Il licenziamento del genitore obbligato giustifica la redazione dell'assegno di mantenimento ai figli. Questo quanto emerge dall'ordinanza n. 15101/2023 della prima sezione civile della Cassazione (sotto allegata).
Nella vicenda, l'ex moglie adiva il Palazzaccio avverso la sentenza della Corte d'appello che aveva rideterminato il quanto dell'assegno in favore dei figli e a carico del padre. La donna lamentava che i giudici di merito avevano omesso di considerare, quale indispensabile elemento di riferimento ai fini della valutazione di congruità dell'assegno, le disponibilità patrimoniali dell'onerato anche nel rapporto di proporzione con quelle dell'altro genitore, la rispettiva capacità di lavoro professionale e/o casalinga di ciascun coniuge, il tenore di vita pregresso assicurato ai figli prima la separazione dei genitori, anche in relazione al contesto sociale del nucleo.
Per gli Ermellini il ricorso è infondato.
Facendo riferimento al quadro normativo, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 156 c.c. si prevede che il giudice, premettono i giudici, "su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti di carattere patrimoniale, qualora sopravvengano giustificati motivi. L'art. 156 c.c. prevede, altresì, il diritto del coniuge, che non ha adeguati redditi propri, di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento (comma 1) e che l'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato (comma 2)". Per cui, in base alla richiamata normativa, la Cassazione ha affermato il principio secondo cui "qualora venga proposta istanza di revisione delle condizioni economiche della separazione consensuale, il giudice può e deve procedere alla chiesta modificazione quando l'equilibrio economico, risultante dai patti della separazione consensuale e dalle parti voluto con riguardo alle circostanze in quel momento esistenti, risulti alterato per la sopravvenienza di circostanze che le parti stesse non avrebbero potuto tener presenti nel fissare quei patti". In aggiunta, si precisa (Cass. civ. Sez. 1, n. 18608 del 30/06/2021) che "Il provvedimento di revisione dell'assegno di mantenimento dei figli sia minorenni che maggiorenni non autosufficienti, nati fuori dal matrimonio, presuppone, come per le analoghe statuizioni patrimoniali pronunziate nei giudizi di divorzio e separazione, non soltanto l'accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei genitori, ma anche la loro idoneità a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo del predetto assegno. Ne consegue che il giudice non può procedere ad una nuova autonoma valutazione dei presupposti dell'entità dell'assegno ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell'attribuzione originaria dell'emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in quale misura, le circostanze sopravvenute abbiano alterato l'equilibrio così raggiunto ed adeguare l'importo o lo stesso obbligo della contribuzione all'eventuale nuova situazione patrimoniale".
Nel caso di specie, il licenziamento dell'obbligato risulta una circostanza sopravvenuta non prevedibile al momento della iniziale determinazione dell'assegno di mantenimento, che ha causato un effettivo depauperamento delle sostanze di quest'ultimo, tale da postulare una rinnovata valutazione comparativa della situazione economico-patrimoniale delle parti.
Per cui il ricorso è rigettato.