Data: 05/05/2022 12:00:00 - Autore: Marino Maglietta

La Cassazione sulla Pas

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Una vicenda ben conosciuta, spesso presente nei media e ampiamente divulgata in ogni suo passaggio, trova conclusione nell'ordinanza 9691 del 24 marzo 2022, che accoglie sei motivi del ricorso di una madre che la Corte di Appello di Roma aveva privato della responsabilit� genitoriale, riabilitandola e restituendola al suo ruolo. Fin qui, naturalmente, nulla di eccezionale. Ci� che, tuttavia, rende la decisione meritevole di commento � sicuramente la risonanza del provvedimento, la sua amplificazione e la natura dei commenti, che prevalentemente lo salutano come una rivoluzionaria e salutare decisione, lungamente attesa: bench� negli aspetti sostanziali si limiti a confermare valutazioni gi� espresse. Viceversa, appare meritevole di rilievo che la Suprema Corte prenda le distanze da una diffusa utilizzazione del sapere psicologico, cui vengono attribuiti compiti e valenze che trova eccessivi. Cos� come non si pu� sorvolare sul ribadito riconoscimento della tendenziale pariteticit� dei tempi della frequentazione che la norma prevede ma sulla quale la giurisprudenza quasi sempre sorvola.

Una decisione, d'altra parte, del cui rilievo si sembra consapevoli, come appare confermato dalla sua anomala lunghezza (36 pagine), di solito riservata ai provvedimenti che lo stesso redattore considera particolarmente importanti.

La bigenitorialit� come diritto sia dei genitori che dei figli?

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Al di l� del grande clamore suscitato dalle considerazioni della cassazione attorno alla cosiddetta "sindrome di alienazione genitoriale", concettualmente al centro dell'interesse dell'ordinanza sembra pi� corretto porre una sorta di conflitto sul piano delle priorit� tra "bigenitorialit�" e "interesse del minore". Il primo concetto � stato ripetutamente ribadito dalla Suprema Corte che intende definirlo "quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell'assistenza, educazione ed istruzione " (ex pluris Cass. 9764/2019). Una definizione che potrebbe suscitare alcune perplessit� sul piano operativo, essendo frequentemente intesa come "stabile consuetudine di vita" la disposizione di una collocazione privilegiata del figlio presso uno dei genitori, presso il quale il figlio trascorrer� la maggior parte del tempo. Il che configura evidentemente una forte asimmetria di partenza che � l'esatto opposto della bigenitorialit�: rimandando la giurisprudenza, pi� o meno con gli stessi giri di parole, all'antico genitore in affidamento esclusivo, ovvero al modello monogenitoriale. Al quale la stessa Suprema Corte attribuisce, coerentemente, sotto plurimi aspetti diritti e poteri decisionali prevalenti rispetto all'altro (a titolo di esempio, Cass. 2127/2016, in materia di determinazione ed effettuazione delle spese straordinarie).

�, tuttavia, preferibile in questa sede sorvolare su questo tipo di perplessit� e valutare invece le difficolt� create dalla contrapposizione del concetto di bigenitorialt� con il cosiddetto "interesse del minore". Approfondendo, infatti, tale termine e la sua origine si scopre che in realt� a livello internazionale si parla di "best child interests", al plurale, il che suggerisce che sono da attribuire ai figli minorenni una pluralit� di interessi, uno dei quali � appunto la bigenitorialit�. Cos� ragionando, non appare corretta l'impostazione che intende costruire una alternativa, dal momento che l'uno � parte dell'altro. Sembrerebbe pi� appropriato che si debba eseguire una valutazione complessiva fra i vari interessi, mettendo accanto alla bigenitorialit� anche altri parametri.

Tutto ci� premesso, non appare granch� appropriata nemmeno l'attribuzione a ciascuno dei genitori di una sorta di "diritto alla bigenitorialit�", o meglio, una loro partecipazione a un diritto che evidentemente � in capo al figlio. A rigore, il diritto alla bigenitorialit� di un padre, semanticamente inteso, dovrebbe riguardare il suo rapporto con gli ascendenti di parte paterna. Quindi per definire le legittime aspettative dei genitori si direbbe pi� appropriato il riferimento ai diritti-doveri di cui all'articolo 30 della Costituzione.

Questa analisi, fin qui condotta in modo apparentemente accademico, in realt� potrebbe aprire la via ad una lettura pi� semplice e comprensibile dell'ordinanza in oggetto. Difatti, inteso il diritto del figlio, e di lui solamente, come diritto a un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, � evidente che nel momento in cui si tenta di recuperare la figura del padre, o meglio di evitarne la cancellazione, non � lecito provvedere dimenticando la rilevanza della figura e del ruolo materni. Esattamente ci� che la Corte di cassazione rimprovera � giustamente, ma con motivazioni di alto tipo - alle corti di merito.

Pariteticit� e relativi scostamenti: la genesi dei rifiuti

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Riprendere l'argomento di ci� che la Suprema Corte intende per realizzazione della bigenitorialit� pu� servire per cercare di comprendere se esistano dei fattori in grado di favorire gli atteggiamenti di rifiuto dei figli nei confronti di uno dei genitori: ovviamente in assenza di situazioni di violenza, abuso o comunque responsabilit� del soggetto escluso. Chiaramente, il parametro pi� facilmente comprensibile per valutare la effettiva presenza di entrambi i genitori nella vita dei figli � quello della consistenza della relativa frequentazione. Sul punto la Cassazione si era gi� espressa in precedenza (Cass. 17221 e 17222, entrambe del 2021) affermando che "Secondo il consolidato orientamento di questa Corte il regime legale dell'affidamento condiviso, tutto orientato alla tutela dell'interesse morale e materiale della prole, deve tendenzialmente comportare, in mancanza di gravi ragioni ostative, una frequentazione dei genitori paritaria con il figlio" e proseguendo "tuttavia nell'interesse di quest'ultimo il giudice pu� individuare un assetto che si discosti da questo principio tendenziale al fine di assicurare al minore la situazione pi� confacente al suo benessere (Cass. 19323/2020, Cass. 9764/2019)".

E' interessante osservare che Cass. 9691/2022 riporta diligentemente il medesimo principio, ma bizzarramente modifica qua e l� le prescrizioni del codice civile che sono la fonte del principio stesso. Vi si legge, infatti: "� il diritto del singolo genitore a realizzare e consolidare relazioni e rapporti continuativi e significativi con il figlio minore presuppone il suo perseguimento nel miglior interesse di quest'ultimo, e assume carattere recessivo se ci� non sia garantito nella fattispecie concreta." Nonch�: " �. , la Corte di appello, preso atto dell'esito infruttuoso dei vari percorsi terapeutici � al fine di attuare il diritto del padre di instaurare rapporti continuativi e significativi con il figlio � ". Dove si osserva un netto stravolgimento delle prescrizioni dell'art. 337 ter c.c., non solo, come gi� visto, per avere attribuito al genitore un diritto che inequivocabilmente il legislatore ha posto in capo al figlio, ma per avere modificato la lettera della norma stessa, secondo la quale "Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori". Ora, non si pu� fare a meno di osservare che la sostituzione non � fra sinonimi (ammesso che nel diritto ne esistano �), ma fra termini radicalmente diversi. Non a caso il legislatore ha attribuito l'aggettivo "significativi" ai rapporti tra il minore e i suoi ascendenti e parenti. E' pur vero che nell'ordinanza si legge anche che le tre CTU "hanno rilevato come la pervicace ostilit� della madre aIl'instaurazione di un equilibrato e continuativo rapporto del figlio con il padre sia da ascrivere al condizionamento esercitato dalla medesima sul minore", ma in questo passaggio la Suprema Corte sembra limitarsi a trascrivere un pensiero altrui senza farlo proprio, copia e incolla, aggettivazione compresa. In definitiva, sembra proprio che continui a valere la gi� manifestata distanza, per non dire estraneit�, della Cassazione dal considerare auspicabile un rapporto paritetico del figlio con ciascuno dei genitori. Nella scia � qui confermata � di quanto gi� espresso nelle gi� citate precedenti ordinanze (17221 e 17222 del 2021): "la regolamentazione dei rapporti con il genitore non convivente non pu� avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con entrambi i genitori, ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dall'esigenza di garantire al minore la situazione pi� confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori". Ovvero, pur avendo riconosciuto che dovrebbe favorirsi la pariteticit� (cio� che l'introduzione di un genitore prevalente dovrebbe essere motivata e residuale) le due ordinanze proseguono le proprie riflessioni dando per scontato che, in linea del tutto generale e come soluzione ordinaria, debba esistere un genitore "non convivente". Non solo. Ancora si conferma che � sufficiente una relazione "significativa" per soddisfare il diritto "del genitore".

Sorvolando ancora in questa sede sulla bizzarria di un siffatto impianto logico, resta comunque da costruire l'ultimo anello del ragionamento che qui si svolge, ossia che il generarsi del rifiuto di avere contatti con uno dei genitori � spesso in relazione con lo squilibrio nella loro presenza. Ma in questo soccorre la stessa ordinanza 9691, che conduce tutta la propria analisi della cosiddetta "PAS" attribuendo la possibilit� di alienazione (intesa come insieme di verificati comportamenti) al solo genitore collocatario (o affidatario esclusivo, in antecedenti pronunce). Tipicamente la madre. Da cui il trionfalismo di alcuni gruppi femministi con cui � stata accolta l'ordinanza, letta come negazionista in assoluto. Ipotesi gratuita, tutt'altro che verificata dall'esperienza. Un recentissimo studio condotto dalla Dipartimento di diritto privato dell'Universit� statale di Milano, di imminente pubblicazione, ha infatti verificato (confermando precedenti valutazioni di autonoma fonte), che le madri vengono "alienate" all'incirca nel 20% dei casi: una percentuale largamente inferiore a quella dei padri, ma tutt'altro che trascurabile. Volendo approfondire l'argomento e rendersi conto di come ci� in concreto possa pu� avvenire, basti pensare che in alcuni contesti culturali tuttora presenti in Italia il venir meno all'obbligo della fedelt� coniugale da parte della madre viene giudicato dalla collettivit� con estremo sfavore, a dispetto del ruolo, o meno, di genitore collocatario che la medesima assumer� in seguito per effetto della separazione.

Dunque, chi scrive ritiene che lo squilibrio nella frequentazione sia uno dei principali fattori che favoriscono il rigetto di un genitore � quello meno presente; anche se non l'unico. Resta, di conseguenza, sorprendente che chi, dotato degli adeguati poteri, attribuisce al genitore dominante una esclusiva possibilit� di determinare situazioni di tale gravit� poi non si attivi e non si adoperi perch� siano evitati sbilanciamenti e scompensi ogni volta che sia materialmente possibile: oltre tutto contra legem.

La diversa visione del rapporto tra psicologia e diritto

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A dispetto di una pratica di lungo corso ancora assai diffusa, la Cassazione da vario tempo ha preso le distanze da decisioni delle corti di merito fondate sulle conclusioni di indagini peritali affidate ad esperti psicologi. L'ordinanza 9691/2022 in effetti usa un linguaggio cos� diretto e, per cos� dire, "spietato" da dare l'impressione della novit�; ma a ben guardare cos� non �. Fa sicuramente impressione leggere "� il collegio non intende, n� potrebbe, sindacare valutazioni proprie della disciplina della psicologia o delle scienze mediche, ma pu� certo verificarne la correttezza applicativa sulla base di criteri universalmente conosciuti ed approvati. Orbene, in questo perimetro valutativo, il concetto di abuso psicologico, di cui discorrono i c.t.u., appare indeterminato e vago, e di incerta pregnanza scientifica, insuscettibile di essere descritto secondo parametri diagnostici della scienza medica, e di ardua definizione anche secondo le categorie della disciplina psicologica. Non pu� essere sottaciuto che quest'ultima, a differenza della disciplina medica, utilizza modalit� e parametri che pervengono a risultati valutativi non agevolmente suscettibili di verifiche empiriche, che siano ripetibili, falsificabili e confutabili secondo i canoni scientifici universalmente approvati , e di riscontri univoci attraverso protocolli condivisi dalla comunit� scientifica." (p.29).

Ma tutto sommato si tratta sostanzialmente della esplicitazione di un orientamento gi� manifestato. Non a caso l'ordinanza riporta integralmente, facendola sua, una precedente valutazione di Cass. 6919/16: "Va osservato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di affidamento di figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti dell'altro genitore, affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da s�, indicati come significativi di una sindrome di alienazione parentale (PAS), ai fini della modifica delle modalit� di affidamento, il giudice di merito � tenuto ad accertare la veridicit� del fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validit� o invalidit� scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneit� genitoriale rileva anche la capacit� di preservare la continuit� delle relazioni parentali con l'altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialit� e alla crescita equilibrata e serena." (p. 21). Rimandando addirittura a Cass.7041 del 2013. In definitiva, dunque, si apprezza essenzialmente una pi� marcata diffidenza verso il sapere psicologico e le sue tipiche procedure, rivendicando il ruolo e i metodi della scienza giuridica. Con il che si contesta, coerentemente, anche l'usuale incarico conferito al consulente di ufficio affinch� proceda all'ascolto del minore, messo al bando anche dalla recente legge 206/2021. Tutto torna. Di passaggio, infatti, si fa notare quanto l'ordinanza e la sua rilettura del ruolo dello psicologo forense sia allineata con le previsioni della legge delega che nega � correttamente � alla categoria incombenze prettamente giuridiche, ma incentiva la mediazione familiare e ufficializza la sostanza della coordinazione genitoriale. Uno spazio tipicamente occupato dalla psicologia.

Sconfitta tombale del fenomeno dell'"alienazione"?

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E conforme � anche, di conseguenza, il biasimo nei confronti di una decisione di decadenza dalla responsabilit� genitoriale (della CA di Roma) che appare assunta sulla base di una diagnosi invece che sull'accertamento di fatti, come richiesto anche dall'art. 330 c.c. Che poi, nella fattispecie, la decisione appaia anche non coerente con i comportamenti della madre, condannata dalle corti di merito, non tocca il principio di diritto. Di conseguenza non tocca qualitativamente la censura, ribadita storicamente e nell'attualit� del provvedimento, nei confronti di comprovati comportamenti delegittimanti, ovvero ostacolanti la relazione con l'altro genitore. E' la motivazione che viene cassata, il modo di giungere al provvedimento. Ma non si nega la possibilit� di condizionamenti dei figli, verso le quali si conferma la condanna.

Esiste, caso mai, una diversa strategia, - in buona parte condivisibile - che viene suggerita per correggerne gli effetti. La sanzione economica, infatti, mediante l'applicazione dell'art. 709 ter c.p.c., pu� realmente risultare pi� efficace: soprattutto se posta in alternativa all'attuale prevalente prassi di affidare ai Servizi Sociali il figlio che rifiuta senza validi motivi uno dei genitori lasciandolo in convivenza permanente presso l'altro e attivando "percorsi di recupero", spesso consistenti in incontri assistiti di un'ora alla settimana o ogni due. Tutto questo a condizione che il ricorso all'art. 709 ter c.p.c. sia pi� frequente e incisivo di quanto oggi prevalentemente avviene, ovvero non si limiti all'ammonizione.

Conclusioni

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Tutto ci� premesso, non appare coerente con le tesi della Cassazione il tripudio con il quale � stata accolta l'ordinanza da parte di chi non vuol sentir parlare di rifiuti indotti da parte dei figli. Certamente � stata messa al bando una terminologia inappropriata. Certamente � stato giustamente sottolineato che non si corregge un eccesso con l'eccesso di segno opposto. Fortunatamente si � messo in evidenza e biasimato l'improprio trasferimento di compiti e competenze a un sapere diverso da quello giuridico. Ma l'esistenza di certe manipolazioni, consapevoli e volontarie o no che siano, che � la sostanza del fenomeno, resta l�, innegato e innegabile, tale e quale. Quel che resta da fare � e non � poco � � attivare le giuste strategie per prevenirlo o attenuarlo.


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