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Data: 29/11/2022 13:00:00 - Autore: Giuseppe Mantia
Obbligo vaccinale e disapplicazione del diritto interno[Torna su]
La recente sentenza del 31.10.2022 del Tribunale di Firenze (sotto allegata) evidenzia che l'obbligo vaccinale contemplato dal decreto legge n. 44/21 e successivi deve essere disapplicato dal Giudice dello Stato membro, senza la necessità di passare per la Corte Costituzionale. Vediamo di capire il ragionamento del Giudice Dott.ssa Susanna Zanda. Psicologa sospesa dall'Ordine perchè non si è vaccinata[Torna su]
La vicenda giudiziale che porta alla decisione suddetta riguarda il caso di una psicologa che ha fatto ricorso al Tar per chiedere la sospensiva del provvedimento con cui il Consiglio dell'ordine di appartenenza l'ha sospesa dall'attività per il mancato rispetto dell'obbligo vaccinale. Il Tar ha declinato la propria giurisdizione con conseguente passaggio della causa al Tribunale ordinario di Firenze, autorità innanzi alla quale la psicologa sospesa ha proposto altre domande rispetto a quelle presentate al TAR competente. La domanda che più di ogni altre merita di essere segnalata riguarda la disapplicazione del dl n. 44/2021 per contrasto con alcune disposizioni della Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione Europea e della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, ma anche con la Carta di Nizza e con la Costituzione Italiana. Senza dilungarsi sugli aspetti procedurali della vicenda vediamo come il giudice ha trattato la questione nel merito. Tutela immediata se la legge viola le fonti primarie interne e UE[Torna su]
Il Giudice evidenzia prima di tutto le condizioni sancite dalla Corte Costituzionale per ritenere legittima una legge che impone un trattamento sanitario, precisando che tale trattamento non deve incidere negativamente sullo stato di salute degli individui. Ricorda poi che la Carta di Nizza (articoli 1 e 3), sancisce che l'Unione Europea pone la persona al centro della sua azione, tutelandone la libertà anche in campo medico, in quanto l'individuo non può essere sacrificato innanzi all'interesse collettivo. Principi che anche l'art. 32 della Costituzione tutela stabilendo che "la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". Neanche un solo cittadino europeo può essere infatti sacrificato per una sperimentazione medica o per altri motivi, perché:
La psicologa si è rivolta al Tribunale di Firenze, lo si ricorda, per chiedere la disapplicazione del dl n. 44/21. Il Giudicante, precisa il Tribunale adito, è quindi investito nel caso di specie della tutela sostanziale del diritto di lavorare, preservando la libertà della libera scelta in campo medico. Ma che cosa comporta la disapplicazione di una norma interna in contrasto con una norma Europea? Quando il Giudice comune accerta che la legge di cui il singolo chiede la disapplicazione, contrasta sia con la fonte unionale sia con la norma della Costituzione interna, perché sussiste piena armonia tra la fonte di rango primario unionale e la fonte di rango primario interna, può dare la tutela immediata al cittadino del suo stato, mediante la disapplicazione della legge ordinaria confliggente, senza rinvii pregiudiziali alla Corte di Giustizia e alla Corte costituzionale procedendo appunto alla non applicazione della fonte interna. L'obbligo di qualsiasi giudice nazionale di applicare integralmente il diritto dell'Unione e di tutelare i diritti che questo attribuisce ai singoli, comporta quindi il dovere di disapplicare la norma interna contrastante con quella europea, sia anteriore sia successiva a quest'ultima, così come affermato dalla Corte di giustizia fin dalla sentenza del 9 marzo 1978, Simmenthal (Corte giust. 9 marzo 1978, causa 106/77, Amministrazione delle finanze dello Stato c. SpA Simmenthal). La disapplicazione è una tecnica di risoluzione delle antinomie ed è stato escluso che il giudice nazionale - cui spetta assicurare ai singoli la tutela giurisdizionale derivante dalle norme del diritto dell'Unione e garantirne la piena efficacia - debba dover chiedere o attendere l'effettiva rimozione, a opera degli organi nazionali all'uopo competenti (nell'ordinamento italiano la Corte costituzionale), delle eventuali misure nazionali che ostino alla diretta e immediata applicazione delle norme dell'Unione (vd. 15 Corte giust. 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, punto 24; 4 giugno 1992, cause riunite C- 13/91 e C- 113/91, Debus, punto 32; 18 luglio 2007, C-119/05, Lucchini, punto 61; 27 ottobre 2009, C- 115/08, ?EZ, punto 138; 19 novembre 2009, C-314/08, Filipiak, punto 81; 22 giugno 2010, C-188/10 e C-189/10, Melki e Abdeli, punto 43; 26 febbraio 2013, C-617/10, Åkerberg Fransson, punto 45.) Dalla lettura delle fonti di rango primario il Giudicante trae la conclusione che il decreto legge 44/21 e la legge di conversione successiva sono in conflitto con la Carta di Nizza, perché: - vi è il fattore "coazione" incompatibile con la libertà delle cure in campo medico, infatti, chi non si vaccina subisce la conseguenza indiscutibilmente grave e negativa di essere sospeso dall'Ordine di appartenenza, uscendo senza un vero motivo dal mondo del lavoro, pur essendo sani e per periodi che sono stati peraltro eccezionalmente lunghi viste le proroghe applicate, non potendo sostentarsi e praticare la professione, espressiva di libertà personali intangibili (art. 2 e 13 cost.); - questi trattamenti vaccinali imposti dalle leggi italiane ordinarie sono sperimentali e non se ne conoscono gli effetti, perché sono stati autorizzati in base alla direttiva Ce 83/2001 e del regolamento europeo n. 507/2006 ossia in forma condizionata (AIC) , senza adeguati e completi studi di efficacia e sicurezza, e non sono stati testati per la prevenzione del virus ma solo della malattia. Il rifiuto di questo trattamento vaccinale, è dunque motivato perché "nessun cittadino europeo può essere costretto a trattamenti farmacologici sperimentali, specie quando, come in questo caso, esistevano evidenze scientifiche sull'efficacia degli antinfiammatori sin dalle prime fasi della malattia." Per giunta l'Aifa, come rilevato anche dall'Alta Corte Siciliana:
La premessa contenuta nel DL 44/2021 e ss.mm.ii, al fine di dare una giustificazione al trattamento sperequato dei sanitari, ovvero la prevenzione dei contagi, si è rivelata debole, perché i contagi non sono mai stati impediti dal trattamento vaccinale, e mai ciò è stato testato e affermato dalle case produttrici, che, tuttavia, li hanno raccomandati in plurime dosi e booster. Sorgono dubbi anche sulla correttezza nella caratterizzazione farmacologica di questi sieri, la cui denominazione di "vaccino" potrebbe essere stata fuorviante nella manifestazione del consenso degli inoculati, in aggiunta alla mancanza di pluralismo informativo scientifico dei media, cui pure erano obbligati in base all'art. 6 del codice deontologico del giornalista aggiornato al 2021 (gli studi sopra richiamati, infatti, non risultano commentati dalla maggior parte dei giornalisti TV e stampa). Il provvedimento di sospensione annotato e poi deliberato dall'Ordine con cui si sospende il medico dall'albo fino a che non si vaccini, contrasta pertanto con la Carta di Nizza agli artt. 1, 3 e anche 21 perché il medico è discriminato per le sue opinioni personali, per l'esercizio della sua libertà di scelta in campo medico, in quanto non può esprimersi nel mondo lavorativo e non può sostentarsi, pur trovandosi nella stessa condizione dei colleghi vaccinati, che possono essere contagiati nonostante i sieri sperimentali non dotati di efficacia immunizzante. Il Tribunale di Firenze, dott.ssa Susanna Zanda ha confermato pertanto il decreto inaudita altera parte già emesso, mandando gli atti alla Procura di Roma per gli eventi avversi, i morti e le numerose criticità evidenziate e per il fatto che la campagna vaccinale prosegue ed è stata recentemente perfino estesa ai neonati dai sei mesi in su, senza alcuna sperimentazione. |
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