Data: 24/09/2022 05:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Insostenibile una gerarchia tra diritti inviolabili

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Incostituzionale la norma, nel testo previgente alla riforma del 2015 che, in caso di responsabilità del magistrato, riconosce il risarcimento del danno non patrimoniale solo in caso di privazione della libertà personale e non in caso di violazione di altri diritti inviolabili della persona.

Questa la decisione della Consulta, contenuta nella sentenza n. 205/2022 (sotto allegata) in cui precisa che in effetti anche se la privazione della libertà comporta un grave pregiudizio, è insostenibile una gerarchia tra diritti inviolabili.

Danni non patrimoniali solo per la privazione della libertà

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Davanti alla Corte Costituzionale viene sollevata questione di illegittimità costituzionale, per violazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione perché l'art. 2 comma 1 della legge n. 117/1988, che disciplina il "Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati" , nel testo previgente alla modifica apportata dalla legge n. 18/2015 limitava il risarcimento dei danni non patrimoniali a quelli derivanti dalla privazione della libertà personale.

Il nuovo testo della norma infatti così dipone "Chi ha subito un danno ingiusto per effetto di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere dal magistrato con dolo o colpa grave nell'esercizio delle sue funzioni ovvero per diniego di giustizia può agire contro lo Stato per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e anche di quelli non patrimoniali."

La questione è stata sollevata, spiega il remittente, perché i fatti alla base della richiesta risarcitoria si sono verificati quando era vigente il testo precedente.

Il ricorrente contesta infatti che l'esclusione del risarcimento del danno non patrimoniale dipenda dall'adozione di un provvedimento limitativo della libertà, anche perché nella realtà ci possono essere condotte del magistrato comunque dannose per la "sfera dell'individuo e lesive di valori di rango costituzionale".

Un simile sacrificio di diritti inviolabili della persona non appare (…) giustificato da presunte ragioni di bilanciamento con i principi di indipendenza dei magistrati e di autonomia e pienezza della funzione giudiziaria.

Per il ricorrente infatti "l'assenza di una estensione della nuova formulazione dell'art. 2, comma 1, della legge n. 117 del 1988 a fatti verificatisi anteriormente, ma ancora sub iudice, legittimerebbe la perdurante applicazione di un regime risarcitorio ormai superato sul piano normativo.

Ciò rileverebbe sotto i profili della disparità di trattamento e della violazione dei principi di effettività ed integralità del risarcimento correlato alla violazione di diritti primari della persona; e, in definitiva, della ragionevolezza di una disciplina, non altrimenti interpretabile, [...] abrogata fin dal 2015 siccome ritenuta non più rispondente alla mutata sensibilità sociale."

La tutela della libertà non deve escludere quella degli altri diritti inviolabili

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La Corte "dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, della legge 13 aprile 1988, n. 117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle funzioni giudiziarie e responsabilità civile dei magistrati), nel testo antecedente alla modifica apportata dall'art. 2, comma 1, lettera a), della legge 27 febbraio 2015, n. 18 (Disciplina della responsabilità civile dei magistrati), nella parte in cui non prevede il risarcimento dei danni non patrimoniali da lesione dei diritti inviolabili della persona anche diversi dalla libertà personale;" ma ritiene non fondate le questioni di legittimità per violazione degli articoli 2, 3 e 32 della Costituzione.

Da condividere assolutamente la tesi del remittente in quanto in effetti è costituzionalmente illegittimo limitare il risarcimento dei danni non patrimoniali alla sola lesione della libertà personale, escludendo dalla stessa tutela gli altri diritti inviolabili della persona.

Se infatti è vero che la libertà personale (art. 13 Cost.) è più esposta a pregiudizi gravi a causa della condotta illecita del magistrato, trattasi di una circostanza che rileva solo su un piano di fatto, che tuttavia non giustifica "l'esclusione dalla tutela degli altri diritti inviolabili della persona, parimenti suscettibili di subire danni in conseguenza di una acclarata responsabilità del magistrato. Al contempo, pur potendosi ben configurare, in concreto, diversi livelli di gravità dell'illecito, nondimeno è certamente da escludere una astratta differenziazione, rispetto a un rimedio civile che offre una tutela basilare, dei diritti inviolabili della persona, evocatrice, in tale ambito, di una insostenibile gerarchia interna a tale categoria di diritti."


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