Data: 02/06/2022 08:00:00 - Autore: Francesco Pandolfi

Trattamenti disumani: la sentenza n. 768/22

Il 30 maggio 2022 la Sezione civile del Tribunale di Cassino ha pubblicato la sentenza n. 768/22, con la quale ha dichiarato la Repubblica Federale Tedesca responsabile per i danni non patrimoniali subiti da un deportato in conseguenza dei trattamenti disumani derivanti dalla prigionia in un campo di lavoro; ha inoltre condannato la stessa R.F.T. al pagamento in favore della coniuge superstite, a titolo di risarcimento dei danni non patrimoniali, della somma complessiva di euro 172.130,67 oltre interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo effettivo.

Il Fondo per il ristoro dei danni

La pronuncia rifocalizza l'attenzione sulla delicata questione, specie in un momento in cui in Italia è in vigore dal 01.05.2022 il D.L. n. 36 del 30.04.2022 che, tra le altre cose, ha previsto all'art. 43 l'istituzione, presso il M.E.F., di un Fondo per il ristoro del danni subiti dalle vittime dei crimini di guerra e contro l'umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona.

Nel merito della pronuncia

Tornando un attimo alla sentenza in commento, a sostegno della domanda vedova e figli del defunto hanno tra l'altro illustrato che il congiunto, arruolato come militare di truppa dell'Esercito Italiano, il 27.09.1943 era stato catturato dalle Forze Armate Tedesche e deportato presso una miniera di carbone per essere sottoposto, insieme ad altri detenuti, ad estenuanti lavori forzati oltre che a trattamenti inumani e spietati.
Il giudice ha accolto in parte la domanda ed ha evidenziato, in particolare, quanto segue.
A) La deportazione di un appartenente alle forze armate e la sua sottoposizione a lavori forzati, in condizione di denutrizione e senza la possibilità di astenersi dallo svolgimento delle mansioni assegnate nonostante il precario stato di salute, integrano violazioni di diritti della persona di rango costituzionale.
B) La Repubblica Federale Tedesca, ai sensi dell'art. 2059 c.c. è tenuta a rispondere verso gli eredi del de cuius per le sole sofferenze morali e fisiche subite dallo stesso tra la data della cattura, risalente al 1943, e quella del rimpatrio, avvenuto nel 1945.
C) Per la liquidazione del danno non patrimoniale (inabilità temporanea assoluta derivante da lesione psicofisica di massima intensità per il periodo dei lavori forzati e di intensità media per i mesi seguenti) ha utilizzato le note tabelle milanesi: è stato quindi riconosciuto un risarcimento di euro 149,00 per ciascuno dei 93 giorni intercorsi tra la deportazione e la fine del lavoro in miniera, nonché euro 99,00 per ciascuno dei 708 giorni compresi tra l'adibizione all'attività di piantone e il definitivo rientro in Italia.
D) il Tribunale ha inoltre riconosciuto gli interessi per il ritardato pagamento a decorrere dalla data di consumazione del fatto illecito, coincidente con la fine della prigionia.
E) Ha quindi accordato la liquidazione degli interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al saldo ed ha stabilito che l'intera somma che sarebbe spettata al defunto, visti gli indicibili patimenti subiti, potrà essere incassata dalla coniuge non legalmente separata, ciò a titolo di danno iure hereditario.
F) Vista la mancata costituzione in giudizio della R.F.T., il giudice ha stabilito l'inesistenza di un interesse degli attori ad ottenere l'accertamento giudiziale dell'imprescrittibilità dei propri diritti, rientrando l'eccezione nella categoria delle contestazioni riservate alle parti.
G) Infine ha condannato la R.F.T. al pagamento degli oneri di lite, tenendo conto dell'accoglimento parziale della domanda.
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