

Parte soccombente impugna la decisione, ma la Corte di Appello, dopo una seconda consulenza, conferma la decisione di primo grado, ritenendo non provato il nesso di causa tra gli impianti dentali e le infezioni.

Valutazione delle prove

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A questo punto la paziente ricorre in Cassazione sollevando i seguenti motivi:

  • con il primo accusa la corte di aver mal interpretato le prove e quindi di essere giunta alla errata conclusione sull'onere probatorio relativo al nesso di causa;
  • con il secondo lamenta l'omissione di una serie di circostanze allegate nel corso dei giudizi di merito e ritenute insufficienti a dimostrare il nesso in base alle regola del "più probabile che non."

Spetta al paziente dimostrare il nesso di causa

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La Cassazione adita dichiara il ricorso inammissibile per diverse ragioni.

Prima di tutto la Corte di Appello ha applicato correttamente il principio secondo cui "Nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l'esistenza del nesso di causale, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del – più probabile che non – causa del danno, sicché, ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata."

Il ricorso quindi, alla luce di quanto appena detto, non è ammissibile in quanto:

  • la Corte ha deciso in modo conforme alla giurisprudenza della Corte;
  • la paziente prospetta una contestazione il cui fine è quello di criticare il convincimento che il giudice di merito si è formato in base alle prove prodotte.

Ora, precisa la Cassazione, quando si lamenta la violazione dell'art. 116 c.p.c si deve addurre:

  • che il giudice nel valutare la prova non ha operato secondo il suo prudente apprezzamento, in assenza di una diversa indicazione normativa;
  • oppure che la prova, soggetta a una particolare regola di valutazione, è stata valutata secondo il suo prudente apprezzamento;
  • se invece si ritiene che il giudice abbia male esercitato il suo prudente apprezzamento allora la censura è ammessa se è consentito il sindacato di legittimità sui vizi della motivazione.

Ipotesi in cui non rientra la contestazione che critica il convincimento che il giudice si è formato nel corso del giudizio in base alle prove disponibili, perché alla Cassazione è preclusa una nuova rivalutazione dei fatti. Non si può, come nel caso di specie, limitarsi a sostenere confusamente che il giudice non ha valutato bene le prove e che ha escluso il nesso su dati che potevano essere valutati diversamente. Tali contestazioni non valgono ai fini della deducibilità della violazione dell'art 116 c.p.c o dell'art. 360 co. 1 n. 5. c.p.c.

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