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Data: 10/04/2023 08:00:00 - Autore: RedazioneInammissibilità del ricorso incomprensibileLa Suprema Corte ha ribadito che il mancato rispetto del dovere di chiarezza e sinteticità espositiva nella redazione del ricorso per Cassazione comporta la declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione. Così la Cassazione con l'ordinanza n. 7600/2023 (sotto allegata). Nella vicenda, relativa alla reintegra nel possesso di un immobile a seguito i asserito spoglio, già il giudice d'Appello evidenziava l'inammissibilità del gravame per essere incomprensibile e non rispettoso dei requisiti di specificità di cui all'art. 342 c.p.c. Gli appellanti, infatti, avevano contestato diverse presunte violazione di legge con confuse disquisizioni prive di logica espositiva in ordine un elenco di errori ed omissioni della sentenza di primo grado oltre che delle ordinanze rese in fase cautelare di merito. Giunta la vicenda in Cassazione, gli Ermellini evidenziano preliminarmente che il ricorso presenta plurimi profili di inammissibilità. E affermano innanzitutto la violazione dell'art. 366, comma 1, nn. 3, 4, cod. proc. civ. (ratione temporis applicabili), "che prescrive che l'atto sia redatto in forma sintetica, con una selezione dei profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice, in un'ottica di economia processuale, che deve trovare riscontro nella formulazione, altrettanto concisa, dei motivi di ricorso". Citano in proposito l'orientamento ribadito più volte, da ultimo anche dalle Sezioni Unite (sentenza n. 37552/2021), secondo cui: "Il ricorso per cassazione deve essere redatto in conformità ai principi di chiarezza e sinteticità espositiva, occorrendo che il ricorrente selezioni i profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice posti a fondamento delle doglianze proposte, in modo da offrire al giudice di legittimità una concisa rappresentazione dell'intera vicenda giudiziaria e delle questioni giuridiche prospettate e non risolte o risolte in maniera non condivisa, per poi esporre le ragioni delle critiche nell'ambito della tipologia dei vizi elencata dall'art. 360 c.p.c.; tuttavia l'inosservanza di tali doveri può condurre ad una declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione soltanto quando si risolva in una esposizione oscura o lacunosa dei fatti di causa o pregiudichi l'intelligibilità delle censure mosse alla sentenza gravata, così violando i requisiti di contenuto-forma stabiliti dai nn. 3 e 4 dell'art. 366 c.p.c.". Nella specie, rammentano ancora dalla S.C. bacchettando i ricorrenti, "l'inosservanza del requisito di sinteticità e chiarezza pregiudica l'intellegibilità delle questioni, rendendo oscura l'esposizione dei fatti di causa e confuse le censure mosse alla sentenza gravata e, pertanto, comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso, ponendosi in contrasto con l'obiettivo del processo, volto ad assicurare un'effettiva tutela del diritto di difesa (Cost., art. 24), nel rispetto dei principi costituzionali e convenzionali del giusto processo (Cost., artt. 111, comma 2, e 6 CEDU), senza gravare lo Stato e le parti di oneri processuali superflui". Difatti, alla relativa semplicità delle questioni giuridiche concernenti la controversia, congruamente illustrata nella sentenza impugnata, si contrappone un ricorso di 65 pagine che non rispetta i canoni redazionali della chiarezza e della sinteticità e, anzi, "è ponderoso, ipertrofico, con una mescolanza di elementi di fatto ed elementi di diritto che rendono incomprensibile le ragioni delle doglianze, risultando palese la violazione dei principi di sinteticità e chiarezza sopra richiamati". Non solo, "i motivi sono formulati in maniera farraginosa, disordinata confusa, con una prosa involuta, difficilmente comprensibile, appesantita da continue e ridondanti ripetizioni e sovrapposizioni di elementi di fatto e di diritto, rendendo impossibile per il Collegio di discernere le critiche rivolte alla sentenza impugnata in vista del controllo di legittimità". Tale tecnica redazionale, dunque, "non è compatibile con i principi esposti che definiscono le modalità di introduzione del giudizio di legittimità sulla base del disposto dell'art. 366 c.p.c." come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità, risultando pertanto palese "la violazione dei principi di sinteticità e chiarezza del ricorso". Per quanto esposto, la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, con conseguente assorbimento degli altri profili di inammissibilità.
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