Data: 23/01/2023 22:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Reato ostacolare il diritto di visita del padre

Per la Cassazione non può essere riconosciuta la non punibilità per particolare tenuità del fatto in favore dell'imputata che dolosamente non ha rispettato il provvedimento giudiziale di omologa in sede di separazione in relazione al diritto di visita del padre. Le condotte seriali della donna, da cui emerge la personalità dell'imputata non meritano quanto previsto dall'art. 13 bis c.p.

Ha errato la Corte di Appello inoltre nello sminuire il danno patito dalla persona offesa a causa della condotta della moglie separata. Il ricorso della Procura Generale va quindi accolto, rinviando alla Corte di Appello per un nuovo giudizio, che dovrà tenere conto delle osservazioni e indicazioni contenute nella sentenza della Cassazione n. 1933/2023 (sotto allegata).

La Procura Generale impugna la sentenza con cui la Corte di Appello ha assolto una mamma per il reato di cui all'art. 388 c.p., che punisce la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice. All'imputata è stato contestata la violazione del provvedimento con cui il giudice, in sede di separazione, aveva riconosciuto al marito il diritto di incontrare i propri figli minori.

Contraddittoria per la Procura la decisione di assoluzione. La Corte di appello, nel valorizzare la ripetitività delle condotte della donna ha in pratica concluso per la configurazione del reato contestato, per poi però sminuire i danni arrecati al querelante e alla prole, concludendo per tale ragione, per la non punibilità per particolare tenuità dei fatti.

Considerazioni che portano la Cassazione ad accogliere il ricorso della Procura Generale perché in sede di merito è emersa la chiara volontà dell'imputata di ostacolare sistematicamente al padre di vedere i figli, in violazione di quanto statuito dal provvedimento giudiziale di omologazione della separazione, nonostante la flessibilità con cui il diritto di visita del padre poteva essere modulato, con la collaborazione del servizi sociali, nei confronti dei quali però la donna ha sempre dimostrato chiusura.

Dalla sentenza di appello emerge non "un'unica condotta oppositiva iniziale protrattasi nel tempo, ma a diversi agiti di identico tenore tutti generati, tuttavia, dalla medesima scelta a monte di non voler adempiere al provvedimento giudiziale pretermesso (inequivoco in tal senso è li riferimento all'aggettivo "spesso" utilizzato dall'argomentare della sentenza gravata nel rassegnare le violazioni del diritto di visita e incontro dei figli che la persona offesa fondava sul citato provvedimento di omologa)".

Non può quindi essere riconosciuta la non punibilità per particolare tenuità del fatto perché il reato contestato si è configurato tramite l'esecuzione di condotte plurime, di natura seriale.

Nel caso di specie, infatti la donna non ha attuato il precetto giudiziale in diverse occasioni, in cui alla persona offesa è stata negata la possibilità di incontrare i figli, a causa della scelta dell'imputata "protrattasi senza soluzioni di continuità lungo l'arco temporale coperto dall'imputazione, di eludere li provvedimento reso in occasione della omologazione della separazione consensuale".

E' la serialità, sintomatica di una personalità che non merita il vantaggio riconosciuto dall'art. 131 bis c.p, che esclude la non punibilità per particolare tenuità del fatto. Ha errato quindi la Corte di Appello a non valorizzare questo elemento e l'intensità del dolo che ha guidato la condotta dell'imputata, del tutto restìa a trovare soluzioni più accomodanti nell'interesse di tutti e per rispettare il provvedimento giudiziale.


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