Data: 13/06/2022 05:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Referendum giustizia del 12 giugno 2022

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I cittadini sono stati chiamati alle urne il 12 giugno 2022 per esprimere il loro voto su cinque referendum, promossi da Lega e Radicali e tutti riguardanti il tema della giustizia. La Consulta, invece, ha dichiarato inammissibili il referendum sulla cannabis, sull'eutanasia e sulla responsabilità dei magistrati.

Un vero election day insieme al primo turno delle elezioni amministrative che hanno coinvolto circa 950 comuni (tra cui 4 capoluoghi di regione, Genova, Palermo, Catanzaro e L'Aquila) e 22 capoluoghi di provincia ((Alessandria, Asti, Barletta, Belluno, Como, Cuneo, Frosinone, Gorizia, La Spezia, Lodi, Lucca, Messina, Monza, Oristano, Padova, Parma, Piacenza, Pistoia, Rieti, Taranto, Verona e Viterbo).

Urne aperte alle 7.00 e chiuse alle ore 23.00 ma non è stato raggiunto il quorum che si è attestato tra il 19 e il 23%.

Referendum 2022: i 5 quesiti

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I quesiti referendari (sotto allegati) su cui esprimere il proprio voto erano 5. Si tratta di referendum abrogativo: ciò significa che con il SI, si sceglie di abrogare la legge attualmente vigente; al contrario, il NO mira a conservare la legge così com'è.

Cinque le schede previste e contrassegnate di un colore diverso:

Abolizione legge Severino

Il primo quesito (scheda rossa) ha riguardato l'Abolizione della legge Severino (D.lgs. n. 235/2012). Si proponeva di eliminare l'automatica incandidabilità, ineleggibilità e decadenza di parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali, in caso di condanna penale. A cadere anche l'art. 11, che impone la sospensione degli amministratori locali condannati anche in via non definitiva. Quest'ultima regola ha creato, quando applicata, dei veri e propri vuoti di potere.

I sostenitori del SI invitavano quindi ad abrogare la Severino per dare una maggiore stabilità all'amministrazione degli enti locali. Chi invece voleva mantenere la legge Severino, invitava a votare NO, facendo leva sull'art. 54 della nostra Costituzione il quale prevede che "i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge."

Custodia cautelare

Il secondo quesito (scheda arancione) riguardava la Custodia cautelare prevedendo l'abrogazione dell'art. 274 comma 1 lett. c) del codice di procedura penale con riferimento alla parte in cui consente di portare in carcere una persona sotto processo, se vi è il rischio che possa commettere un reato della stessa specie di quello per cui si procede. L'obiettivo dei promotori del referendum era quello di evitare che la carcerazione preventiva possa colpire persone che poi risultino innocenti.

Chi sceglieva il SI era d'accordo all'applicazione della misura cautelare in carcere nei soli casi in cui sussista un pericolo concreto e attuale che il soggetto possa commettere delitti gravi, ricorrendo all'utilizzo delle armi o alla violenza personale o contro l'ordine costituzionale o ancora delitti di criminalità organizzata. I sostenitori del NO invece ritenevano che la formulazione della norma che deriverebbe dall'abrogazione, avrebbe il difetto di rendere inapplicabile la custodia in caso di delitti comunque gravi. L'istituto sarebbe applicabile quindi nei soli casi in cui sussista un pericolo di fuga o di inquinamento delle prove.

Separazione carriere magistrati

Il terzo quesito (scheda gialla) riguardava la Separazione delle funzioni dei magistrati: in caso di voto favorevole al quesito referendario, il magistrato avrebbe dovuto scegliere all'inizio della carriera la funzione giudicante o requirente, per poi mantenere quel ruolo durante tutta la vita professionale.

La netta separazione delle carriere per i sostenitori del SI è fondamentale per garantire non una maggiore competenza del magistrato, stante la diversità di funzioni scolte dal magistrato e dal pubblico ministero. La scelta definitiva per uno dei due ruoli assicura però anche maggiore unità dell'organo giudicante, imparzialità di giudizio e credibilità. Del resto la funzione giudicante e quella requirente sono funzionalmente antagoniste, al fine di garantire l'equilibrio dell'intero sistema democratico.

Chi invece desiderava conservare lo status quo e quindi per il NO, adduceva come motivazione il rischio di esporre il pubblico ministero, una volta tolto dalla giurisdizione, a manovre di tipo politico che potrebbero portare a un'azione penale non uniforme sul territorio nazionale.

Consigli giudiziari

Il quarto quesito (scheda grigia) era quello sui Consigli giudiziari. Si prevedeva che anche i membri cosiddetti "laici", cioè avvocati e professori, potessero partecipare attivamente alla valutazione dell'operato dei magistrati nell'ambito del Consiglio giudiziario territoriale (ora solo spettante ai magistrati).

Elezione togati CSM

Il quinto e ultimo quesito (scheda verde) riguardava l'Elezione dei togati CSM.

Con il Sì si realizzava l'abrogazione dell'obbligo, per un magistrato che voglia essere eletto, di trovare da 25 a 50 firme per presentare la candidatura. L'attuale obbligo impone a coloro che si vogliano candidare di ottenere il beneplacito delle correnti o, il più delle volte, di essere ad esse iscritti. Si tornerebbe alla legge originale del 1958 che prevedeva che tutti i magistrati in servizio potessero proporsi come membri del CSM presentando semplicemente la propria candidatura.

Il sostegno dell'avvocatura

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I cinque quesiti referendari del 12 giugno 2022 avevano incassato il "SI'" dell'avvocatura, che nella persona del presidente del CNF, Maria Masi aveva invitato a votare gli italiani in senso affermativo al fine di ottenere cambiamenti importanti, tra cui l'attuazione del principio fondamentale del giusto processo, sul quale gli avvocati da tempo richiamano l'attenzione.

Opposto il parere dell'Associazione nazionale Magistrati, per la quale sarebbero servite modifiche più profonde per rendere la giustizia più efficiente "vero cuore del problema".

Il quorum per il voto referendario

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Per raggiungere il quorum avrebbe dovuto votare la maggioranza (50%+1) degli aventi diritto al voto e si sarebbe dovuta raggiungere la maggioranza (50%+1) dei voti validamente espressi. Il quorum tuttavia non è stato raggiunto.


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