Data: 09/05/2022 22:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Prescrizione indennizzo dei parenti in via riflessa

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La Cassazione, con l'ordinanza n. 14471/2022 (sotto allegata) rigetta il ricorso di una figlia che, dopo anni dall'intervento al femore subito dalla madre e a causa del quale la stessa ha riportato danni, ha invocato i danni riflessi derivanti dall'obbligo di assistere la madre nei momenti di libertà della badante, sostenendo di essere ancora in tempo, applicandosi in questi casi il termine di prescrizione di 10 anni. Errata però la valutazione della donna. La struttura è responsabile contrattualmente solo verso il paziente non verso i parenti. Per cui se costoro invocano i danni lo devono fare nel rispetto del termine di prescrizione di 5 anni perché la responsabilità dell'ospedale, in questo caso, è di tipo extracontrattuale.

La vicenda processuale

Una donna ricorre in giudizio per chiedere i danni derivanti dalla malattia della madre, conseguente alla riduzione di un femore. La donna afferma che dopo l 'intervento la stessa è stata costretta infatti ad assistere la madre durante tutte le ore non coperte dalla badante. Tribunale e Corte di Appello rigettano la richiesta avanzata.

Per il giudice del gravame in particolare "il diritto dei congiunti ad essere risarciti in via riflessa dalla struttura sanitaria e ciò a causa dell'esito infausto di un'operazione chirurgica subita dalla danneggiata principale, si colloca nell'ambito della responsabilità aquiliana ed è soggetta al termine quinquennale ex art. 2947 cc." non potendo i congiunti avvalersi de termine decennale previsto per la responsabilità sanitaria di tipo contrattuale. In ogni caso, poiché l'atto di citazione di primo grado, ossia il primo atto interruttivo del termine di prescrizione risale al 2013, il diritto deve considerarsi in ogni caso prescritto, considerato che la madre ha ottenuto il risarcimento la prima volta nel 2001 e la seconda nel 2011 in virtù della sentenza di secondo grado.

La struttura è responsabile contrattualmente anche verso i parenti

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Nel ricorrere in Cassazione la donna solleva i seguenti motivi.

  • Con il primo lamenta la violazione dell'art. 2935 c.c perché l'esordio dell'azione risarcitoria deve essere fatto risalire a luglio 2011, data in cui è stata pubblicata la sentenza di secondo grado o meglio all'ottobre 2012, quando la stessa è passata in giudicato, prima infatti non avrebbe potuto agire perché la responsabilità dell'ospedale non era stata ancora accertata definitivamente.
  • Con il secondo contesta il mancato riconoscimento dell'azione contrattuale di cui all'art. 1218 c.c anche da parte del familiare che deve assister il soggetto leso, visto che il contratto di spedalità produce effetti di protezione anche nei confronti dei familiare del paziente se questi sono tenuti ad assisterlo.
  • Con il terzo infine rileva la violazione dell'art. 1948 c.c. perché il danno è costante per cui se la prescrizione fosse di soli 5 anni il danno potrebbe essere risarcito solo a decorrere dal quinquennio antecedente l'atto che interrompe la prescrizione, quello entro il quinquennio a partire dalla citazione quindi non può considerarsi prescritto.

Responsabilità extracontrattuale della struttura verso i parenti

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La Cassazione poco convinta dei motivi addotti dalla ricorrente, respinge il ricorso perché devono essere tutti respinti.

Erra la ricorrente nel ritenere di aver potuto agire solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza che in via definitiva ha accertato la responsabilità dell'ospedale, potendo la stessa agire in realtà anche prima . L'accoglimento della sua domanda non è infatti condizionato dalla preventiva affermazione di responsabilità della struttura, anche perché dal settembre 2006 la stessa aveva già gli elementi per poter agire per il proprio risarcimento perché si era già determinata la situazione irreversibile di pregiudizio in danno della madre e conseguentemente per la ricorrente.

Erra inoltre la stessa nel ritenere applicabile ai congiunti il termine decennale prescrizionale per la responsabilità contrattuale. Solo il paziente è protetto dal contratto di spedalità, non i parenti dello stesso. La struttura è semmai responsabile nei confronti dei parenti, per i danni derivanti dal paziente danneggiato e invocati dagli stessi iure proprio in via extracontrattuale, da cui discende il più breve termine di prescrizione di 5 anni. Inammissibile infine il terzo motivo perché presenta profili di novità oltre ad essere formulato in modo generico


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