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Data: 29/03/2023 06:00:00 - Autore: RedazioneConvivenza di fatto e coabitazioneNella convivenza di fatto more uxorio, a differenza del matrimonio, la scelta di coabitare è libera e non consegue ad un obbligo giuridico. Lo ha ribadito la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 6810/2023 (sotto allegata). La vicenda in esame riguardava una coppia non sposata con due figlie minori che entrambi chiedevano venissero collocate presso ciascun genitore. In appello, la Corte di Brescia, riformando la decisione del giudice di prime cure previa conferma dell'affidamento condiviso delle figlie ad entrambi i genitori, stabiliva il collocamento prevalente delle figlie presso la madre, alla quale era stata assegnata la casa familiare. Inoltre, poneva a carico del padre un assegno di mantenimento per ciascuna figlia. L'uomo ricorreva per Cassazione, contro la statuizione dell'assegnazione della casa familiare e la collocazione prevalente, ma per gli Ermellini la decisione d'appello è corretta. La Suprema Corte ha sottolineato infatti che come è noto, per la cd. famiglia di fatto non trova applicazione la disciplina delineata dagli artt. 143 e ss. c.c., "perché nella convivenza di fatto more uxorio la scelta di coabitare è libera e non consegue ad un obbligo giuridico, tanto è vero che 'In materia di famiglia di fatto non fondata sul matrimonio, non essendo le parti legate da vincolo di coniugio, la cessazione del rapporto avviene ad nutum, ovvero senza necessità per l'autorità giudiziaria di accertare il carattere irreversibile della crisi del rapporto attraverso l'espletamento di tentativo di conciliazione, atteso che l'esame del Tribunale risulta elettivamente diretto alla verifica dell'adeguatezza degli accordi raggiunti per l'interesse della prole minore, alla luce del disposto normativo di cui all'art. 155 comma 2 c.c.'" (cfr. Cass. n. 10102/2004). Ne consegue che, una volta, intervenuta la cessazione della convivenza di fatto more uxorio - come nel caso in esame - trovano applicazione proprio gli artt. 337 bis e ss. c.c. Per cui, la prospettazione del ricorrente di una assegnazione congiunta della casa familiare non trova alcun riscontro nella disciplina invocata ed erroneamente interpretata e ciò "a prescindere dalla ricorrenza o meno di una intollerabilità della convivenza, essendo all'uopo sufficiente, per l'adozione dei provvedimenti in esame, l'avvenuta cessazione della convivenza more uxorio in assenza di una volontà comune e concorde dei genitori - già conviventi di fatto - alla prosecuzione della convivenza ad altro titolo". Nulla di fatto, neanche in ordine alla possibilità di disporre l'assegnazione della casa ai figli, con rotazione dei genitori: la questione è inammissibile in quanto non tempestivamente proposta in fase di merito e in ogni caso avrebbe dovuto essere rappresentata "in modo pertinente e concreto, come opzione, che presuppone una seria e concordata organizzazione dei genitori a ciò funzionale, nel rispetto e nell'esercizio della responsabilità genitoriale di ciascuno - e che - avrebbe potuto rispondere al reale interesse dei minori ed alle loro esigenze di crescita ed essere idonea a consolidare l'habitat e le consuetudini di vita, finalità a servizio della quale è prevista l'assegnazione della casa familiare, di modo da consentire al giudicante gli approfondimenti istruttori, anche officiosi, e le valutazioni del caso". Da qui il rigetto del ricorso. |
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