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Data: 06/11/2022 07:00:00 - Autore: Andrea Cagliero
Prescrizione e statuizioni civili[Torna su] Le Sezioni Unite sono state adite al fine di dirimere un contrasto giurisprudenziale inerente alla decisione sulle statuizioni civili, da parte del giudice di appello, laddove si accerti la maturazione della prescrizione prima della sentenza di primo grado. In particolare, la quaestio iuris si concentra sulla possibilità per il giudice di seconde cure di decidere sull'impugnazione per gli effetti civili ex art. 578 c.p.p., una volta dichiarata l'intervenuta prescrizione del reato prima della sentenza di primo grado, non già per un errore del giudice, ma per effetto di una valutazione difforme a quest'ultimo (come nel caso di specie, dove, contrariamente alla decisione del Tribunale, sono state riconosciute le circostanze attenuanti in regime di prevalenza sulle aggravanti, così incidendo sui termini di prescrizione). L'art. 578 c.p.p.[Torna su] L'art. 578 c.p.p. "Decisione sugli effetti civili nel caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione e nel caso di improcedibilità per superamento dei termini di durata massima del giudizio di impugnazione" dispone che: "1.Quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili. 1-bis. Quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato, a favore della parte civile, il giudice di appello e la Corte di cassazione, nel dichiarare improcedibile l'azione penale per il superamento dei termini di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 344-bis, rinviano per la prosecuzione al giudice civile competente per valore in grado di appello, che decide valutando le prove acquisite nel processo penale". I due orientamenti giurisprudenziali[Torna su] Secondo un primo indirizzo, il verificarsi di una causa estintiva del reato "a monte" della sentenza di condanna in primo grado comporta l'inapplicabilità dell'art.578 c.p.p., indipendentemente dalla ragione per la quale l'estinzione del reato venga rilevata dal giudice dell'impugnazione. Questo perché "non è ravvisabile alcuna distinzione tra tra i fattori che escludono i presupposti dell'operatività dell'art. 578 c.p.p., qualora l'estinzione del reato sia maturata prima della sentenza di primo grado". Tra i plurimi interventi di legittimità, si richiama la pronuncia della Sezioni Unite n. 10086/1998, ribadita dalla Sezione 6 n. 33398/2002, dalla Sezione 5 n. 17370/2003 e dalla Sezione 4 n. 27393/2018. Per l'orientamento inverso, invece, "il giudice d'appello che dichiari la prescrizione maturata in epoca antecedente la sentenza di condanna (non perché erroneamente non rilevata, bensì) a seguito di un apprezzamento diverso riferito al regime circostanziale, ha il potere-dovere di decidere sull'impugnazione ai soli effetti delle statuizioni civili, in applicazione dell'art. 578 c.p.p.". Principio espresso, ad esempio, dalla Sezione 1 n. 12315/2005, dalla Sezione 4 n. 21569/2007 e dalla Sezione 5 n. 39446/2018. La decisione delle Sezioni Unite 2022[Torna su] Le Sezioni Unite (sentenza n. 39614/2022 sotto allegata) aderiscono al primo orientamento. Affrontando l'esegesi della normativa in esame, viene richiamata la sentenza della Corte Costituzionale n. 12/2016, che sottolinea la rigida interpretazione letterale dell'art. 578 c.p.p., vista la sua natura eccezionale contrapposta al principio di accessorietà dell'art. 538 comma 1 c.p.p., per il quale la decisione sulla domanda della parte civile è legato in via esclusiva alla condanna dell'imputato. Pertanto, "la portata derogatoria dell'art. 578 cod. proc. pen. [...] comporta come conseguenza che l'applicazione della disposizione in esame è limitata alle cause estintive cui essa fa riferimento" ossia l'amnistia e la prescrizione. Il giudice, quindi, non potrà pronunciarsi sulle statuizioni civili nel caso in cui, per esempio, il reato venga abrogato o qualificato come illecito civile, perché l'azione risarcitoria promossa dal soggetto danneggiato può essere accolta solo in presenza di una condanna. L'operatività dell'art. 578 c.p.p. deve essere subordinata alla condizione che la condanna alle statuizioni civili, seppur raggiunta da una amnistia o una prescrizione, sia stata validamente pronunciata in primo grado. Anche la Corte Costituzionale, con sentenza n. 182/2021, ha ribadito l'imprescindibilità di detta condizione. La conseguenza è che, per ritenere valida la sentenza di condanna alle statuizioni civili, la causa estintiva deve essere sopravvenuta rispetto alla sentenza di condanna di primo grado. Invero, ad una attenta lettura, l'art. 578 c.p.p. fa riferimento al solo giudice d'appello o alla Cassazione che dichiarino estinto il reato per amnistia o intervenuta prescrizione, senza menzionare la pronuncia del giudice di prime cure, correlando logicamente tale principio al sopravvenire della causa estintiva solo dopo la sentenza di primo grado. Il Supremo Consesso ritiene che il principio di accessorietà possa applicarsi anche quando si tratti di mera valutazione sul regime circostanziale che si riflette sulla maturazione dei termini di prescrizione. Il diverso approccio valutativo del giudice di appello è espressione del principio di legalità, che giustifica la sostituzione della sentenza di secondo grado a quella di primo grado. Le argomentazioni e la valutazioni del giudice di prime cure recedono a fronte di quelle offerte dal Giudice di appello, la cui sentenza sola "spiegherà gli effetti che le sono propri". "L'estinzione del reato dichiarata dal giudice dell'appello , ma maturata prima della condanna di primo grado, non può dirsi sopravvenuta alla condanna medesima, di cui travolge funditus la validità". D'altro canto, rilevano ancora le Sezioni Unite, se il giudice di primo grado avesse optato per analoga valutazione, avrebbe rilevato l'intervenuta prescrizione, con la conseguenza che non avrebbe emesso sentenza di condanna e non avrebbe deciso sulle statuizioni civili. Sulla falsariga di detto ragionamento e ribadita la stretta interpretazione del principio di accessorietà, la conclusione è che non possa esserci distinzione tra una prescrizione dichiarata per errore di calcolo ed un'altra che viene dichiarata "ora per allora" per effetto di una diversa valutazione. Il giudice "quando si discosta dal giudizio del grado precedente [...] lo fa rilevando una violazione di legge sostanziale o processuale, ossia un errore di diritto, ma pur sempre un errore. Esattamente come fa [...]quando rileva che il primo giudice ha errato nell'applicazione delle norme sul calcolo della prescrizione" . Il principio espresso dalla Cassazione[Torna su] Rimandando alla lettura della sentenza per ogni altro approfondimento, si riporta qui di seguito il principio espresso dalle Sezioni Unite: "il giudice di appello che, nel pronunciare declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, pervenga alla conclusione - sia sulla base della semplice constatazione di un errore nel quale il giudice sia incorso sia per effetto di valutazioni difformi - che la causa estintiva è maturata prima della sentenza di primo grado, deve revocare le statuizioni civili in essa contenute". |
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