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Data: 02/02/2023 15:00:00 - Autore: Margherita MarzarioElementi costituzionali del giocoGià nel 1957 il filosofo tedesco Eugen Fink, nella sua opera "Oasi della gioia. Idee per una ontologia del gioco", sostiene che il gioco appartiene alla costituzione ontologica dell'esistenza umana, è un fenomeno esistenziale fondamentale. Solo, però, nel 1989 con la Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia il gioco è riconosciuto come uno dei fondamentali diritti dei bambini: "Gli Stati parti riconoscono al fanciullo il diritto al riposo, allo svago, a dedicarsi al gioco e ad attività ricreative proprie della sua età" (art. 31 par. 1). Formulazione completamente differente da quella dell'ambito ristretto dell'art. 7 par. 2 della Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959: "Il bambino deve avere tutte le possibilità di dedicarsi a giochi e ad attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono fare ogni sforzo per favorire la realizzazione di tale diritto". Per questo l'art. 31 resta uno degli articoli con la maggiore portata innovativa della Convenzione Internazionale, anche per aver specificato per i minori d'età il contenuto del previgente art. 24 della Dichiarazione Universale dei diritti umani: "Ognuno ha diritto al riposo e allo svago". Prima ancora del suo riconoscimento giuridico nella Convenzione Internazionale, al gioco si può attribuire anche una "veste costituzionale", ossia un suo inserimento nell'alveo della nostra Costituzione, aspetto non sempre esaminato. Il gioco, da sempre considerato palestra mentale e di vita (uno dei significati del latino ludus era scuola, elementare o dei gladiatori), lo è certamente per la democrazia e per il lavoro (art. 1 Cost.), attraverso il rispetto delle regole del gioco e l'impegno che comunque comporta. "L'aspetto relazionale è fondamentale nel gioco, posso stare da solo, ma giocare con qualcuno rende l'azione ludica ancora più completa. Allo stesso tempo, imparare a stare in gruppo, gestire i conflitti, schierarsi con l'uno o con l'altro, prendere delle decisioni da leader o seguire le scelte degli altri, sono tutte azioni che stanno dentro lo svolgimento di un gioco. Si crea in questo modo una sorta di area/arena protetta, in cui sappiamo che i bambini possono mettersi alla prova, mettere alla prova anche la propria capacità di stare con gli altri, di partecipare e di far valere i propri diritti" (da "I diritti dei bambini spiegati ai bambini", Istituto degli Innocenti 2021). Aiuta la socialità e socializzazione, lo svolgimento della personalità e la solidarietà (art. 2 Cost.). "Uno dei primi giochi che compaiono nell'infanzia è il nascondino. Già in braccio alla mamma, il piccolo di pochi mesi osserva con curiosità, tensione e apprensione il papà che fa capolino dietro le spalle della mamma per poi scomparire e ricomparire subito dopo. Alla ricomparsa del volto del papà, il piccolo sorride sollevato. E vuole ripetere il gioco più e più volte: tensione e rilassamento, preoccupazione per la scomparsa e gioia per il ritrovamento. Il piacere della vita non sta nell'assenza di tensione o in uno stress estenuante, ma nell'alternanza di queste esperienze, nel movimento, nel conflitto e, di certo, non nella guerra. Una raccomandazione: niente sadismi, non spingere la scomparsa oltre il limite di una sopportabile tensione. È solo un piacevole allenamento. Per le scomparse definitive c'è tempo e non è il caso di bruciare le tappe" (lo psicologo e psicoterapeuta Fulvio Scaparro). Il gioco fa sperimentare l'uguaglianza sostanziale, la rimozione degli ostacoli e l'effettiva partecipazione (art. 3 Cost.), locuzione introdotta nell'art. 31 della Convenzione Internazionale in cui si legge che il fanciullo ha il diritto di partecipare liberamente e, poi, pienamente alla vita culturale ed artistica, fondamentale per divenire cittadino (il cui etimo è proprio "insediarsi"). Con alcuni giochi, da quelli circensi a quelli sportivi, che sono delle vere professioni, si concorre al progresso materiale o spirituale della società (art. 4 Cost.), per non parlare di altre attività legate al gioco. Esso è anche un elemento culturale (non a caso nel succitato art. 31 della Convenzione è usato tre volte l'aggettivo "culturale"), che fa parte del patrimonio storico e artistico della Nazione (art. 9 Cost. cui è stata aggiunto un comma in cui si parla espressamente di "interesse delle future generazioni"). Si pensi alle numerose manifestazioni ludiche diffuse in tutta la Penisola, dalla partita di scacchi viventi a Marostica alla Giostra del Saracino ad Arezzo, che sono anche fonte di turismo. Tanto a livello locale quanto a livello internazionale, il gioco promuove l'educazione alla pace (art. 11 Cost.); i giochi olimpici sono nati nell'antica Grecia proprio con questo scopo. Il gioco consente altresì l'espressione e l'educazione di ogni forma di libertà, innanzitutto le tre libertà fondamentali e inviolabili (artt. 13-15), in particolare quella personale, cui si aggiungono quella di riunione (art. 17 Cost.) e quella di associazione (art. 18 Cost.) sino a quella di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.). Secondo Norberto Bobbio questi diritti di libertà "non sono propriamente regole del gioco: sono regole preliminari che permettono lo svolgimento del gioco" (in "Futuro della democrazia"), il gioco della vita. A tale proposito Scaparro aggiunge: "A me sembra che i ragazzi debbano crescere accanto ad adulti che conoscano e condividano le regole preliminari e dunque possano e vogliano giocare". Consente la rieducazione (art. 27 Cost.) dei detenuti minorenni o comunque detenuti in carceri minorili (come rivelano le esperienze positive all'interno del carcere di Nisida). Il gioco è pure uno degli imprescindibili momenti educativi da vivere e condividere nel rapporto genitori-figli (art. 30 Cost.), soprattutto per evitare le possibili insidie e gli effetti "autistici" di videogiochi ed Internet, come si ricava per esempio dal Rapporto dell'Associazione Meter 2021 pedofilia e pedopornografia «I numeri di un "omicidio psicologico"»: "Spesso il gioco virtuale rappresenta una realtà alternativa e una modalità per fuggire dal contesto che li circonda. Questo stato di benessere, di piacere che procura il gioco online per tempi prolungati può potenzialmente generare nei giovani uno stato di dipendenza. […]I bambini e gli adolescenti spesso giocano in ambienti domestici comuni – salotto e/o cucina – muniti di cuffie per ascoltare le conversazioni, ambienti occupati contemporaneamente dai genitori ignari che dietro la funzione del gioco potrebbero nascondersi potenziali rischi per il figlio". Una sana pratica del gioco, invece, contribuisce a prevenire la ludopatia e altre forme di dipendenza. Favorisce la salute di ogni individuo e della collettività (art. 32 Cost.). Senza dimenticare che in campo sanitario il gioco è efficace strumento di diagnosi (si ricordino, per esempio, le applicazioni di Melanie Klein nella psicoanalisi infantile), di catarsi e di terapia (da cui la ludoterapia, congiuntamente all'arteterapia e ad altri filoni terapeutici affini). Anche nel Rapporto Meter si ripete che "Il gioco è la tecnica più adatta per entrare in contatto con i bambini e con il loro mondo". Da tutti gli esperti è riconosciuta la sua rilevanza didattica. Il gioco infantile - non come passatempo ma come "tempo di vita" -, in passato valorizzato solo in alcune pedagogie, da quella montessoriana a quella steineriana (che hanno ideato appositi giochi, i cosiddetti giochi montessoriani e i giochi steineriani), è da sempre presente nella scuola dell'infanzia (in passato asilo e, poi, scuola materna) in cui si adotta una metodologia ludica e ludiforme ed è entrato oggi a pieno diritto nella scuola (art. 33 Cost.), per cui è improprio parlare di "giochi educativi" o "giochi didattici" come, invece, abitualmente si fa. Fra le numerose esperienze didattiche, oltre ai giochi linguistici si sono intensificati i giochi matematici per rendere meno ostica la disciplina della matematica (per la quale si parla anche di "giochi pre-matematici" da intraprendere già in famiglia, cogliendo tutte le "opportunità matematiche" nella quotidianità, dall'andare a fare la spesa insieme ai figli al farsi aiutare ad apparecchiare la tavola nell'ordinare le posate e altro per abituarli all'organizzazione, alle grandezze, alla quantificazione). Nelle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell'infanzia e del primo ciclo d'istruzione del 2012 (integrate dal documento "Indicazioni nazionali e nuovi scenari" del 2018) si parla diffusamente del gioco, in special modo nella parte relativa alla scuola dell'infanzia e in alcune discipline della scuola dell'obbligo. Nella parte introduttiva della disciplina della matematica nella scuola primaria si trova: "Nella scuola primaria si potrà utilizzare il gioco, che ha un ruolo cruciale nella comunicazione, nell'educazione al rispetto di regole condivise, nell'elaborazione di strategie adatte a contesti diversi". Infine, con le attività ludiche, la scuola concretamente si rende aperta a tutti (art. 34 Cost.). Anche gli art. 35 e ss. della Costituzione il gioco, per i giochi di ruolo che i bambini amano svolgere "interpretando" varie professioni, dal pompiere alla maestra, e perché in ogni lavoro si interpreta un ruolo e si rispettano le regole del gioco. Alla luce di tutto ciò, è evidente che il gioco sia altresì educazione alla legalità: "Il successo crescente dell'illegalità, nel pubblico e nel privato, l'autoassoluzione e il 'condonismo' diffusi, vedono premiati i furbi e umiliati gli onesti. Sempre più mi convinco che oggi la vera trasgressione consiste nel vivere nella legalità, senza timore di affrontare il prezzo salato che il rispetto delle regole del gioco comporta e senza paura di lottare contro chi gioca barando" (F. Scaparro). Sintetizzando gli aspetti suesposti, si può dire che il gioco fa sviluppare gli atteggiamenti adeguati per affrontare ogni crisi (qual è anche ogni fase della crescita) che sono stati definiti dall'economista francese Jacques Attali: il rispetto di sé, l'intensità, l'empatia, la resilienza, la creatività, l'ubiquità, il pensiero rivoluzionario. Il gioco fa parte della costituzione dell'infanzia e della natura umana in genere (anche gli animali e in particolare i mammiferi giocano). Infatti, dopo le restrizioni durante la pandemia da covid è stato pubblicato un manifesto "I diritti ritrovati" (giugno 2021) in cui, nell'ultima proposizione, si è riaffermato il "Diritto di giocare perché nel gioco si costruiscono relazioni. Sorridere è la strada più sicura per diventare grandi". Elementi costitutivi del giocoFra i tanti contemporanei, Ada Fonzi, esperta di psicologia dello sviluppo, ha precisato: "L'attività ludica è stata da sempre considerata una caratteristica fondamentale dell'essere umano, che rende l'uomo libero, sottraendolo alla necessità e al bisogno. Un'attività ineliminabile nella natura umana, sulla quale si sono soffermati gli autori di tutti i tempi, da Platone ad Aristotele a Kant, bene riassunta nelle parole illuminanti del filosofo Leibniz: «Gli uomini non hanno mai dimostrato maggiore spirito quanto nei diversi tipi di gioco che hanno inventato». In epoche più recenti, il gioco è stato un particolare oggetto privilegiato di studio da parte degli psicologi, che hanno indicato nell'attività ludica la principale fonte dello sviluppo che presiede ai processi di apprendimento, di immaginazione e alle funzioni sociali. È considerata la struttura portante dell'iter evolutivo, definita dallo psicologo Erik Erikson «la via maestra per comprendere gli sforzi dell'Io infantile verso la sintesi»". Secondo alcuni la parola "gioco" ha lo stesso etimo di "gioia". Il gioco: il migliore esercizio alla realtà, all'autenticità delle emozioni, altro che virtualità o altri artifici creati dagli adulti e dietro i quali ci sono interessi o egoismi degli adulti. Si è veramente se stessi nel gioco perché non si possono fingere le emozioni. Come commenta lo scrittore gallese Dylan Thomas: "Ma su tutta la splendida spiaggia ricordo specialmente i bambini e le bambine che giocavano e ruzzolavano e che forse non sarebbero mai stati così felici. "Felice come un bambino sulla sabbia" è una frase vera come il calore del sole". Lo psichiatra Eugenio Borgna chiarisce: "La gioia è nondimeno friabile e impalpabile, delicata e rugiadosa, come sabbia: si effonde e facilmente si sbriciola. […] La gioia trasforma immediatamente il modo di essere del volto e dello sguardo: che sembrano librarsi da ogni ombra e che si immergono nella luce di una assoluta trasparenza. La gioia, come la speranza, vive del presente ma si apre contestualmente al futuro. […] Nella sua leggerezza, direi, la gioia ci avvicina a una falda profonda e incontaminata della condizione umana" (in "L'arcipelago delle emozioni", 2001). La gioia non è affatto qualcosa di effimero, infatti la sua lontana origine etimologica sarebbe la radice sanscrita yuj (la stessa da cui deriva la parola "yoga"), tradotta perlopiù come "unione dell'anima individuale con lo spirito universale". Bisogna, pertanto, educare con gioia e alla gioia garantendo il diritto alla gioia dei bambini. "Egli [il bambino] ha diritto alla spensieratezza, alla risata, al gioco, e anche ad un avvenire professionale" (dalla Charte du Bureau International Catholique de l'Enfance, Parigi, giugno 2007). Un bambino che sta bene nel presente è ben predisposto per il futuro. Gioia: pienezza della vita, dire la pienezza della vita, dare la pienezza della vita, darsi alla pienezza della vita. Come i bambini, come con i bambini! Dalla pienezza dell'infanzia dipende l'integrità della vita e il futuro di ogni singola persona. L'insegnante Paola Spotorno scrive: "Negli Stati Uniti alcuni studiosi ritengono che chi inizia le scuole elementari con un grado di maturità e sviluppo superiore dato dall'età ha un vantaggio che si porterà dietro negli anni. Anche alcune rivelazioni Ocse Pisa hanno sottolineato come i bambini "anticipatari" facciano più fatica rispetto ai compagni che hanno l'età giusta. Certo non si può generalizzare, dipenderà da bambino a bambino e dal metodo che verrà adottato nella futura scuola elementare. Quello che va valutato, a detta di pedagogisti e psicologi, è che togliere un anno di gioco ai bambini non sia la scelta più opportuna. Restare con il gruppo dei pari aiuta a sviluppare autostima e consapevolezza, cosa che nella vita sarà più utile di un alfabeto imparato a cinque anni". Il gioco non è una perdita di tempo né un passatempo, ma è alla base della preparazione alla partecipazione libera e piena alla vita culturale e artistica, come si ricava dall'art. 31 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia. Anche il pedagogista Daniele Novara ribadisce: "I bambini e i ragazzi hanno il diritto a vivere la loro vita non così forzatamente fissata sulla prestazione scolastica. Devono poter sviluppare i loro interessi avendo il tempo per il gioco, gli incontri liberi, il movimento, lo sport". "Ogni fanciullo ha diritto al riposo, al gioco, alla partecipazione volontaria ad attività sportive; deve poter fruire inoltre di attività sociali, culturali e artistiche" (punto 8.28 Carta europea dei diritti del fanciullo, Risoluzione A3-0172/92). Novara soggiunge: "I bambini hanno il diritto a essere educati e gli adulti devono accorgersi della loro presenza e soprattutto dei loro bisogni. Non abbandoniamoli per ore davanti ai videogames. Hanno bisogno di incontrarsi e vivere insieme in carne e ossa in situazioni di realtà concreta, piuttosto che in contesti sempre più virtuali e sempre più pericolosi". Nell'art. 31 par. 1 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia si prevede che il bambino attraverso il gioco e le altre attività ha il diritto a partecipare "liberamente" alla vita culturale ed artistica e, poi, nel par. 2 si ripete che ha il diritto a partecipare "pienamente" alla vita culturale ed artistica, espressioni che significano il coinvolgimento totale del bambino. Il gioco è anche scuola di "saggezza", ovvero un saggio della vita. "La saggezza è intelligenza pratica, etica, è la capacità di riconoscere il bene qui e ora; essa sa guardare ai tempi lunghi, perché ascolta la lezione della storia (che ricorda come l'odio non paghi mai). La saggezza si riconosce nei valori mostrati dall'esempio concreto di persone capaci di dire con la vita la bellezza di tali scelte, di esprimere il meglio di sé, essendo disposte a pagarne il prezzo. Si tratta di aspetti del tutto preclusi a chi, pur capace e intelligente, è divorato dall'odio. […] Da qui l'importanza di educare alla sapienza, come via privilegiata all'edificazione del bene comune. La maggioranza dei curricola scolastici, anche nelle istituzioni di eccellenza, mirano per lo più a sviluppare la dimensione cognitiva, a fornire una preparazione tecnica, specialistica, ma lasciano disattesa la dimensione sapienziale, nel senso sopra ricordato" (lo studioso gesuita Giovanni Cucci). Saggio o sapiente è letteralmente colui che ha senno, che ha sapore. A tal fine è necessario che i bambini e i ragazzi sperimentino e si sperimentino. Multifunzionale e insostituibile è il gioco a qualsiasi età: basti pensare che gli stessi giochi tattili o sensomotori sono proposti ai bambini per "partecipare" alla vita e per la riabilitazione post-ictus o post-traumatica per tornare a "partecipare" alla vita. Lo psicoterapeuta dell'età evolutiva Alberto Pellai sottolinea: "È importante che i bambini sentano di essere amati, di avere adulti pieni di affetto che li circondano con amore e protezione, dando loro un senso di sicurezza e facendo sentire il valore che hanno nel cuore di chi a loro vuole bene. Ma i bambini hanno bisogno, crescendo, di costruirsi anche un paio di ali. Devono esplorare il mondo, cimentarsi con gli amici, appassionarsi alla natura, giocare…". Il gioco è anche un mezzo per conoscere se stessi e per conoscere l'altro, come spiega ancora Pellai: "[…] a sette anni i bambini possono avere tendenza a giochi e travestimenti femminili per motivi vari. Perché hanno più familiarità con il mondo delle donne, essendo magari figli unici che passano gran parte del loro tempo libero insieme a mamma, nonne e zie. Perché hanno un'attitudine naturale a prendersi cura degli altri e quindi sono molto più portati per il gioco con pupazzi e bambole piuttosto che con il pallone. A volte svolgono attività con altre femmine perché sono più capaci di intrattenere amicizia con loro o perché hanno avuto una brutta esperienza pregressa nel gioco con i maschi (sono stati trattati male da qualcuno o vittima di bullismo). Inoltre, quando noi parliamo di giochi e travestimenti femminili, utilizziamo categorie e codici che per i bambini potrebbero non assumere il medesimo nostro significato. Per esempio, sono tantissimi i bambini che giocano oggi con una cucina e si improvvisano "chef" con pentolini e posate di plastica. […] Le ricerche affermano che nella quasi totalità dei bambini che hanno una forte propensione a immedesimarsi in comportamenti e attitudini al genere opposto, essa scompare spontaneamente prima dell'adolescenza". La femminilità e la mascolinità, elementi costitutivi della personalità, dipendono da tanti fattori, soprattutto da come si vivono e interiorizzano relazioni ed emozioni. "[…] il fanciullo per il pieno ed armonioso sviluppo della sua personalità deve crescere in un ambiente familiare, in un'atmosfera di felicità, amore e comprensione" (dal Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia). Si noti che il legislatore internazionale non ha parlato genericamente di personalità ma ha anteposto l'aggettivo possessivo "sua". Il gioco favorisce ciò: "preparare il fanciullo ad assumere le responsabilità della vita in una società libera, in uno spirito di comprensione, di pace, di tolleranza, di uguaglianza tra i sessi […]". (art. 29 lettera d Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia). Infatti, il gioco è pure acquisizione di regole, non a caso si parla di "regole del gioco". Le regole non si fanno ma si costruiscono, non si impongono ma si compongono, non devono essere pesi che trattengono il passo ma pietre miliari lungo il cammino della vita. Educare è educare alle regole, educare nelle regole, come si ricava dagli obiettivi indicati nell'art. 29 della Convenzione Internazionale sui Diritti dell'Infanzia, dove si parte dallo sviluppo della personalità del fanciullo (lettera a) per giungere ad inculcare nel fanciullo il rispetto per l'ambiente naturale (lettera e) e, quindi, per ogni ambiente. Importante in questo processo il gioco attraverso cui il bambino si esercita a partecipare "liberamente" (riferimento importante perché la propria libertà è presupposto della libertà anche dell'altro) alla vita culturale e artistica. Il bambino deve giocare liberamente e non necessariamente in maniera strutturata o con giocattoli o con altri perché è importante che provi le sue capacità, le sue emozioni, i suoi movimenti, il suo rapporto con lo spazio e il tempo. Nelle Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei (adottate con decreto ministeriale 22 novembre 2021 n. 334) sono stati ribaditi i diritti dell'infanzia e l'importanza del gioco; nel paragrafo "I bambini e le loro potenzialità" si riafferma che "Il gioco è il loro modo fondamentale di espressione, scoperta, conoscenza ed elaborazione delle esperienze, apprendimento". Anche nelle Linee guida sull'infanzia e l'adolescenza (a cura dell'AICS, Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, giugno 2021) si legge, tra l'altro: "Il "Diritto all'educazione" va inteso in senso ampio, come diritto dei minori non solo all'istruzione e alla formazione, ma anche al gioco e alle attività culturali". Questa proposizione rimarca, per l'ennesima volta, la valenza educativa e culturale del gioco. I bambini detengono il segreto della vita (stupore, entusiasmo, curiosità, gioia di vivere, accontentarsi di poco…) ma gli adulti glielo fanno perdere inesorabilmente. Il bambino ha diritto alla serenità (della quale si parla espressamente nella parte relativa alla scuola dell'infanzia delle Indicazioni nazionali del 2012) e a tutto ciò che è la sua natura, il resto è stortura o bruttura. "La vita è un gioco bellissimo e tu fammela giocare / Guardami con occhi tranquilli, positivi, senza paura / E grazie a te vivrò la mia bellissima avventura / A volte cadrò, sbuccerò un ginocchio, mi farò male / Ma poi mi rialzerò in piedi e ricomincerò ad andare / Perché c'è sempre un po' di rischio quando si cresce / Ma se non si rischia un po', a diventar grandi non si riesce" (Alberto Pellai in "Mentre la tempesta colpiva forte", 2020). |
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