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Data: 10/07/2023 06:00:00 - Autore: Nello Vittorelli
Lesioni da emotrasfusione[Torna su]
Le Sezioni Unite della Suprema Corte dirimono il contrasto giurisprudenziale di legittimità con sentenza n. 19129/2023 pubblicata il 06.07.2023 (sotto allegata). Nella vicenda in oggetto, Tizio subiva una trasfusione di sangue nel corso di un intervento chirurgico resosi necessario a cause delle lesioni patite in un incidente stradale. Successivamente, a seguito di accertamenti, veniva a conoscenza di aver contratto l'infezione da virus dell'HIV, talché si determinava a presentare domanda amministrativa – accolta dalla Commissione medica di prima istanza - per il riconoscimento del proprio permanente stato invalidante come discendente dalla trasfusione a cui era stato sottoposto. Durante l'iter processuale che traeva origine dalla domanda risarcitoria avanzata dal danneggiato, la Corte Distrettuale aveva respinto l'eccezione di prescrizione del diritto risarcitorio in questione, sollevata dal Ministero della Salute, sul presupposto per cui il decorso temporale utile a far valere il diritto stesso può aver inizio solamente dal momento in cui la malattia viene percepita e vi è la consapevolezza della derivazione della patologia dalla trasfusione. Nel contempo, il Giudice del secondo grado aveva statuito che l'accertamento della riconducibilità del contagio all'emotrasfusione, compiuto dalla Commissione medica ex art. 4 della legge n. 210 del 1992, non poteva essere messo in discussione dal Ministero nel giudizio di risarcimento del danno, perché proveniente da un organo dello Stato ed imputabile allo stesso Ministero. Questione rimessa alle Sezioni Unite[Torna su]
A seguito del ricorso per Cassazione intentato dal Ministero della Salute, con ordinanza interlocutoria del 31 ottobre 2022 n. 32077, la Terza Sezione Civile della Suprema Corte ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, al fine di risolvere il contrasto di giurisprudenza sull'efficacia probatoria, nel giudizio avente ad oggetto l'azione di risarcimento del danno, della valutazione espressa, quanto al nesso causale fra emotrasfusione e insorgenza della patologia, dalla Commissione medica ospedaliera di cui all'art. 4 della legge n. 210 del 1992. La questione veniva rimessa alle Sezioni Unite. La decisione delle Sezioni Unite della Cassazione[Torna su]
Come noto, e ribadito dalla Suprema Corte, il diritto all'indennizzo ex lege n. 210 del 1992 e quello al risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ., che l'ordinamento riconosce come concorrenti, presuppongono entrambi un medesimo fatto lesivo, ossia l'insorgenza della patologia, derivato dalla medesima attività (cfr. in motivazione Cass. S.U. 11 gennaio 2008 n. 584). L'azione di danno si differenzia da quella finalizzata al riconoscimento della prestazione assistenziale essenzialmente perché richiede anche che l'attività trasfusionale, o la produzione di emoderivati, siano state compiute senza l'adozione di tutte le cautele ed i controlli esigibili a tutela della salute pubblica. Nel caso di specie, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno ritenuto fondato il ricorso intentato dal Ministero della Salute in relazione al motivo di censura del capo della sentenza impugnata che ha ritenuto provato il nesso causale fra somministrazione della trasfusione e insorgenza della patologia, valorizzando il solo giudizio espresso dalla Commissione medica ospedaliera, nell'ambito del procedimento disciplinato dalla citata legge n. 210 del 1992. In particolare, secondo l' indirizzo nomofilattico delle SS.UU. in esame, l'orientamento inaugurato dalla sentenza Cass. n. 15734/2018 – fondato sulla natura di organo del Ministero della Salute, da riconoscere alle Commissioni mediche che intervengono nel procedimento disciplinato dalla legge n. 210 del 1992 – contrasta con il principio, di carattere generale, ripetutamente affermato dalla giurisprudenza giuslavoristica e dalle stesse Sezioni Unite, secondo cui il giudizio espresso nella materia della previdenza ed assistenza obbligatoria dai collegi medici è espressione di discrezionalità tecnica, non amministrativa. Ne deriva come esso sia privo di efficacia vincolante, sostanziale e procedimentale, in quanto l'accertamento sanitario è solo strumentale e preordinato «all'adozione del provvedimento di attribuzione della prestazione in corrispondenza delle funzioni di certazione assegnate alle indicate commissioni». Talché le Commissioni mediche competenti ad accertare la patologia denunciata, a verificarne la riconducibilità all'emotrasfusione o alla vaccinazione, costituiscono articolazioni del Ministero della Salute, alle quali è affidata, per effetto di specifiche disposizioni di legge, la competenza ad esprimere valutazioni tecniche che integrano atti endoprocedimentali strumentali all'adozione di provvedimenti riservati a Ministeri. La Commissione medica, quindi, nell'effettuare l'accertamento alla stessa demandato dall'art. 4 della legge n. 210 del 1992, non agisce quale organo del Ministero della Salute e la valutazione espressa impegna quest'ultimo, anche in sede amministrativa, nei soli limiti della disciplina dettata per il procedimento nel quale l'atto si inserisce. A tale stregua il verbale di Commissione medica non ha valore confessorio nei confronti del Ministero della Salute, mentre il provvedimento amministrativo di riconoscimento del diritto ex L. 210 del 1992 costituisce elemento grave e preciso, da solo integrante prova presuntiva a favore del danneggiato in relazione alla dimostrazione del nesso causale. Da ultimo le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno statuito che, nel giudizio di risarcimento del danno, il giudicato esterno formatosi fra le stesse parti sul diritto alla prestazione assistenziale ex lege n. 210 del 1992, fa stato quanto alla sussistenza del nesso causale fra emotrasfusione e insorgenza della patologia ed il giudice del merito è tenuto a rilevare anche d'ufficio la formazione del giudicato. Avv. Nello Vittorelli
Professionista – Avvocato in Cassino |
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