Data: 13/05/2022 15:00:00 - Autore: Francesco Paolo Mastrovito

Diritto umanitario nei conflitti armati e diritti umani: i punti comuni

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Nessuno aveva più pensato alla guerra con dimensioni di conflitto aperto e dichiarato e a contendenti dal ruolo e rango di Stati.

La N.A.T.O. stessa, in particolare negli ultimi decenni, si è cristallizzata attorno alla guerra al terrorismo ed alla pirateria marittima ed aerea, impiegando unità militari per combatterlo con un ruolo di polizia internazionale.

La guerra sembrava sempre rivolta ad un ambito di conflitto limitato e di bassa intensità, in cui i moderni concetti strategici vedevano il terrorismo o altre forme di lotta più come fattori ambientali che minacce derivanti da una nuova concezione di guerre.

Dal 1948 (Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo), i diritti umani sono sempre applicabili, tanto in tempo di pace quanto in tempo di guerra. Detto principio ha sollevato l'esigenza di salvaguardare i diritti dell'uomo. Appare necessario precisare che alcuni diritti umani (come il diritto alla vita, il divieto di schiavitù e la proibizione della tortura) non ammettono alcun tipo di deroga: sono definiti - infatti - "nocciolo duro dei diritti umani".

Poi, nel 1977 l'adozione dei due Protocolli Aggiuntivi alle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 ha dato origine al moderno Diritto Internazionale Umanitario; tale nuovo sistema di norme internazionali, basato sulle ratifiche degli Stati appartenenti alle Nazioni Unite, ha consentito di aggiornare le tipologie di conflitti armati. Infatti, alcune delle previsioni contenute nel D.I.U. risultano identiche, nel contenuto, ad alcuni diritti umani.

Questi due rami del diritto internazionale condividono, infatti, un nucleo comune, costituito dai diritti inderogabili e uno stesso fine di protezione, sia della vita che della dignità della persona, facendo in modo che queste due branche di diritto si completino a vicenda "ratione temporis"; così il Diritto Internazionale Umanitario trova la sua applicazione naturale in tempo di guerra e i diritti umani, invece, prevalentemente in tempo di pace. Da notare che sia la Federazione Russa che l'Ucraina hanno ratificato il citato Protocollo Aggiuntivo delle Convenzioni di Ginevra, impegnandosi formalmente ad applicarlo.

La guerra senza limiti come abuso del diritto bellico

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L'attuale D.I.U. ha anche ridisegnato la nozione di "legittimo combattente" attualizzandola alle nuove forme di conflitti, così da ricomprendere coloro che a causa della natura delle ostilità non possono distinguersi dalla popolazione civile, a condizione che in dette situazioni portino apertamente le armi ed i segni distintivi durante i combattimenti, anche durante gli spostamenti per raggiungere il luogo dell'attacco a cui devono partecipare. Tale precisazione è determinante per distinguere i combattenti regolari dai combattenti illegittimi, tale ultima categoria è costituita principalmente dai mercenari, dalle spie e da persone che, nascondendosi tra la popolazione civile, operano senza uniforme o segni distintivi riconoscibili, per effettuare sabotaggi, azioni di guerriglia, operazioni terroristiche (queste ultime si definiscono tali solo se rivolte deliberatamente al coinvolgimento di obiettivi civili e popolazione inerme).

Con riferimento ai metodi e mezzi di guerra, l'art. 35 del 1° Protocollo Aggiuntivo completa le regole contenute nelle quattro Convenzioni di Ginevra e sancisce il principio fondamentale che "In ogni conflitto armato, il diritto delle Parti in conflitto di scegliere metodi e mezzi di guerra non è illimitato. È vietato l'impiego di armi, proiettili e sostanze nonché metodi di guerra capaci di causare mali superflui o sofferenze inutili. È vietato l'impiego di metodi o mezzi di guerra concepiti con lo scopo di provocare, o dai quali ci si può attendere che provochino, danni estesi, durevoli e gravi all'ambiente naturale."

L'art. 48 enuncia la regola fondamentale in tema di protezione della popolazione civile imponendo alle parti di fare, "in ogni momento" distinzione fra la popolazione civile e i combattenti, nonché per i beni di carattere civile e gli obiettivi militari.

L'art. 51 vieta, inoltre, gli attacchi diretti nei confronti della popolazione civile anche a titolo di rappresaglia come pure gli "attacchi indiscriminati".

Il successivo art. 52 offre la definizione di obiettivo militare vietando contestualmente l'attacco o la rappresaglia su beni di carattere civile.

Sono inoltre introdotte disposizioni destinate a salvaguardare l'ambiente naturale da danni estesi, durevoli e gravi come quelli causati dall'uso di armi incendiarie o defolianti, già oggetto della Convenzione del 1976 relativa al divieto di utilizzare tecniche di modifica dell'ambiente naturale per scopi militari o per qualsiasi scopo ostile.

Le disposizioni concernenti i metodi di combattimento pur essendo, in origine, rivolte alla protezione dei combattenti hanno subito – come del resto i mezzi di combattimento – una graduale proiezione verso la tutela della popolazione civile, fino a concorrere all'affermazione del divieto degli attacchi indiscriminati posto a corollario del principio di distinzione tra beni civili ed obiettivi militari più volte richiamato.

L'illiceità dei metodi di guerra può, dunque, essere riferita tanto alle modalità di conduzione delle operazioni militari quanto all'impiego di un armamento illecito contro obiettivi vietati, come ad esempio la popolazione, i beni di carattere civile, compresi i beni culturali.

Facendo riferimento ai soggetti contro cui sono utilizzati, i metodi di combattimento vietati possono essere suddivisi in tre gruppi riferibili a combattenti, non combattenti e beni di carattere civile.

Per quanto attiene ai metodi di combattimento attuati nei confronti dei combattenti, il 1° Protocollo del 1977 elenca, agli art. 37 e seguenti, una serie di condotte illecite e prima fra queste la "perfidia":

- "È vietato di uccidere, ferire o catturare un avversario ricorrendo alla perfidia. Costituiscono perfidia gli atti che fanno appello, con l'intenzione di ingannarla, alla buona fede di un avversario per fargli credere che ha il diritto di ricevere o l'obbligo di accordare la protezione prevista dalle regole del diritto internazionale applicabile nei conflitti armati."

Secondo il Diritto Internazionale Umanitario, un atto di perfidia si realizza quando viene simulata l'intenzione di negoziare al solo scopo di favorire la sorpresa di un attacco, oppure quando si intende ingannare il nemico simulando la resa, ovvero quando si fa uso di un autoveicolo sanitario recante i segni distintivi di protezione (croci rosse) per agevolare l'assalto di una postazione nemica. È bene precisare che tali atti sono ritenuti perfidi solo se realizzati al fine di neutralizzare il nemico. Invece indossare un distintivo di Croce Rossa per sfuggire alla cattura da parte del nemico non è, di per sé, un atto illegittimo.

Fra gli altri metodi vietati deve essere ricordato il "non concedere quartiere" vale a dire ordinare che non vi siano sopravvissuti o minacciare l'avversario di condurre le ostilità in funzione di tale decisione.

Per quanto attiene alle condotte poste in essere nei confronti di soggetti e beni protetti è possibile fare riferimento al corposo elenco di "crimini di guerra" contenuto nell'art. 8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale.

I diritti umani nella guerra senza limiti

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Il diritto internazionale umanitario, meglio conosciuto come diritto di guerra, definisce i limiti sulla conduzione della guerra e cerca di proteggere i civili, il personale medico, i soldati feriti e i prigionieri di guerra.

La guerra tra la Russa e l'Ucraina sta con evidenza palmare sfumando le differenze tra civili e soldati, ancorché soggetti canonicamente qualificati come militari hanno sempre corredato tutti i conflitti armati.

Appare quindi necessario seguire con estrema ed ulteriore attenzione gli ultimi sviluppi della guerra, ricordando ai Paesi coinvolti quali sono le "regole" al fine di sensibilizzare sulle conseguenze per le persone civili, in modo tale che la popolazione e le infrastrutture civili godano dello stesso grado di protezione che avevano in passato.

Avv. Francesco Paolo MASTROVITO

Prof. Carlo STRACQUADANEO

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