|
Data: 20/03/2023 09:00:00 - Autore: Floriana Baldino
Procedura sovraindebitamento: il caso[Torna su]
Il nuovo codice della crisi di impresa, così come anche la vecchia legge 3/2012, più conosciuta a tutti come legge "salvasuicidi", prevedono degli strumenti molto utili per uscire dalla crisi di impresa e/o dalla crisi del consumatore, seppur essa appare ancora poco conosciuta e scarsamente utilizzata, a causa, forse, della carente informazione sul potenziale di queste procedure, soprattutto in tempi di grave crisi economica. Proprio grazie agli strumenti offerti da tali normative, un imprenditore edile è riuscito a far fronte ad una situazione debitoria elevata e a bloccare la procedura esecutiva sull'immobile di abitazione. La vicenda ha per protagonista un imprenditore edile pugliese, che, a causa della grave crisi che colpiva il settore, chiudeva la sua attività lavorativa con elevati debiti, per circa 300 mila euro. La vicenda, si intreccia suo malgrado, come spesso accade nel mondo dell'imprenditoria, con la storia di sovraindebitamento della moglie, la quale negli anni, per far ottenere all'attività del marito liquidità da parte delle banche, aveva firmato garanzie in favore dello stesso, mettendo a rischio anche la sua proprietà immobiliare, immobile che, di fatto, era finito all'asta insieme ai beni immobili del coniuge. L'esecuzione, su tutti i beni dei coniugi, era già stata fissata per maggio p.v. Tuttavia l'ex imprenditore, ormai in pensione dal 2020, decideva di avviare la procedura di gestione della crisi di impresa, e veniva seguito, in questo suo percorso, dall'avvocato Davide Tarantini, nel tentativo di salvare l'immobile della moglie. Richiesta la nomina del gestore della crisi d'impresa, presso il Tribunale di Trani, veniva nominato, la scrivente avvocato, Floriana Baldino, la quale, richieste tutte le certificazioni del credito ai creditori procedenti nell'esecuzione e non, redigeva la sua relazione, chiedendo che venisse dichiarata, dai giudici delegati nella procedura di sovraindebitamento, l'improcedibilità della procedura esecutiva pendente presso lo stesso Tribunale, contro l'imprenditore e la moglie. La situazione debitoria[Torna su]
I debiti che l'imprenditore tranese aveva accumulato negli anni, di circa 300 mila euro, erano sia con le banche che con lo Stato. Andato in pensione, l'imprenditore non aveva più potuto saldare i debiti sin lì accumulati, atteso che viveva solo di una modestissima pensione, di circa 900 euro, e non aveva, in conseguenza del nuovo status sociale, liquidità sufficienti. L'uomo possedeva immobili personali, che non aveva alcuna intenzione di sottrarre ai creditori, mentre invece sperava di salvare dall'esecuzione già avviata dalla banca creditrice, l'immobile della moglie, divenuta debitrice con il marito per le garanzie firmate in suo favore. La procedura esecutiva, contro tutti gli immobili dei coniugi, era stata avviata dalla Banca nel 2020, e la prima asta veniva, dunque, fissata a maggio. Procedura di liquidazione controllata del patrimonio[Torna su]
Depositato il ricorso, con la richiesta di apertura del procedimento di liquidazione controllata ex art. 268 CCII, in favore dell'ex imprenditore, ed allegato al ricorso le relazione particolareggiata redatta dello scrivente avvocato, in qualità di gestore della crisi, il Giudice designato disponeva che: "ai sensi degli artt. 270, c. 5 e 150 CCI, a partire dalla data di pubblicazione della presente sentenza nessuna azione individuale esecutiva o cautelare anche per crediti maturati durante la procedura di liquidazione controllata del patrimonio può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella liquidazione controllata del patrimonio". Il giudice dell'esecuzione inoltre, a seguito del deposito della sentenza nella procedura esecutiva, prendeva atto dell'apertura della liquidazione controllata, e sospendeva la procedura esecutiva.
|
|