Data: 26/02/2023 06:00:00 - Autore: Annamaria Villafrate

Abuso del processo e condanna per responsabilit� aggravata

Quando si abusa del processo, per la condanna ai sensi dell'art. 96 comma 3 c.p.c. non � necessario che la parte che subisce la condotta di controparte ne faccia richiesta o provi i danni. Basta la malafede o la colpa grave nel violare le regole minime di diligenza necessarie per acquisire consapevolezza della infondatezza o della inammissibilit� della propria domanda.

Lo ha chiarito la Cassazione con l'ordinanza n. 5191/2023 (sotto allegata) al termine della vicenda che segue.

In una controversia di natura fallimentare due societ�, cedente e cessionaria di un credito, ricorrono in Cassazione contro il provvedimento del Tribunale, che ha rigettato il ricorso proposto contro il decreto di esecutoriet� dello stato passivo.

Le societ� fanno presente di essere venute a conoscenza di una ricognizione del debito non esistente e frutto di un'attivit� fraudolenta, per cui la domanda di accoglimento al passivo in questione risultava viziata da falsit�, errore e dolo.

Contro la decisione del Tribunale, che ha respinto il ricorso, ritenendo insussistenti i vizi denunziati, le due societ� ricorrono in Cassazione denunciando, con l'ultimo motivo, la violazione dell'art. 96 comma 3 c.p.c, ritenendo che nel caso di specie non sussistono le condizioni per la sua applicazione.

Motivo che viene respinto dagli Ermellini in quanto, come gi� spiegato, la responsabilit� aggravata di cui al comma 3 dell'art. 96 c.p.c. non richiede la domanda di parte o la prova del danno, ma la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, che sussiste se � stato violato quel minimo di diligenza tale da rendersi conto della infondatezza o inammissibilit� della propria domanda.

La mala fede e la colpa grave devono riguardare l'esercizio dell'azione processuale nel suo complesso. Merita quindi la sanzione l'abuso del processo, senza che rilevi la sussistenza di un danno arrecato a controparte e che la stessa ne faccia richiesta, come previsto nel caso di azione pretestuosa per contrariet� al diritto vivente o alla giurisprudenza consolidata o per manifesta inconsistenza giuridica o palese e strumentale infondatezza dei motivi.

Il Tribunale ha quindi ben deciso quando ha sancito la condanna ex art. 96 c.p.c per infondatezza del ricorso e inconsistenza dei motivi dell'opposizione.


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