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Data: 07/10/2022 07:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate
Valutazione equitativa del danno da ritardo diagnostico[Torna su]
Il danno non patrimoniale determinato da ritardo diagnostico della malattia con esito infausto va liquidato in via equitativa e sulla quantificazione pesano l'età di 58 anni del defunto, la pressoché totale assenza di dolori, tanto che lo stesso ha svolto la sua professione di tassista quasi fino all'ultimo e il tempo intercorso tra la prima visita, la corretta diagnosi della malattia e il decesso, il tutto avveratosi nell'arco di un anno e due mesi. Queste le delucidazioni fornite dalla Cassazione con l'ordinanza n. 28632/2022 (sotto allegata) al termine di un giudizio civile risarcitorio che moglie e figlia del defunto avevano intrapreso nei confronti dei medici responsabili. La vicenda processualeLa precisazione della Corte di legittimità arriva perché in sede di rinvio la Corte di appello ha ridotto il risarcimento del danno in favore di moglie e figlia del defunto, morto a causa della tarda diagnosi di un adenocarcinoma polmonare, che ha impedito allo stesso di autodeterminarsi liberamente sull'ultimo periodo della sua vita. Contestata la valutazione equitativa della Corte di Appello[Torna su]
La decisione viene impugnata dalle eredi del de cuius, che denunciano la violazione dell'art. 384 c.p.c dedicata alla "Enunciazione del principio di diritto e decisione della causa di merito" e dell'art. 132 c.p.c che disciplina il contenuto della sentenza, in entrambi i casi per violazione e falsa applicazione delle norma di diritto. La doglianza verte sulla valutazione equitativa del danno. Senza determinazione tabellare danno liquidato in via equitativa[Torna su]
Motivi di ricorso che però la Cassazione ritiene infondati. La Corte di appello, in sede di rinvio, si è infatti attenuta alla Cassazione n. 7260/2018, che ha sancito l'inapplicabilità delle tabelle di Milano nella valutazione del danno derivante dalla violazione del diritto di determinarsi liberamente nella scelta del proprio percorso esistenziale, causato dal colposo ritardo diagnostico della patologia ad esito infausto. Da qui il ricorso alla determinazione del danno in via equitativa ai sensi dell'art. 1226 c.c., tenendo conto, in assenza di automatismi, di tutte le circostanze del caso concreto. La liquidazione equitativa di cui all'art 1226 c.c. è infatti rimessa al giudice quando è impossibile determinare l'ammontare del risarcimento o quando la sua determinazione risulti particolarmente difficoltosa. Questo non deve pregiudicare l'entità del risarcimento del danno non patrimoniale, che comunque deve essere congruo, il giudice infatti è tenuto a prendere in considerazione il pregiudizio effettivo subito e le ripercussione negative che lo stesso ha avuto sul patrimonio dello stesso e sul valore della persona, provvedendo al ristoro integrale dello stesso. Nel caso di specie la Corte ha fatto corretta applicazione di queste direttrici, precisando che per il risarcimento del danno da omessa diagnosi non si possono applicare le tabelle, ma occorre tenere conto di tutte le circostanze specifiche del caso concreto, come l'età del paziente (58 anni), il ritardo intercorso tra il primo accertamento, la diagnosi di tumore e il successivo decesso, che nel caso di specie è stato di 1 anno e due mesi, le condizioni generali del paziente nel periodo compreso tra il primo accertamento e la diagnosi corretta, risultanti dalla documentazione medica. L'uomo, di professione tassista, ha infatti accusato dolore al torace e tosse rara, ma ha lavorato quasi fino all'ultimo, ma se avesse avuto conoscenza nei mesi precedenti delle sue effettive condizioni di salute, avrebbe gestito e deciso autonomamente come vivere l'ultimo periodo della sua vita, alla luce dell'esito infausto della sua malattia. Elementi che la Corte di Appello ha preso in considerazione nella valutazione equitativa del danno non patrimoniale subito dalle ricorrenti per il decesso del de cuius. |
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