Data: 23/09/2023 13:00:00 - Autore: United Lawyers for Freedom � ALI Avvocati Liberi


Un giudice del lavoro che tutela il Lavoro di questi tempi pu� sembrare un�anomalia del sistema, ma invece costituisce il ripristino della legalit� formale e sostanziale nonch� un ulteriore segno di consapevolezza e coraggio della magistratura di merito nel chiamare le cose con il loro nome, nel comprendere la realt� e nel ripescare quell�approccio costituzionalmente orientato oramai in disuso durante la tirannia del diritto emergenziale, capace di derogare addirittura ai diritti naturali ed ai principi fondamentali della nostra Carta repubblicana.

Questa volta per� si tratta di un denotatore epocale, perch� la sentenza del 13 settembre 2023 n. 136 del Tribunale del Lavoro de L�Aquila � giudice Dr. Giulio Cruciani �, nel dichiarare l�illegittimit� dell�istituto della sospensione dal lavoro (e dalla retribuzione) per assenza della vaccinazione obbligatoria anti Sars-Cov-2 dei lavoratori ultracinquantenni ex art. 4, quinquies, comma 4, dl. 44/21, � destinata a far saltare il banco.

Con questa decisione si infatti � aperta un�altra breccia in una delle misure � la principale probabilmente - che ha costretto la popolazione ad inocularsi farmaci genici in corso di sperimentazione ed autorizzati provvisoriamente �sulla base di dati meno completi� (Regolamento EU n. 507/2006), ossia la �sospensione dal lavoro e dalla retribuzione� in caso di violazione o inadempimento dell�obbligo imposto dalla legge di vaccinarsi per prevenire l�infezione dal virus Sars-Cov-2.

Il Giudice del Lavoro lo ha premesso: �non verr� valutata la legittimit� dell�obbligo vaccinale anti Sars-CoV-2, bens� la legittimit�, nel caso concreto, della sospensione dal lavoro per assenza della vaccinazione obbligatoria�.

Quindi il Giudice non entrava nel merito dell�efficacia o meno dei vaccini anti covid-19 per la salute pubblica o della legittimit� o meno dell�obbligo vaccinale, perch� il tema del decidere era un altro, e precisamente se la �sospensione dal lavoro e dalla retribuzione� sia stata un mezzo legittimo con cui la norma di legge ha ottenuto il proprio rispetto, e se con tale forza sia stata legittimamente o meno applicata dall�intero palinsesto sanzionatorio, non solo quindi dall�art. 4-quinquies dl. 44/21 oggetto di giudizio (relativo ai lavoratori ultracinquantenni), ma anche dagli artt. 4, 4-bis e 4-ter e poi 4-quater del dl. 44/21, nella distorta interpretazione (ideologicamente orientata) che per tutelare la salute pubblica si doveva imporre l�obbligo vaccinale anti Sars-CoV-2 a determinate categorie di lavoratori.

La sentenza in commento accertava e dichiarava che �non vi � alcuna norma di legge - n� potrebbe mai esservi anche per lo sbarramento costituzionale del divieto di discriminazione ex art. 3 Cost. - che imponga un obbligo vaccinale anti Sars-CoV-2 per prestare lavoro � ma solamente l�imposizione di un tale obbligo se e nei limiti in cui sia strumento di prevenzione dal contagio�.

Semplicissimo.

Lo Stato italiano si fonda sul lavoro (art. 1 Cost.), e su questo si fonda non solo la dignit� sociale e lavorativa, ma anche la dignit� personale dell�essere umano che vuole mantenersi con le proprie forze.

Il reddito da lavoro costituisce per lo pi� il reddito di sussistenza, senza di esso si scivola nel degrado e nella dipendenza� scrive il giudice Cruciani.

E se la dignit� � il limite invalicabile all�obbligatoriet� di qualsiasi trattamento sanitario obbligatorio (art. 32 Cost.), allora la vaccinazione obbligatoria, qualsiasi essa sia, non poteva essere imposta imponendo l�obbedienza a mezzo della privazione del lavoro � e quindi della dignit� umana � senza violare apertamente l�art. 32 Cost..

Il ragionamento del Giudice del Lavoro � ineccepibile, in particolare nella critica mossa all�opinione diffusa � ripetuta oramai meccanicamente da laqualunque - secondo cui la ragione per la quale si � imposto al lavoratore l�assunzione del vaccino anti Covid-19 risiedeva nel fine espresso che egli, nel luogo di lavoro, non costituisse un rischio per i colleghi o per i terzi, a differenza invece del lavoratore non vaccinato, che avrebbe esposto al rischio di infezione da Sars-CoV-2 praticamente tutti coloro con i quali sarebbe entrato in contatto nei luoghi di lavoro (meno che i vaccinati ovviamente).

La decisione in commento respingeva anche l�argomento - anch�esso tanto diffuso quanto irrilevante - della supposta idoneit� dei vaccini a prevenire le forme acute della malattia Cosvid-19 conseguente all�infezione dal virus Sars-Cov-2, che � tutt�altra questione, non di interesse per il thema decidendum del Tribunale aquilano, che accedeva, invece, alla capacit� o meno di tali vaccini a prevenire il contagio dal virus Sars-Cov-2 come condizione minima necessaria all�applicazione della misura della �sospensione dal lavoro e dalla retribuzione� nei confronti di lavoratori inadempienti all�obbligo legale.

La prevenzione dal contagio dal virus Sars-Cov-2 � stata il fine che la legge intendeva raggiungere con la vaccinazione obbligatoria, mentre la cura dalle forme acute della malattia Covid-19 � altro aspetto, diverso ontologicamente dal primo, non rientrante nell�alveo normativo della vaccinazione obbligatoria per la prevenzione dal virus Sars-Cov-2.

Dunque la finalit� preventiva dall�infezione costituiva il fondamento e, al tempo stesso, il limite di applicazione di tali norme imperative, che letteralmente nel corpo della disposizione imponevano la vaccinazione per prevenire l�infezione dal virus Sars-Cov-2.

E che il lavoratore vaccinato fosse �sicuro� ed il non vaccinato invece fosse �pericoloso� si atteggiava a mera presunzione relativa, nello specifico ad una presunzione legale, non certo assoluta, perch� � stata smentita dalla prova contraria: i vaccinati con i farmaci oggi a disposizione si infettano ed infettano gli altri, al pari dei soggetti non vaccinati.

Le evidenze scientifiche e la comune esperienza (personale, familiare, della cerchia di conoscenti) hanno permesso di dimostrare l�erroneit� delle presunzioni normative in tema di immunizzazione dal virus Sars-Cov-2 usando i farmaci anti covid-19 che, a questo punto, hanno dato luogo ad una ingiustificata discriminazione in base alle condizioni e alle opinioni personali (art. 3 Cost.), perch� si � tolto il lavoro e la retribuzione a centinaia di migliaia di persone inutilmente, senza motivo, solo per la violazione impossibiledi una norma che se fosse stata osservata non avrebbe apportato alcun beneficio al fine di prevenire i contagi da Sars-Cov-2 sul luogo di lavoro.

Il Giudice de L�Aquila ha preso atto che la contagiosit� dei vaccinati costituisce un fatto notorio ai sensi dell�art. 115, c.p.c. (che non richiede quindi una perizia per accertarne la fondatezza) e che, per l�effetto, la sospensione dei lavoratori, giustificata dal fatto che essi non si siano vaccinati, sia stata del tutto priva di fondamento.

La sentenza in commento richiamava sull�argomento quell�indirizzo giurisprudenziale di merito (Trib. Firenze, II Sezione Civile, ordinanza del 31 ottobre 2022) che ha qualificato come fatto notorio la inidoneit� dei vaccini in commercio quali strumenti di prevenzione del contagio, �trattandosi di un fatto che appartiene al normale patrimonio di conoscenze della comunit� sociale, in un dato tempo e in un dato luogo, e che pu� essere, perci�, conosciuto, nella sua distinta identit� storica, dal giudice senza la necessit� di uno specifico accertamento, escludendo la necessit� di ulteriori verifiche in punto di prova�.

In effetti �i contagi non si sono mai interrotti nonostante la campagna vaccinale pluriennale; ci� � tanto diffuso e conosciuto nella percezione comune di questo momento storico da essere fatto notorio, perch� tutti sanno che i vaccini non impediscono il contagio; dunque vaccinati e non vaccinati sono vettori virali indistintamente; trovandosi in situazioni identiche non � pensabile un trattamento discriminatorio dei non vaccinati� (cos� Trib. Firenze cit.).

La conclusione istruttoria cui perveniva la decisione in commento � altrettanto ineccepibile quanto la premessa da cui partiva: se dalla notoriet� di un fatto discende la non necessit� di un accertamento peritale, �l�audizione di esperti di chiara fama andrebbe di converso disposta in tutti quei casi in cui l�evidenza del fatto notorio venisse messa in discussione, non bastando certamente, al riguardo, apodittici richiami alle prese di posizione delle �autorit� istituzionali nazionali ed europee, preposte al settore�.

L�intero ragionamento del Giudice del Lavoro de L�Aquila si apprezza soprattutto nell�ottica della piena autonomia del magistrato dalle pressioni politiche e istituzionali che hanno inquinato in questi anni i giudizi aventi ad oggetto la materia sanitaria ed emergenziale, compreso quelli famigerati della Corte costituzionale conclusi con le controverse sentenze 14, 15 e 16 del 2023.

Il Tribunale, nel premettere che le sentenze di inammissibilit� e di infondatezza della Consulta � quali sono state in parte le predette sentenze 14, 15 e 16 del 2023 - non hanno alcun effetto vincolante, a livello interpretativo, per i giudici di merito, e che l�unico effetto processuale di questo tipo di decisioni � quello descritto dall�art 24, l. 11 marzo 1953, n. 87, in base al quale �l�eccezione [ndr. di incostituzionalit�] pu� essere riproposta all�inizio di ogni grado ulteriore del processo� (perci� non dallo stesso giudice nel corso del medesimo grado di giudizio), ribadiva che la funzione nomofilattica tesa ad assicurare l�esatta osservanza della legge, la sua uniforme interpretazione e l�unit� del diritto oggettivo nazionale, spetti solo ed esclusivamente alla Corte di Cassazione ai sensi e per gli effetti dell�art. 65, comma 1, R.D. 30 gennaio 1941 n. 12, e non gi� anche alla Corte costituzionale.

Quindi, dopo aver passato in rassegna con dovizia e precisione le parti delle dette sentenze costituzionali che operavano una confusione terminologica e concettuale inaccettabile nell'equiparare il virus Sars-Cov-2 alla malattia Covid-19 e che si limitavano ad un acritico rinvio alle convinzioni indimostrate dell�ISS, del Ministero della salute e dell�AIFA, �questo Giudice intende discostarsi da tale interpretazione [ndr corte costituzionale nelle sentenze 14 e 15 del 2023], rilevando che i vaccini per il Covid-19 in commercio non sono strumenti atti in alcun modo a prevenire il contagio�.

Il Tribunale del Lavoro de L�Aquila, in autonomia e indipendenza dissentiva, alla luce delle evidenze scientifiche oramai notorie, dalla tecnica di rinvio fideistico operato dalla Corte costituzionale ad una affermazione dell�ISS, secondo cui �[l]a vaccinazione anti-COVID-19 costituisce una misura di prevenzione fondamentale per contenere la diffusione dell�infezione da SARS-CoV-2� ed �anche se l�efficacia vaccinale non � pari al l00%�, perch� � come pi� volte ripetuto - l�idoneit� dei vaccini ad immunizzare o prevenire il contagio non solo � chiaramente smentita dalla realt� dei fatti conosciuta da tutti ma, soprattutto, dalle attuali conoscenze mediche: sono le stesse case produttrici dei vaccini a confessare l�inefficacia immunizzante dei loro prodotti farmaceutici, sia attraverso le dichiarazioni rese ai propri azionisti dall�AD di Pfizer A. Bourla, sia dal portavoce del responsabile della Pfizer J. Small davanti al Parlamento Europeo e sia anche dalle indicazioni presenti nei fogli illustrativi dei vaccini in commercio, che non riportano quale effetto la capacit� di prevenzione dall�infezione da Sars-CoV-2 (ma riportano quello di limitare gli effetti dannosi della malattia Covid-19).

L�inevitabile conclusione della illegittimit� delle sospensioni dal lavoro e dalla retribuzione quale conseguenza dell�inosservanza dell�obbligo legale di assumere il vaccino anti covid-19, ha portato alla altrettanto scontata condanna del datore di lavoro � nel caso di specie la Regione Abruzzo � al pagamento delle retribuzioni di cui il lavoratore � stato privato per il periodo di sospensione.

Ma non solo.

La sentenza del Tribunale de L�Aquila, oltre alla condanna del datore di lavoro alle spese di lite, ha riconosciuto il danno biologico temporaneo subito dal lavoratore alla luce dell�art. 5, l. 57/01 per il forte stress psicologico causato dalla privazione della fonte di sostentamento e dall�assoggettamento della persona in una condizione discriminatoria rispetto ai colleghi che hanno continuato a lavorare solo per aver assunto una sostanza inutile allo scopo preventivo.

Anche sotto quest�ultimo profilo la sentenza in commento � destinata ad essere un precedente deflagrante per i datori lavoro che hanno ignorato le debolezze altrui in spregio alle pi� comuni regole della logica, del diritto e della civilt� costituzionale caratterizzanti l�interpretazione e l�applicazione delle norme e del rapporto di lavoro.


* A cura dell'Avv. Angelo Di Lorenzo

presidente Avvocati Liberi


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