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Data: 24/07/2023 06:00:00 - Autore: Francesco Filippo Tigano
Concorso dirigenti Agenzia Entrate, la sentenza del Consiglio di Stato[Torna su]
Il Consiglio di Stato (con la sentenza n. 6237/2023) ha ritenuto irrefutabile la decisione del TAR Lazio (n. 14858/2022) che ha caducato l'intera graduatoria del concorso a 175 posti per dirigenti presso l'Agenzia delle entrate; pertanto, sorge la necessità di redigere una nuova graduatoria che, nel rispetto dei princìpi individuati dal giudice amministrativo, consenta di proclamare i reali vincitori del concorso ai quali potrà essere conferito l'incarico per l'esercizio delle funzioni dirigenziali. In questa sede non intendiamo occuparci, ex novo, dell'illegittimità della graduatoria, ma degli obblighi che la sentenza impone all'Agenzia delle entrate, che sembra perseguire, ancora una volta, la logica opaca dell'intuitu personae. Una considerazione, che era la logica conseguenza delle indiscrezioni comparse sul quotidiano "Italia Oggi" ove si leggeva che l'Amministrazione Finanziaria avrebbe mantenuto in vigore la graduatoria annullata dal giudice amministrativo nelle more della formazione di una nuova e che era stata avvalorata, anche, dal tempo già trascorso dalla data di pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato. Ora, ha trovato definitiva conferma nel comunicato stampa, datato 12 luglio 2023, dell'Agenzia delle entrate, che afferma con forza la sua volontà di mantenere in vigore la graduatoria dichiarata illegittima, acquietando, con tono perentorio, i "presunti" dirigenti sulla legittimità del loro incarico e dei relativi atti emessi. Annullamento dell'atto amministrativo da parte del giudice[Torna su]
L'atto amministrativo dichiarato illegittimo dal giudice perde efficacia ex tunc, per consolidata giurisprudenza e autorevole dottrina. L'atto amministrativo annullato esce dal mondo giuridico e deve considerarsi tam quam non esset con effetto retroattivo. La rimozione dell'atto amministrativo comporta la caducazione di tutti gli effetti medio tempore prodotti. Chi scrive è perfettamente a conoscenza di alcune sentenze [1] che hanno ritenuto, in situazioni molto particolari, che il «giudice amministrativo nazionale, così come la Corte di Giustizia [Europea], può differire gli effetti di annullamento degli atti impugnati, risultati illegittimi, ovvero non disporli affatto, statuendo solo gli effetti conformativi, volti a far sostituire il provvedimento risultato illegittimo». L'Amministrazione, viceversa, non può disporre una specie di "ultrattività" dell'atto amministrativo illegittimo annullato dal giudice e non può adottare né atti né comportamenti dilatori, per consentire all'atto illegittimo, espunto dal mondo giuridico, di continuare a produrre effetti nelle more dell'emanazione di un nuovo atto privo di vizi sostanziali. La sentenza di annullamento ha un effetto demolitorio dell'atto impugnato ed è immediatamente esecutiva. Inoltre, nel caso in specie, la sentenza è, già, passata in giudicato, non essendo proponibili mezzi di impugnazione avverso i provvedimenti giurisdizionali del Consiglio di Stato. La sentenza fa stato nei confronti delle parti e di tutti i partecipanti al concorso risultati idonei, che possono attivarsi, immediatamente, per notificare la sentenza e attivare il giudizio di ottemperanza, per chiedere la nomina del Commissario ad acta superando l'inerzia dell'Agenzia delle entrate. Effetti dell'annullamento[Torna su]
L'annullamento della graduatoria determina, come abbiamo anticipato, il venir meno di tutti gli effetti medio tempore verificatisi. Ne consegue che il provvedimento amministrativo di conferimento dell'incarico dirigenziale, che si fonda sulla graduatoria annullata è travolto ope legisper il venir meno dell'atto presupposto. Non è, revocabile in dubbio, che l'atto di conferimento dell'incarico dirigenziale, trova il suo fondamento nella graduatoria definitiva legittimamente approvata. La lettura dell'art. 19 del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 dà piena contezza della correttezza sostanziale delle conclusioni, cui è pervenuta la giurisprudenza e la dottrina in tema di inefficacia derivata degli atti emessi sulla base di una graduatoria annullata, per illegittimità sostanziale come è avvenuto nel caso oggetto del presente scritto. Il comma 2 del citato art. 19, come modificato dall' art.14-sexsies, comma 1, legge 17 agosto 2005 n. 168, testualmente recita «tutti gli incarichi di funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferite seconde le disposizioni del presente articolo. Con il provvedimento di conferimento dell'incarico […] sono individuati l'oggetto dell'incarico e gli obbiettivi da conseguire […] al provvedimento di conferimento dell'incarico accede un contratto individuale con cui è definito il corrispondente trattamento economico». La lettura dell'articolo riprodotto evidenzia, in modo inequivocabile, che l'annullamento della graduatoria ha senz'altro travolto il provvedimento di conferimento dell'incarico. Una conclusione diversa genererebbe il paradosso giuridico che con la nascita di una seconda graduatoria l'Amministrazione dovrebbe pagare i dirigenti illegittimamente nominati sulla base della graduatoria annullata, almeno, fino alla data di approvazione della nuova graduatoria e i dirigenti legittimamente nominati sulla base di quest'ultima, con decorrenza retroattiva, in forza del principio che il tempo intercorso tra la data del ricorso e il conferimento dell'incarico non può pregiudicare le posizioni giuridiche tutelate dalla sentenza. La situazione produrrebbe danni erariali non indifferenti, che graverebbero sulla collettività, a meno che la Corte dei conti non riuscisse ad addebitarli direttamente agli autori di questo grossolano pasticcio ampiamente prevedibile. Invero, dottrina e giurisprudenza sono pervenute, da tempo, alla conclusione che l'illegittimità della graduatoria travolge, automaticamente, il contratto anche nelle ipotesi in cui tra quest'ultimo e la graduatoria non si sia interposto un provvedimento. In questo senso si è pronunciata la Corte di cassazione a SS.UU. con la sentenza del 19 dicembre 2007 n. 26724 e, di recente, la Cassazione civile – sezione lavoro - con la sentenza del 26 giugno 2019 n. 17128. La ragionevolezza delle menzionate considerazioni è, altresì, confermata dalla normativa, in materia di riparto di competenze tra giudice amministrativo e giudice ordinario, che demanda ai poteri cognitori di quest'ultimo i comportamenti successivi alla procedura concorsuale, cioè quelli riconducibili all'esecuzione del provvedimento di approvazione della graduatoria. Il menzionato atto segna il limite temporale oltre il quale viene meno la giurisdizione del giudice amministrativo e sussiste la giurisdizione del giudice ordinario. Nel caso in esame permane la giurisdizione del giudice amministrativo perché, essendo stata dichiarata l'illegittimità della graduatoria e della relativa approvazione, sono stati travolti dalla sentenza del giudice amministrativo tutti gli atti posti in essere medio tempore e non sussistono controversie riconducibili all'esecuzione della graduatoria. Approvazione della graduatoria[Torna su]
Nel nostro ordinamento è previsto che dopo l'indizione del bando sia nominata la Commissione esaminatrice i cui componenti debbono essere necessariamente diversi dai responsabili dell'Amministrazione preposti all'approvazione della graduatoria formulata dalla anzidetta Commissione. Le ragioni di incompatibilità tra i soggetti chiamati a comporre la Commissione esaminatrice che dovrà formare la graduatoria e i responsabili dell'Amministrazione chiamati ad approvarla sono evidenti. La Pubblica Amministrazione deve eseguire un riscontro sulla regolarità delle operazioni di concorso prima di approvare la graduatoria e nell'ipotesi in cui riscontri dei vizi deve rinviare gli atti alla Commissione per l'eliminazione dei vizi riscontrati. È, appena, il caso di osservare che nell'ipotesi di una nuova graduatoria non conforme alle prescrizioni del giudice questa non sarebbe annullabile, ma addirittura nulla ai sensi dell'articolo 21-septies della legge del 7 agosto 1990, n. 241 per elusione del giudicato. Nel caso oggetto del presente studio il giudice amministrativo, non si è pronunciato sul procedimento che deve attivare l'Agenzia delle entrate per la formazione di una nuova graduatoria conforme ai principi enunciati dal TAR del Lazio. È, comunque, legittimo ritenere che il compito dell'individuazione dei criteri, sulla base delle linee guida indicate dal TAR, debba essere affidata ad un terzo indipendente (Commissione) che formi la graduatoria provvisoria e la trasmetta all'Agenzia delle entrate per la sua approvazione previo accertamento che la nuova graduatoria rispetti le linee guida dettate dal giudice amministrativo, mentre sarebbe in contrasto con i nostri principi giuridici in materia di concorsi pubblici che l'Agenzia delle entrate possa autonomamente stabilire i criteri di formazione della graduatoria, formarne una nuova e infine approvarla creando di fatto una commistione di competenze tra i due atti. Effetti della sentenza nei confronti dei contribuenti[Torna su]
L'analisi degli effetti della sentenza del Consiglio di Stato permette di introdurre lo studio di un'ulteriore problematica che non riguarda solo gli idonei del citato concorso a dirigente dell'Agenzia delle entrate, ma tutti i contribuenti destinatari di provvedimenti sottoscritti dagli incaricati di funzioni dirigenziali a far data dal 26 giugno 2023 – data di pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato – che ha dichiarato l'illegittimità della graduatoria del concorso. Il problema della nullità degli atti firmati dagli incaricati di funzioni dirigenziali era stato posto all'attenzione delle Commissioni tributarie – oggi Corti di giustizia tributarie – all'indomani della famosa sentenza della Corte costituzionale del 17 marzo 2015, n. 37, che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale della normativa relativa al conferimento degli incarichi per violazione del precetto costituzionale, che prevede l'accesso a incarichi della Pubblica Amministrazione mediante pubblico concorso. L'Agenzia delle entrate, a seguito della menzionata sentenza, dichiarò la nullità di tutti gli incarichi conferiti; pertanto, le controversie portate all'attenzione dei giudici tributari riguardavano esclusivamente gli atti firmati dai funzionari decaduti nell'arco temporale che andava dal conferimento dell'incarico alla data della sentenza della Corte costituzionale. La situazione odierna è radicalmente differente, perché l'Agenzia delle entrate, con pervicacia, ha ritenuto di fare rivivere un atto amministrativo che era stato già annullato dal TAR la cui decisione è stata, tra l'altro, confermata dal Consiglio di Stato. Le considerazioni che precedono consentono di affermare con ragionevole certezza che sono nulli tutti gli atti firmati dai dirigenti del citato concorso e dai funzionari da questi delegati a far data, come anticipato, dal 26 giugno 2023, perché dalla citata data, come più volte ribadito, non esiste una graduatoria e di conseguenza un legittimo provvedimento dell'incarico dirigenziale. L'Agenzia delle entrate non può prorogare un atto cancellato dal nostro ordinamento giuridico, invocando la sua presunta autonomia, a meno che non si voglia attribuire all'espressione "autonomia" il significato di "indipendenza" dall'ordinamento giuridico. La vicenda attuale, invero, è differente rispetto a quella esaminata in occasione della citata sentenza della Corte costituzionale, anche, per gli atti firmati dalla data del conferimento dell'incarico fino alla data di pubblicazione della sentenza del Consiglio di Stato, perché, mentre, allora si poteva parlare di un'illegittimità sopravvenuta dei provvedimenti di conferimento degli incarichi in forza della citata sentenza della Corte costituzionale, invece oggi bisogna parlare di incarichi assolutamente illegittimi a partire dal momento del loro conferimento per l'evidente violazione, dichiarata dal TAR, della procedura concorsuale sulla quale si fondano gli incarichi conferiti. A modesto avviso dello scrivente il contribuente è, pertanto, pienamente legittimato a chiedere alle Corti di Giustizia Tributarie l'annullamento degli atti posti in essere dai dirigenti "decaduti" a far data dal 26 giugno 2023, rappresentando, semplicemente, che è venuta meno la graduatoria di "merito", mentre per il periodo antecedente il contribuente dovrà articolare la propria eccezione, rappresentando che l'illegittimità degli incarichi non scaturisce da provvedimenti normativi o giurisdizionali sopravvenuti, ma si radica nell'approvazione di una graduatoria che viola il bando di concorso. Conclusioni[Torna su] I fatti su riportati; gli atti posti in essere negli anni dall'Agenzia delle entrate, sovente, annullati dai giudici amministrativi; le procedure d'interpello svolte, cambiando ad libitum le regole: procedure di interpello per il conferimento di incarichi con prove scritte; procedure di interpello senza prove scritte; generiche ripartizioni tra fasce alte, fasce medie e fasce basse ordinate alfabeticamente; creazioni di strane figure giuridiche POS, POT ecc.; tentativi, ancora in atto, di eludere la sentenza della Corte costituzionale; impongono al Governo di rivedere profondamente la macchina fiscale; la sua organizzazione; i criteri per garantire che un'Amministrazione finanziaria (non è un caso che non si è usato il termine "Agenzia delle entrate") operi all'interno delle regole dello stato di diritto. I problemi fiscali del Paese non possono essere risolti, modificando alcune norme fiscali, se non si riforma la macchina amministrativa, che deve applicarle nel rispetto costituzionale del principio di indipendenza e imparzialità dell'azione amministrativa. L'obbiettivo dei dirigenti, legittimamente nominati nel rispetto assoluto della Costituzione, deve avere il fine di garantire l'osservanza delle norme tributarie approvate dal Parlamento dal cui rispetto scaturirà, come naturale conseguenza, l'equa contribuzione di tutti i cittadini alla spesa pubblica. [1] Raffella D'Agostino, Efficacia dell'annullamento ex tunc, ex nunc o a die crastino? www.giustiziainsieme.it. In questo servizio si leggono alcune considerazioni diffuse in dottrina e in giurisprudenza. In particolare, si rimarca l'eccezionalità dell'intervento del giudice amministrativo chiamato ad una opera di bilanciamento degli interessi privati e di quelli pubblici. Con il rischio di consentire alla Pubblica Amministrazione di trincerarsi dietro questi ultimi per effettuare scelte politiche in luogo di quelle amministrative. |
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